Bellezza e competitività: ecco l’alleanza tra metropoli, città di provincia e borghi per lo sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile. E la competitività. Le nuove esigenze dell’economia, nel contesto radicalmente mutato da pandemia e recessione. E le opportunità che si aprono per l’Italia, paese ricco di imprese radicate nei territori, di metropoli sofisticate ma non di megalopoli ingombranti, di città produttive e di borghi di provincia adatti alle dimensioni dell’economia circolare e civile. Il nostro difficile e doloroso 2020 ci consegna una sfida di transizione, economica e sociale, in cui proprio le carattersitiche storiche dello sviluppo italiano e l’attualità del nostro capitale sociale ci forniscono straordinarie opportunità di ripartenza e ripresa. Ne abbiamo parlato più volte, in questo blog. E il discorso pubblico contemporaneo offre nuove, interessanti considerazioni.
Par capire meglio, vale la pena concentrasi su un’immagine. Vista dall’alto, ecco una larga striscia di luce, una sorta di rettangolo dai lati sfrangiati, che si estende in lunghezza da ovest a est. A nord, un confine quasi completamente scuro, le Alpi, eccezion fatta per le lingue luminose delle valli che s’insinuano tra i monti, prima di smorzarsi lentamente nel buio. Poi, scendendo verso sud, le luci si diradano prima di addensarsi di nuovo in una larga chiazza splendente, Roma. E, ancora più a sud, luci e ombre, alternate, lungo le coste prima del buio del Tirreno e dello Jonio. E’ la fotografia notturna della pianura padana, scattata alcuni anni fa da Luca Parmitano dalla Stazione Spaziale Internazionale. Un ritratto quanto mai suggestivo. Ma anche un’esemplare indicazione di alcuni tratti essenziali della nostra geografia economica. Luci, ovvero energia di città e paesi. Indicatori di luoghi e di flussi. Di relazioni sociali e di attività economiche, lì particolarmente intense, come e perfino più che in altre aree cardine dell’Europa più attiva.
Quel rettangolo luminoso parte dal Piemonte, va verso il mare con la Liguria e arriva a est ai confini del Friuli Venezia Giulia, comprende le regioni industrializzate della Lombardia e poi del Veneto, si allarga all’Emilia di fabbriche e università. Una sorta di macro-regione A1 e A4, per battezzarla con le sigle delle autostrade che la attraversano. Vale il 53,7% del PIL (il prodotto intero lordo italiano) e il 68,9% dell’export di tutto il paese. E ha una caratteristica molto particolare. E’ un territorio ampio e molto articolato, segnato da metropoli (Milano e Torino) ma anche da una lunga serie di città medie e grandi e da un’infinità di paesi e di borghi, tutti in stretta connessione tra loro (una connessione non priva di carenze e limiti, naturalmente, per le reti stradali e ferroviarie soprattutto dalla pianura verso i monti). Economicamente, è fitto di attività economiche in cui industria e agricoltura d’avanguardia, finanza e servizi hi tech, università e centri di ricerca, ambiente e cultura si intersecano in un’originalissima rete collaborativa e cooperativa. E socialmente ha un dinamismo che, nonostante le crisi, ha poche analogie in Europa. Un insieme di valori robusti, tra storia civile e innovazione economica. E una straordinaria capacità competitiva, sia che si guardi alla concorrenza sui mercati internazionali sia che si faccia attenzione al significato profondo della parola stessa, alla sua radice etimologica: cum e petere , muoversi insieme verso un obiettivo comune. Lo sviluppo.
Oggi proprio queste caratteristiche geo-economiche costituiscono un vantaggio competitivo di straordinaria attualità. La pandemia da Covid19, infatti, ha mostrato l’estrema fragilità dei più grandi agglomerati urbani e ha rivelato lo stretto rapporto tra la complessità dei sistemi e la loro vulnerabilità. La teoria, molto diffusa nel mondo economico, sull’inevitabile successo, nell’immediato futuro, delle megalopoli perché più attrattive e adatte all’incremento formidabile della produttività (la forza delle “economie di agglomerazione” che stimolano l’arrivo di talenti, risorse materiali e immateriali, energie innovative) mostra tutti i suoi limiti proprio nel corso di questa crisi, contemporaneamente sanitaria, sociale ed economica.
