Auto Stellantis e “fabbrica delle idee” per rilanciare lo sviluppo del Nord Ovest
“La fabbrica delle idee”, è l’affascinante definizione che Renzo Piano dà al grande spazio, nel cuore del Porto di Genova che sta progettando: un palazzo di vetro a tre piani, proprio nel Waterfront di Levante, destinato a ospitare centri di ricerca e start up innovative, in collaborazione con la Columbia University, il Politecnico di Milano, la Normale di Pisa e le università di Parigi e Genova. “Anche un’idea può essere fabbricata. Ecco perché serve un vivaio per fare germogliare nuove attività imprenditoriali”, insiste Piano. E guarda alle relazioni intellettuali ed economiche che si intrecciano nell’area del Nord Ovest, secondo un’idea forte di sviluppo sostenibile tra l’Europa e il Mediterraneo.
Piano ha molto lavorato in questo territorio. I progetti di rifacimento del porto di Genova (città in cui ha ancora uno dei suoi studi principali). La “spina” dello stabilimento industriale Pirelli a Settimo Torinese, la “fabbrica bella”, luminosa e trasparente tra gli alberi di ciliegio. Il grattacielo di Intesa San Paolo a Porta Susa a Torino. L’ex palazzo de “Il Sole24Ore” e i nuovi padiglioni del Politecnico a Milano. E sa bene, per esperienza progettuale e riflessione civile, come i territori produttivi possano avere orizzonti di migliore crescita, nel segno della sostenibilità ambientale e sociale, nella cornice di una Ue più equilibrata e, contemporaneamente, competitiva.
Il progetto di Piano, dunque, può dare nuovi stimoli a una riflessione più ampia che matura da qualche tempo negli ambienti imprenditoriali di Torino, Milano e Genova, ai vertici delle tre organizzazioni territoriali di Confindustria e in dialogo con i sindaci delle città, le fondazioni bancarie e le istituzioni universitarie. Con l’obiettivo di unire le forze per una strategia che rilanci la produttività e la competitività di quello che è stato il motore principale del boom economico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta.
Il “triangolo industriale”, si diceva un tempo. “MiToGeNo”, si dice adesso in sigla, giocando sul significato dell’origine greca, míto e cioè “filo” e genein, “generare”: insistere sui fattori di crescita, stimolare le cellule dello sviluppo e dunque documentando, sulla base di uno studio di Prometeia, i vantaggi di una iniziativa comune.
Quei territori, infatti, valgono quasi il 20% del Pil italiano e il 60% di tutta la ricchezza prodotta dal Nord Ovest, grazie all’attività di 730mila imprese, che danno lavoro a 3,5 milioni di persone. Cardine è l’industria manifatturiera, che pesa oltre 213 miliardi ed è strettamente intrecciata alla logistica collegata al porto di Genova. E altri 170 miliardi sono il fatturato della cosiddetta “economia della conoscenza” e della “economia della salute”, pilastri essenziali di crescita economica e sociale.
A rafforzare quel cardine manifatturiero è arrivata, a metà luglio, una notizia di grande rilievo: l’impegno preso dall’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, con il governo per arrivare a produrre in Italia 1 milione di automobili, invertendo l’attuale declino produttivo e raddoppiando la produzione. Un impegno che “richiede una corsa senza precedenti”, come titola “Il Sole24Ore” (16 luglio) e che comunque rilancia tutto il settore dell’automotive, a cominciare da Torino e dal Piemonte e coinvolgendo anche gli altri territori della filiera, dalla Lombardia alla Motor Valley emiliana e ai fornitori del Nord Est ma anche di aree specializzate del Mezzogiorno.
Chi guarda la mappa degli intrecci tra filiere manifatturiere (oltre all’automotive, l’aerospazio, la meccatronica, la robotica, la chimica e le “tre I” del made in Italy tra agro-alimentare, arredamento e abbigliamento), servizi high tech, relazioni finanziarie che si sviluppano attorno alle tre grandi banche (Intesa, UniCredit e Bpm), strutture della “economia della conoscenza” tra ricerca e formazione, reti delle life sciences e infrastrutture materiali e immateriali, nota infatti un sistema tra i più competitivi in Europa, fortemente correlato con tutte le altre aree produttive della “mega-regione A1/A4”, per usare la sintesi delle grandi autostrade.
Proprio la nuova stagione dell’industria automobilistica secondo gli impegni di Stellantis ma anche secondo l’attenzione degli altri grandi costruttori tedeschi e francesi a favorire il re-shoring in un’Europa considerata come grande piattaforma produttiva, rilancia la centralità del Nord Ovest per la ripresa industriale italiana, tra innovazione tecnologica sofisticata e produttività. Sono infatti le medie e grandi imprese, di cui questo territorio è ricco, le più pronte a seguire le indicazioni della twin transition ambientale e digitale e a utilizzare al meglio le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale, coinvolgendo le filiere di cui sono a capo e dunque trascinando lungo la strada della qualità le piccole imprese della sub-fornitura.
