“Be foolish” e innovativi tra etica e buone imprese
“Be foolish” (oltre che “hungry”), raccomandava Steve Jobs ai giovani, per costruire il proprio futuro, anche da innovatori, da imprenditori. E di “follia visionaria” parla il presidente del Consiglio Enrico Letta per indicare l’indispensabile attitudine del suo difficile e controverso governo per affrontare la drammatica crisi italiana, un intreccio tremendo di politica ed economia. Follia, dunque. L’altra faccia, non conformista, della verità. E la capacità di avere uno sguardo inconsueto, spiazzante, eccentrico, radicalmente originale: tutti aggettivi che si adattano benissimo all’imprenditore, la cui chiave d’azione è “innovare”. Cultura d’impresa come intelligente e audace coltivazione di una positiva follia? La riflessione è aperta. Così come è un fantastico cantiere di idee quello della critica radicale a una ideologia che ha segnato il mondo dagli anni Ottanta a ieri: l’individualismo estremo. Giovanni Gozzini, nel bel libro “La mutazione individualista – Gli italiani e la televisione 1954-2011” racconta la deriva negativa di un paese in cui lo spirito civico e la tendenza a fare comunità (già comunque fragili) sono stati lacerati da familismi, spiriti di clan e clientela e individualismi privi di etica pubblica, incentivati da certi processi comunicativi. E Aldo Bonomi, nella sua sempre acuta rubrica domenicale del Sole24Ore, “Microcosmi”, ricorda la definizione critica di Tom Wolfe sul “decennio dell’Io” e suggerisce, per la ripresa economica italiana, la rivalutazione dell’attitudine delle piccole e medie imprese a fare sistema, ritrovarsi in distretti e filiere produttive, a creare originali sinergie tra capitale umano segnato dall’intraprendenza individuale e capitale sociale delle reti, vecchie e nuove. Una buona strada. Da seguire ripensando anche il mestiere dell’imprenditore, con saggezza e follia (non sembri un’ossimoro). Una testimonianza? Quella di Brunello Cucinelli, imprenditore tessile e dell’abbigliamento tra i più innovativi e prestigiosi, che sempre sul Sole24Ore (domenica 5 maggio 2013) ha ricordato la sua passione per Marco Aurelio, imperatore e filosofo e per san Benedetto, nei suoi consigli a un suo Abate: “Sii rigoroso e dolce. Sii un Padre amabile ma anche un Maestro esigente”. E i precetti per fare bene l’imprenditore? Ecco la risposta di Cucinelli. “Il rispetto per gli altri e la moralizzazione della vita pubblica. Ma anche l’esigenza di affiancare alla razionalità una dose sempre più massiccia di passione, di inventiva”. Be foolish, appunto.
![](https://d2snyq93qb0udd.cloudfront.net/FondazionePirelli/newFondazione/wp-content/uploads/2019/05/20102113/13685156811114523730.jpg)
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“Be foolish” (oltre che “hungry”), raccomandava Steve Jobs ai giovani, per costruire il proprio futuro, anche da innovatori, da imprenditori. E di “follia visionaria” parla il presidente del Consiglio Enrico Letta per indicare l’indispensabile attitudine del suo difficile e controverso governo per affrontare la drammatica crisi italiana, un intreccio tremendo di politica ed economia. Follia, dunque. L’altra faccia, non conformista, della verità. E la capacità di avere uno sguardo inconsueto, spiazzante, eccentrico, radicalmente originale: tutti aggettivi che si adattano benissimo all’imprenditore, la cui chiave d’azione è “innovare”. Cultura d’impresa come intelligente e audace coltivazione di una positiva follia? La riflessione è aperta. Così come è un fantastico cantiere di idee quello della critica radicale a una ideologia che ha segnato il mondo dagli anni Ottanta a ieri: l’individualismo estremo. Giovanni Gozzini, nel bel libro “La mutazione individualista – Gli italiani e la televisione 1954-2011” racconta la deriva negativa di un paese in cui lo spirito civico e la tendenza a fare comunità (già comunque fragili) sono stati lacerati da familismi, spiriti di clan e clientela e individualismi privi di etica pubblica, incentivati da certi processi comunicativi. E Aldo Bonomi, nella sua sempre acuta rubrica domenicale del Sole24Ore, “Microcosmi”, ricorda la definizione critica di Tom Wolfe sul “decennio dell’Io” e suggerisce, per la ripresa economica italiana, la rivalutazione dell’attitudine delle piccole e medie imprese a fare sistema, ritrovarsi in distretti e filiere produttive, a creare originali sinergie tra capitale umano segnato dall’intraprendenza individuale e capitale sociale delle reti, vecchie e nuove. Una buona strada. Da seguire ripensando anche il mestiere dell’imprenditore, con saggezza e follia (non sembri un’ossimoro). Una testimonianza? Quella di Brunello Cucinelli, imprenditore tessile e dell’abbigliamento tra i più innovativi e prestigiosi, che sempre sul Sole24Ore (domenica 5 maggio 2013) ha ricordato la sua passione per Marco Aurelio, imperatore e filosofo e per san Benedetto, nei suoi consigli a un suo Abate: “Sii rigoroso e dolce. Sii un Padre amabile ma anche un Maestro esigente”. E i precetti per fare bene l’imprenditore? Ecco la risposta di Cucinelli. “Il rispetto per gli altri e la moralizzazione della vita pubblica. Ma anche l’esigenza di affiancare alla razionalità una dose sempre più massiccia di passione, di inventiva”. Be foolish, appunto.