Meglio, invece, i territori diffusi, in cui la produttività si può legare con la qualità della vita, gli stimoli culturali e sociali propri dell’esperienza urbana con la bellezza dell’ambiente e delle intense relazioni sociali delle comunità locali. Gli esempi, un po’ il tutto il territorio nazionale, non mancano. La striscia di luce della fotografia dell’Italia dallo spazio ne offre, appunto, una rappresentazione esemplare.
Nella stagione in cui la sostenibilità ambientale e sociale fa premio sulla corsa al successo personale ad ogni costo e l’economia reale torna ad avere un ruolo primario rispetto all’economia finanziaria speculativa, il nostro Nord produttivo e forte di un grande capitale sociale inclusivo e collaborativo può fornire indicazioni economiche e civili quanto mai interessanti al resto dell’Europa e del mondo. Essere luogo esemplare per tradurre in realtà il valori del Recovery Plan della Ue: green economy e digital economy, guardando alla Next Generation.
Un’innovazione sostenibile. Ma anche, proprio per questo, un motore di sviluppo di tutto il Paese, se si guarda alle lunghe filiere industriali che legano Nord e Sud (nei settori dell’automotive, dell’aeronatica e dell’aerospaziale, dell’agro-alimentare, della farmaceutica e delle complesse relazioni dell’information tecnology) e alle attività legate alla ricerca e alla formazione. Una scelta strategica, proprio per cercare di risanare il divario Nord Sud, molto migliore delle politiche di sgravi e sussidi.
Non mancano, naturalmente, limiti, conflitti, contraddizioni. E servono, tra città, paesi e borghi, connessioni efficienti, materiali e soprattutto immateriali (la rete 5G di matrice europea) e una migliore articolazione dei servizi, dalla scuola alla sanità, dalla sicurezza alle attività di supporto alla produttività. Ma è un progetto di sviluppo possibile. In cui abbiamo molte carte economiche e sociali da poter giocare. A patto di farlo, mai come adesso, con indispensabili valori di conoscenza, competenza, responsabilità. L’Italia di una nuova ricostruzione.
Lo sviluppo sostenibile. E la competitività. Le nuove esigenze dell’economia, nel contesto radicalmente mutato da pandemia e recessione. E le opportunità che si aprono per l’Italia, paese ricco di imprese radicate nei territori, di metropoli sofisticate ma non di megalopoli ingombranti, di città produttive e di borghi di provincia adatti alle dimensioni dell’economia circolare e civile. Il nostro difficile e doloroso 2020 ci consegna una sfida di transizione, economica e sociale, in cui proprio le carattersitiche storiche dello sviluppo italiano e l’attualità del nostro capitale sociale ci forniscono straordinarie opportunità di ripartenza e ripresa. Ne abbiamo parlato più volte, in questo blog. E il discorso pubblico contemporaneo offre nuove, interessanti considerazioni.
Par capire meglio, vale la pena concentrasi su un’immagine. Vista dall’alto, ecco una larga striscia di luce, una sorta di rettangolo dai lati sfrangiati, che si estende in lunghezza da ovest a est. A nord, un confine quasi completamente scuro, le Alpi, eccezion fatta per le lingue luminose delle valli che s’insinuano tra i monti, prima di smorzarsi lentamente nel buio. Poi, scendendo verso sud, le luci si diradano prima di addensarsi di nuovo in una larga chiazza splendente, Roma. E, ancora più a sud, luci e ombre, alternate, lungo le coste prima del buio del Tirreno e dello Jonio. E’ la fotografia notturna della pianura padana, scattata alcuni anni fa da Luca Parmitano dalla Stazione Spaziale Internazionale. Un ritratto quanto mai suggestivo. Ma anche un’esemplare indicazione di alcuni tratti essenziali della nostra geografia economica. Luci, ovvero energia di città e paesi. Indicatori di luoghi e di flussi. Di relazioni sociali e di attività economiche, lì particolarmente intense, come e perfino più che in altre aree cardine dell’Europa più attiva.