Per andare speditamente lungo questa strada, servono robusti investimenti sia in innovazione (è il mestiere delle imprese, da stimolare con misure fiscali opportune, come quelle che hanno agevolato la transizione di Industria 4.0) sia, naturalmente, in infrastrutture. E il Pnrr ne è lo strumento essenziale.
L’Assolombarda, l’Unione Industriali di Torino e la Confindustria Genova, sulla base delle indagini di Prometeia, hanno calcolato che l’impatto del Pnrr sui territori, che oggi vale 28,6 miliardi solo per le imprese, potrebbe arrivare a 36,7 miliardi, considerando le potenziali sinergie. E anche il rapporto tra pubblico e privato, tra imprese, amministrazioni locali, università, strutture di ricerca e Fondazioni potrebbe portare a un più efficace investimento delle risorse disponibili.
Che infrastrutture? Il rafforzamento della logistica legata al porto di Genova, migliorando le connessioni con le aree industriali liguri, piemontesi e lombarde. Il Terzo Valico ferroviario, potenziando il resto della rete verso il Corridoio Europeo V. L’Alta Velocità tra Torino e Lione. Il tunnel autostradale in Val di Susa. E così via continuando. I sindaci Beppe Sala a Milano, Stefano Lorusso a Torino e Marco Bucci a Genova, nel dialogo con gli imprenditori, hanno dichiarato d’essere pronti a fare la loro parte, verso il governo italiano e verso la Commissione Ue a Bruxelles. E dell’importanza strategica di questo Progetto Nord Ovest sono consapevoli anche i tre assessori regionali Guido Guidesi per la Lombardia, Andrea Benvenuti per la Liguria e Andrea Tronzano per il Piemonte (“Via al patto per il triangolo industriale 2.0”, ha titolato “la Repubblica”, 18 luglio).
Alla base di tutto c’è una “cultura politecnica” che ha robuste radici nella storia economica e industriale e prospettive di solido futuro. Una cultura d’impresa che lega manifattura, finanza, servizi, in una serie di eccellenze formative di respiro globale e in una diffusa sensibilità per la sostenibilità. Tutte dimensioni fondate su un solido intreccio di valori che creano valore economico e sociale. Una leva fondamentale di lavoro, innovazione e, appunto, sviluppo. Da usare con maggiore efficacia.
(Photo by Stefano Guidi/Getty Images)
“La fabbrica delle idee”, è l’affascinante definizione che Renzo Piano dà al grande spazio, nel cuore del Porto di Genova che sta progettando: un palazzo di vetro a tre piani, proprio nel Waterfront di Levante, destinato a ospitare centri di ricerca e start up innovative, in collaborazione con la Columbia University, il Politecnico di Milano, la Normale di Pisa e le università di Parigi e Genova. “Anche un’idea può essere fabbricata. Ecco perché serve un vivaio per fare germogliare nuove attività imprenditoriali”, insiste Piano. E guarda alle relazioni intellettuali ed economiche che si intrecciano nell’area del Nord Ovest, secondo un’idea forte di sviluppo sostenibile tra l’Europa e il Mediterraneo.
Piano ha molto lavorato in questo territorio. I progetti di rifacimento del porto di Genova (città in cui ha ancora uno dei suoi studi principali). La “spina” dello stabilimento industriale Pirelli a Settimo Torinese, la “fabbrica bella”, luminosa e trasparente tra gli alberi di ciliegio. Il grattacielo di Intesa San Paolo a Porta Susa a Torino. L’ex palazzo de “Il Sole24Ore” e i nuovi padiglioni del Politecnico a Milano. E sa bene, per esperienza progettuale e riflessione civile, come i territori produttivi possano avere orizzonti di migliore crescita, nel segno della sostenibilità ambientale e sociale, nella cornice di una Ue più equilibrata e, contemporaneamente, competitiva.
Il progetto di Piano, dunque, può dare nuovi stimoli a una riflessione più ampia che matura da qualche tempo negli ambienti imprenditoriali di Torino, Milano e Genova, ai vertici delle tre organizzazioni territoriali di Confindustria e in dialogo con i sindaci delle città, le fondazioni bancarie e le istituzioni universitarie. Con l’obiettivo di unire le forze per una strategia che rilanci la produttività e la competitività di quello che è stato il motore principale del boom economico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta.
Il “triangolo industriale”, si diceva un tempo. “MiToGeNo”, si dice adesso in sigla, giocando sul significato dell’origine greca, míto e cioè “filo” e genein, “generare”: insistere sui fattori di crescita, stimolare le cellule dello sviluppo e dunque documentando, sulla base di uno studio di Prometeia, i vantaggi di una iniziativa comune.
