Capitale umano d’impresa
Il capitale di un’impresa è anche – forse soprattutto -, fatto dalle donne e dagli uomini che la rendono viva, non banale organizzazione di strumenti di produzione, ma speciale comunità di persone che hanno in comune idee e obiettivi. Concetto ormai diffuso, quest’ultimo, eppure non ancora entrato a far parte del “codice genetico” di gran parte del sistema produttivo italiano. E, in effetti, è molto sottile il filo che lega l’attività d’impresa non solo al capitale materiale e finanziario, ma anche a quello umano. Non si tratta di pensare a uomini-macchina, ma di fare riferimento ad altre modalità di organizzazione della produzione che sono molto vicine ad un cambio importante di cultura produttiva.
Il libro a cura di Annalisa Rolandi – “Capitale psicologico. Un asset chiave per il terzo millennio” -, da poco stampato, serve molto per comprendere di più e meglio il significato della presenza della ricchezza umana all’interno delle imprese. Scritto a più mani, il volume prende in considerazione la natura del capitale psicologico, la sua definizione e i diversi risvolti all’interno dell’organizzazione d’impresa. Vengono quindi affrontate le relazioni fra personalità e valori nell’ambito lavorativo, il ruolo della motivazione personale nella crescita all’interno dell’impresa ma anche per l’impresa stessa. Si arriva quindi a ragionare sul capitale psicologico nell’ambito delle organizzazioni.
Denso anche di esempi pratici, questo libro si basa tutto sommato su un concetto semplice: “L’era digitale nasce dalla tecnologia ma parla di persone”. È, invece, quanto spesso si dimentica parlando di imprese e nuove tecnologie.
Importante è un passo verso la conclusione del volume. “(…) all’alba del terzo millennio i tempi reclamano maggior rispetto della dignità e delle responsabilità individuali; sono tempi in cui la gestione delle risorse umane continua a rappresentare il banco di prova su cui misurare la capacità delle aziende di pensare al proprio sviluppo e di darsi un futuro, con la consapevolezza di non potersi appoggiare sull’esclusivo impiego di competenze collegabili a prestazioni e risultati di breve termine. Il capitale umano non è una risorsa privata delle organizzazioni, ma è un bene pubblico”.
Capitale psicologico. Un asset chiave per il terzo millennio
Annalisa Rolandi (a cura di)
Franco Angeli, 2015
Il capitale di un’impresa è anche – forse soprattutto -, fatto dalle donne e dagli uomini che la rendono viva, non banale organizzazione di strumenti di produzione, ma speciale comunità di persone che hanno in comune idee e obiettivi. Concetto ormai diffuso, quest’ultimo, eppure non ancora entrato a far parte del “codice genetico” di gran parte del sistema produttivo italiano. E, in effetti, è molto sottile il filo che lega l’attività d’impresa non solo al capitale materiale e finanziario, ma anche a quello umano. Non si tratta di pensare a uomini-macchina, ma di fare riferimento ad altre modalità di organizzazione della produzione che sono molto vicine ad un cambio importante di cultura produttiva.
Il libro a cura di Annalisa Rolandi – “Capitale psicologico. Un asset chiave per il terzo millennio” -, da poco stampato, serve molto per comprendere di più e meglio il significato della presenza della ricchezza umana all’interno delle imprese. Scritto a più mani, il volume prende in considerazione la natura del capitale psicologico, la sua definizione e i diversi risvolti all’interno dell’organizzazione d’impresa. Vengono quindi affrontate le relazioni fra personalità e valori nell’ambito lavorativo, il ruolo della motivazione personale nella crescita all’interno dell’impresa ma anche per l’impresa stessa. Si arriva quindi a ragionare sul capitale psicologico nell’ambito delle organizzazioni.
Denso anche di esempi pratici, questo libro si basa tutto sommato su un concetto semplice: “L’era digitale nasce dalla tecnologia ma parla di persone”. È, invece, quanto spesso si dimentica parlando di imprese e nuove tecnologie.
Importante è un passo verso la conclusione del volume. “(…) all’alba del terzo millennio i tempi reclamano maggior rispetto della dignità e delle responsabilità individuali; sono tempi in cui la gestione delle risorse umane continua a rappresentare il banco di prova su cui misurare la capacità delle aziende di pensare al proprio sviluppo e di darsi un futuro, con la consapevolezza di non potersi appoggiare sull’esclusivo impiego di competenze collegabili a prestazioni e risultati di breve termine. Il capitale umano non è una risorsa privata delle organizzazioni, ma è un bene pubblico”.
Capitale psicologico. Un asset chiave per il terzo millennio
Annalisa Rolandi (a cura di)
Franco Angeli, 2015