Quel rettangolo luminoso parte dal Piemonte, va verso il mare con la Liguria e arriva a est ai confini del Friuli Venezia Giulia, comprende le regioni industrializzate della Lombardia e poi del Veneto, si allarga all’Emilia di fabbriche e università. Una sorta di macro-regione A1 e A4, per battezzarla con le sigle delle autostrade che la attraversano. Vale il 53,7% del PIL (il prodotto intero lordo italiano) e il 68,9% dell’export di tutto il paese. E ha una caratteristica molto particolare. E’ un territorio ampio e molto articolato, segnato da metropoli (Milano e Torino) ma anche da una lunga serie di città medie e grandi e da un’infinità di paesi e di borghi, tutti in stretta connessione tra loro (una connessione non priva di carenze e limiti, naturalmente, per le reti stradali e ferroviarie soprattutto dalla pianura verso i monti). Economicamente, è fitto di attività economiche in cui industria e agricoltura d’avanguardia, finanza e servizi hi tech, università e centri di ricerca, ambiente e cultura si intersecano in un’originalissima rete collaborativa e cooperativa. E socialmente ha un dinamismo che, nonostante le crisi, ha poche analogie in Europa. Un insieme di valori robusti, tra storia civile e innovazione economica. E una straordinaria capacità competitiva, sia che si guardi alla concorrenza sui mercati internazionali sia che si faccia attenzione al significato profondo della parola stessa, alla sua radice etimologica: cum e petere , muoversi insieme verso un obiettivo comune. Lo sviluppo.
Oggi proprio queste caratteristiche geo-economiche costituiscono un vantaggio competitivo di straordinaria attualità. La pandemia da Covid19, infatti, ha mostrato l’estrema fragilità dei più grandi agglomerati urbani e ha rivelato lo stretto rapporto tra la complessità dei sistemi e la loro vulnerabilità. La teoria, molto diffusa nel mondo economico, sull’inevitabile successo, nell’immediato futuro, delle megalopoli perché più attrattive e adatte all’incremento formidabile della produttività (la forza delle “economie di agglomerazione” che stimolano l’arrivo di talenti, risorse materiali e immateriali, energie innovative) mostra tutti i suoi limiti proprio nel corso di questa crisi, contemporaneamente sanitaria, sociale ed economica.
Meglio, invece, i territori diffusi, in cui la produttività si può legare con la qualità della vita, gli stimoli culturali e sociali propri dell’esperienza urbana con la bellezza dell’ambiente e delle intense relazioni sociali delle comunità locali. Gli esempi, un po’ il tutto il territorio nazionale, non mancano. La striscia di luce della fotografia dell’Italia dallo spazio ne offre, appunto, una rappresentazione esemplare.
Nella stagione in cui la sostenibilità ambientale e sociale fa premio sulla corsa al successo personale ad ogni costo e l’economia reale torna ad avere un ruolo primario rispetto all’economia finanziaria speculativa, il nostro Nord produttivo e forte di un grande capitale sociale inclusivo e collaborativo può fornire indicazioni economiche e civili quanto mai interessanti al resto dell’Europa e del mondo. Essere luogo esemplare per tradurre in realtà il valori del Recovery Plan della Ue: green economy e digital economy, guardando alla Next Generation.
Un’innovazione sostenibile. Ma anche, proprio per questo, un motore di sviluppo di tutto il Paese, se si guarda alle lunghe filiere industriali che legano Nord e Sud (nei settori dell’automotive, dell’aeronatica e dell’aerospaziale, dell’agro-alimentare, della farmaceutica e delle complesse relazioni dell’information tecnology) e alle attività legate alla ricerca e alla formazione. Una scelta strategica, proprio per cercare di risanare il divario Nord Sud, molto migliore delle politiche di sgravi e sussidi.
Non mancano, naturalmente, limiti, conflitti, contraddizioni. E servono, tra città, paesi e borghi, connessioni efficienti, materiali e soprattutto immateriali (la rete 5G di matrice europea) e una migliore articolazione dei servizi, dalla scuola alla sanità, dalla sicurezza alle attività di supporto alla produttività. Ma è un progetto di sviluppo possibile. In cui abbiamo molte carte economiche e sociali da poter giocare. A patto di farlo, mai come adesso, con indispensabili valori di conoscenza, competenza, responsabilità. L’Italia di una nuova ricostruzione.