Quei territori, infatti, valgono quasi il 20% del Pil italiano e il 60% di tutta la ricchezza prodotta dal Nord Ovest, grazie all’attività di 730mila imprese, che danno lavoro a 3,5 milioni di persone. Cardine è l’industria manifatturiera, che pesa oltre 213 miliardi ed è strettamente intrecciata alla logistica collegata al porto di Genova. E altri 170 miliardi sono il fatturato della cosiddetta “economia della conoscenza” e della “economia della salute”, pilastri essenziali di crescita economica e sociale.
A rafforzare quel cardine manifatturiero è arrivata, a metà luglio, una notizia di grande rilievo: l’impegno preso dall’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, con il governo per arrivare a produrre in Italia 1 milione di automobili, invertendo l’attuale declino produttivo e raddoppiando la produzione. Un impegno che “richiede una corsa senza precedenti”, come titola “Il Sole24Ore” (16 luglio) e che comunque rilancia tutto il settore dell’automotive, a cominciare da Torino e dal Piemonte e coinvolgendo anche gli altri territori della filiera, dalla Lombardia alla Motor Valley emiliana e ai fornitori del Nord Est ma anche di aree specializzate del Mezzogiorno.
Chi guarda la mappa degli intrecci tra filiere manifatturiere (oltre all’automotive, l’aerospazio, la meccatronica, la robotica, la chimica e le “tre I” del made in Italy tra agro-alimentare, arredamento e abbigliamento), servizi high tech, relazioni finanziarie che si sviluppano attorno alle tre grandi banche (Intesa, UniCredit e Bpm), strutture della “economia della conoscenza” tra ricerca e formazione, reti delle life sciences e infrastrutture materiali e immateriali, nota infatti un sistema tra i più competitivi in Europa, fortemente correlato con tutte le altre aree produttive della “mega-regione A1/A4”, per usare la sintesi delle grandi autostrade.
Proprio la nuova stagione dell’industria automobilistica secondo gli impegni di Stellantis ma anche secondo l’attenzione degli altri grandi costruttori tedeschi e francesi a favorire il re-shoring in un’Europa considerata come grande piattaforma produttiva, rilancia la centralità del Nord Ovest per la ripresa industriale italiana, tra innovazione tecnologica sofisticata e produttività. Sono infatti le medie e grandi imprese, di cui questo territorio è ricco, le più pronte a seguire le indicazioni della twin transition ambientale e digitale e a utilizzare al meglio le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale, coinvolgendo le filiere di cui sono a capo e dunque trascinando lungo la strada della qualità le piccole imprese della sub-fornitura.
Per andare speditamente lungo questa strada, servono robusti investimenti sia in innovazione (è il mestiere delle imprese, da stimolare con misure fiscali opportune, come quelle che hanno agevolato la transizione di Industria 4.0) sia, naturalmente, in infrastrutture. E il Pnrr ne è lo strumento essenziale.
L’Assolombarda, l’Unione Industriali di Torino e la Confindustria Genova, sulla base delle indagini di Prometeia, hanno calcolato che l’impatto del Pnrr sui territori, che oggi vale 28,6 miliardi solo per le imprese, potrebbe arrivare a 36,7 miliardi, considerando le potenziali sinergie. E anche il rapporto tra pubblico e privato, tra imprese, amministrazioni locali, università, strutture di ricerca e Fondazioni potrebbe portare a un più efficace investimento delle risorse disponibili.
Che infrastrutture? Il rafforzamento della logistica legata al porto di Genova, migliorando le connessioni con le aree industriali liguri, piemontesi e lombarde. Il Terzo Valico ferroviario, potenziando il resto della rete verso il Corridoio Europeo V. L’Alta Velocità tra Torino e Lione. Il tunnel autostradale in Val di Susa. E così via continuando. I sindaci Beppe Sala a Milano, Stefano Lorusso a Torino e Marco Bucci a Genova, nel dialogo con gli imprenditori, hanno dichiarato d’essere pronti a fare la loro parte, verso il governo italiano e verso la Commissione Ue a Bruxelles. E dell’importanza strategica di questo Progetto Nord Ovest sono consapevoli anche i tre assessori regionali Guido Guidesi per la Lombardia, Andrea Benvenuti per la Liguria e Andrea Tronzano per il Piemonte (“Via al patto per il triangolo industriale 2.0”, ha titolato “la Repubblica”, 18 luglio).
Alla base di tutto c’è una “cultura politecnica” che ha robuste radici nella storia economica e industriale e prospettive di solido futuro. Una cultura d’impresa che lega manifattura, finanza, servizi, in una serie di eccellenze formative di respiro globale e in una diffusa sensibilità per la sostenibilità. Tutte dimensioni fondate su un solido intreccio di valori che creano valore economico e sociale. Una leva fondamentale di lavoro, innovazione e, appunto, sviluppo. Da usare con maggiore efficacia.
(Photo by Stefano Guidi/Getty Images)