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Alta cultura pubblicitaria

Un libro di nemmeno cento pagine sintetizza con efficacia metodo e applicazioni della buona pubblicità d’impresa

La cultura di un’impresa – e quindi la sua visione della produzione e il suo approccio alla realtà -, si comprende anche dal modo con il quale l’impresa comunica verso l’esterno. In altri termini, è dai messaggi e dalle modalità con cui vengono trasmessi, che si capisce molto di cosa c’è dietro ad un prodotto. Apprendere l’origine e lo spirito della pubblicità d’impresa, conta quindi molto per conoscere di più dell’impresa stessa. Quando poi è possibile seguire  i percorsi di chi la pubblicità la crea, allora ci si addentra in un mondo tutto da esplorare, fatto di creatività, estro, fantasia, azzardo e profonda conoscenza dell’umanità che – tutto sommato -, sono alcuni degli ingredienti fondamentali del buon imprenditore e del buon manager.

Leggere “La mia pubblicità”, raccolta di articoli e studi di Emanuele Pirella curata da Vanni Codeluppi, costituisce per questo un’avventura nella quale tuffarsi. Per riemergere, alla fine delle nemmeno cento pagine di libro, meravigliati di quanto sia apparentemente semplice – e quindi profondamente difficile -, comunicare bene e con fantasia, cogliendo il punto cruciale di ogni prodotto e, come si è detto, di ogni impresa dietro a questo.

Pirella non ha mai amato insegnare e raccontare il suo metodo di lavoro, non un atteggiamento spocchioso, ma quello di un personaggio schivo e semplice. I testi raccolti  dal libro, tuttavia, aiutano bene a capire come si possa arrivare ad un messaggio pubblicitario unico, che colpisca, faccia pensare e soprattutto ricordare azienda e prodotto. Il libro non contiene lezioni, ma quattro parti distinte che si integrano fra di loro. Nella prima, Pirella effettua una analisi del contesto pubblicitario che ha circondato il suo lavoro, nella seconda  (un’intervista), Pirella fissa alcuni principi di base della sua visione della pubblicità, nella terza viene poi raccontata (quasi come un caso studio) la sua campagna pubblicitaria più nota e importante, nell’ultima parte Pirella racconta quelli che sono stati i suoi maestri. Chiude il volume una raccolta di dieci immagini di altrettante note campagne pubblicitarie curate dall’autore.

Bella e interessante – anche per comprendere alcuni aspetti del personaggio Pirella -, è l’Introduzione di Vanni Codeluppi  che giustamente ricorda la passione che Pirella aveva per René Magritte: “Pirella lo amava molto e probabilmente vedeva in lui un modello di riferimento ideale per quello che pensava dovesse essere la pubblicità: una forma di comunicazione in grado di sorprendere chi guarda, ma anche di creare con questo un rapporto estremamente complice, dei congegni narrativi capaci di coinvolgere in profondità”.  A ben vedere qualcosa di molto vicino ai meccanismi di comunicazione della cultura. Anche del produrre.

Leggere “La mia pubblicità” è come una boccata d’aria pura. Pirella non è un imprenditore e nemmeno può dirsi un manager. E’ qualcosa d’altro. Eppure può insegnare molto a chi deve progettare, organizzare e gestire un’impresa. A partire dal ruolo delle idee lasciate libere di circolare, della fantasia in ogni cosa, della capacità di guardare la realtà sempre e di non stare troppo dietro ad una scrivania.

La mia pubblicità

Emanuele Pirella

Franco Angeli, 2016

Un libro di nemmeno cento pagine sintetizza con efficacia metodo e applicazioni della buona pubblicità d’impresa

La cultura di un’impresa – e quindi la sua visione della produzione e il suo approccio alla realtà -, si comprende anche dal modo con il quale l’impresa comunica verso l’esterno. In altri termini, è dai messaggi e dalle modalità con cui vengono trasmessi, che si capisce molto di cosa c’è dietro ad un prodotto. Apprendere l’origine e lo spirito della pubblicità d’impresa, conta quindi molto per conoscere di più dell’impresa stessa. Quando poi è possibile seguire  i percorsi di chi la pubblicità la crea, allora ci si addentra in un mondo tutto da esplorare, fatto di creatività, estro, fantasia, azzardo e profonda conoscenza dell’umanità che – tutto sommato -, sono alcuni degli ingredienti fondamentali del buon imprenditore e del buon manager.

Leggere “La mia pubblicità”, raccolta di articoli e studi di Emanuele Pirella curata da Vanni Codeluppi, costituisce per questo un’avventura nella quale tuffarsi. Per riemergere, alla fine delle nemmeno cento pagine di libro, meravigliati di quanto sia apparentemente semplice – e quindi profondamente difficile -, comunicare bene e con fantasia, cogliendo il punto cruciale di ogni prodotto e, come si è detto, di ogni impresa dietro a questo.

Pirella non ha mai amato insegnare e raccontare il suo metodo di lavoro, non un atteggiamento spocchioso, ma quello di un personaggio schivo e semplice. I testi raccolti  dal libro, tuttavia, aiutano bene a capire come si possa arrivare ad un messaggio pubblicitario unico, che colpisca, faccia pensare e soprattutto ricordare azienda e prodotto. Il libro non contiene lezioni, ma quattro parti distinte che si integrano fra di loro. Nella prima, Pirella effettua una analisi del contesto pubblicitario che ha circondato il suo lavoro, nella seconda  (un’intervista), Pirella fissa alcuni principi di base della sua visione della pubblicità, nella terza viene poi raccontata (quasi come un caso studio) la sua campagna pubblicitaria più nota e importante, nell’ultima parte Pirella racconta quelli che sono stati i suoi maestri. Chiude il volume una raccolta di dieci immagini di altrettante note campagne pubblicitarie curate dall’autore.

Bella e interessante – anche per comprendere alcuni aspetti del personaggio Pirella -, è l’Introduzione di Vanni Codeluppi  che giustamente ricorda la passione che Pirella aveva per René Magritte: “Pirella lo amava molto e probabilmente vedeva in lui un modello di riferimento ideale per quello che pensava dovesse essere la pubblicità: una forma di comunicazione in grado di sorprendere chi guarda, ma anche di creare con questo un rapporto estremamente complice, dei congegni narrativi capaci di coinvolgere in profondità”.  A ben vedere qualcosa di molto vicino ai meccanismi di comunicazione della cultura. Anche del produrre.

Leggere “La mia pubblicità” è come una boccata d’aria pura. Pirella non è un imprenditore e nemmeno può dirsi un manager. E’ qualcosa d’altro. Eppure può insegnare molto a chi deve progettare, organizzare e gestire un’impresa. A partire dal ruolo delle idee lasciate libere di circolare, della fantasia in ogni cosa, della capacità di guardare la realtà sempre e di non stare troppo dietro ad una scrivania.

La mia pubblicità

Emanuele Pirella

Franco Angeli, 2016

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