Beni culturali e cultura d’impresa sociale
Una tesi discussa alla LUISS, ordina i termini che legano azione pubblica e mano privata in un ambito importante della società
Cooperare per il bene del territorio e delle comunità che ospita. L’indicazione di un nuovo modo di concepire i rapporti fra dimensioni economico-produttive e dimensioni sociali e umane dei luoghi, è ormai chiara da tempo. Che poi questo approccio sia per davvero messo in pratica fino in fondo, è però altra cosa. Gli spazi per fare bene, tuttavia, ci sono. A delinearne alcuni ci pensa Alice Di Giovine con la sua tesi discussa alla Università LUISS (Dipartimento di Economia).
“Crescita e creazione di valore attraverso la conservazione dei beni culturali. Ruolo dei privati e del terzo settore” è un ordinato ragionamento sui rapporti fra iniziativa privata, impresa sociale, mantenimento e conservazione dei beni culturali. L’autrice, cioè, ha tessuto un filo che unisce alcuni elementi (Stato, privato e cultura) che insistono in un determinato luogo e che, se ben gestiti, possono utilmente cooperare fra di loro.
Il lavoro prende le mosse da un esame attento dell’azione dello Stato in relazione alla gestione e tutela dei beni culturali, per poi passare ad esaminare l’atteggiamento delle imprese del terzo settore sempre in relazione ai beni culturali ma anche in quanto imprese; infine, il lavoro approfondisce il ruolo delle fondazioni viste come strumenti di supporto ad entrambi i capi della questione (con un esempio fornito dal FAI).
Scrive Di Giovine: “Gli ultimi anni sono stati interessati dalla tendenza delle istituzioni pubbliche a lasciare ampio spazio anche ad attori privati, in particolare il Terzo Settore si è fatto protagonista di numerose iniziative economiche a sostegno di siti culturali. Molti siti sono stati così riportati in vita grazie all’intervento di fondazioni esperte e restituiti con entusiasmo a turisti e cittadini. Queste iniziative possono quindi essere considerate strumenti di innovazione sociale applicata alla gestione del patrimonio culturale”. Si tratta, a ben vedere, di una finestra aperta su un modo diverso dal consueto di intendere anche la cultura d’impresa sociale. Scrive ancora l’autrice: “Potrebbe essere interessante identificare questo trend come un tramonto del tradizionale Welfare State, il quale apre le porte a un ‘Welfare civile’, in cui lo Stato, i privati e gli organismi senza fini di lucro concorrono all’offerta di servizi alla persona. In questo modo si delinea un sistema moderno e innovativo che apre le porte alla partecipazione diretta dei cittadini alla gestione dei beni collettivi”.
Il lavoro di Alice Di Giovine non apporta forse particolari novità all’argomento, ma ha il merito di ordinarne i termini e di rendere più chiaro il tutto.
Alice Di Giovine
Università LUISS, Dipartimento di Economia Laurea in: Economia e Management, 2018
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Una tesi discussa alla LUISS, ordina i termini che legano azione pubblica e mano privata in un ambito importante della società
Cooperare per il bene del territorio e delle comunità che ospita. L’indicazione di un nuovo modo di concepire i rapporti fra dimensioni economico-produttive e dimensioni sociali e umane dei luoghi, è ormai chiara da tempo. Che poi questo approccio sia per davvero messo in pratica fino in fondo, è però altra cosa. Gli spazi per fare bene, tuttavia, ci sono. A delinearne alcuni ci pensa Alice Di Giovine con la sua tesi discussa alla Università LUISS (Dipartimento di Economia).
“Crescita e creazione di valore attraverso la conservazione dei beni culturali. Ruolo dei privati e del terzo settore” è un ordinato ragionamento sui rapporti fra iniziativa privata, impresa sociale, mantenimento e conservazione dei beni culturali. L’autrice, cioè, ha tessuto un filo che unisce alcuni elementi (Stato, privato e cultura) che insistono in un determinato luogo e che, se ben gestiti, possono utilmente cooperare fra di loro.
Il lavoro prende le mosse da un esame attento dell’azione dello Stato in relazione alla gestione e tutela dei beni culturali, per poi passare ad esaminare l’atteggiamento delle imprese del terzo settore sempre in relazione ai beni culturali ma anche in quanto imprese; infine, il lavoro approfondisce il ruolo delle fondazioni viste come strumenti di supporto ad entrambi i capi della questione (con un esempio fornito dal FAI).
Scrive Di Giovine: “Gli ultimi anni sono stati interessati dalla tendenza delle istituzioni pubbliche a lasciare ampio spazio anche ad attori privati, in particolare il Terzo Settore si è fatto protagonista di numerose iniziative economiche a sostegno di siti culturali. Molti siti sono stati così riportati in vita grazie all’intervento di fondazioni esperte e restituiti con entusiasmo a turisti e cittadini. Queste iniziative possono quindi essere considerate strumenti di innovazione sociale applicata alla gestione del patrimonio culturale”. Si tratta, a ben vedere, di una finestra aperta su un modo diverso dal consueto di intendere anche la cultura d’impresa sociale. Scrive ancora l’autrice: “Potrebbe essere interessante identificare questo trend come un tramonto del tradizionale Welfare State, il quale apre le porte a un ‘Welfare civile’, in cui lo Stato, i privati e gli organismi senza fini di lucro concorrono all’offerta di servizi alla persona. In questo modo si delinea un sistema moderno e innovativo che apre le porte alla partecipazione diretta dei cittadini alla gestione dei beni collettivi”.
Il lavoro di Alice Di Giovine non apporta forse particolari novità all’argomento, ma ha il merito di ordinarne i termini e di rendere più chiaro il tutto.
Alice Di Giovine
Università LUISS, Dipartimento di Economia Laurea in: Economia e Management, 2018