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Che fare per l’industria in Italia?

In Italia l’industria esiste ma spesso langue. Le ragioni sono note. Ed è anche nota la consapevolezza dell’importanza dell’esistenza di un comparto industriale moderno e competitivo. Mentre quale possa essere la migliore politica per uscire dallo stato di difficoltà dell’oggi, è molto meno noto e chiaro. D’altra parte, occorre capire bene il presente per comprendere a fondo cosa fare. Vale oggi, seppur datata, l’affermazione di Luigi Einaudi: “Conoscere per deliberare”.

Il libro di Dario Di Vico e Gianfranco Viesti (inviato del Corriere della Sera il primo ed economista il secondo), serve proprio per capire meglio la realtà e focalizzare poi degli schemi d’azione che hanno l’obiettivo di arrivare (per strade diverse), a politiche economiche che – stando ai due autori -, potrebbero dare quella spinta che oggi l’Italia industriale cerca. “Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese” appena pubblicato, è diviso in due parti: due analisi della stessa realtà (osservata con gli occhi dell’economista e poi con quelli del giornalista), e due schemi di politica industriale pensati per rilanciare l’Italia. Tutto in circa 130 pagine.

Viesti (che insegna Economia internazionale all’Università di Bari), parte da un assunto: “L’industria è, e deve restare, il motore dell’economia italiana”. Per capire come raggiungere questo obiettivo, Viesti cammina lungo una strada che tocca temi come le necessità di un modello industriale diverso, la consapevolezza del “cambio” del mondo che ci circonda, il bisogno di un Paese “attrattivo” e quindi quello di avere “capitali e cervelli per crescere”. La conclusione dell’economista si basa sul rilancio di un’azione pubblica costruita sulle esigenze della globalizzazione, in grado di accrescere la dimensione delle imprese e di favorirne l’internazionalizzazione e l’innovazione.

Di Vico (che come inviato ha seguito per il quotidiano milanese prevalentemente i temi economici), compie invece una strada diversa, che passa dal ruolo delle banche, delle multinazionali, dalla necessità di ristrutturazioni profonde e importanti, dal ruolo e dalla complessità del fenomeno dei distretti industriali e, infine, dal significato e dai cambiamenti del lavoro. Il giornalista, quindi, individua altri pilastri di una politica industriale italiana che dovrebbe guardare ad uno Stato che riesca ad abbattere il peso delle tasse, a dare più spazio alle banche come fornitrici di carburante  per la crescita, così come ai fondi di investimento e alle multinazionali.

Il risultato è un libro che si legge in un giorno e che ha un obiettivo composito: chiarire la realtà, delineare politiche di crescita utili all’industria, costruire nuove culture d’impresa.

Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese

Dario Di Vico, Gianfranco Viesti

Il Mulino, ottobre 2014

In Italia l’industria esiste ma spesso langue. Le ragioni sono note. Ed è anche nota la consapevolezza dell’importanza dell’esistenza di un comparto industriale moderno e competitivo. Mentre quale possa essere la migliore politica per uscire dallo stato di difficoltà dell’oggi, è molto meno noto e chiaro. D’altra parte, occorre capire bene il presente per comprendere a fondo cosa fare. Vale oggi, seppur datata, l’affermazione di Luigi Einaudi: “Conoscere per deliberare”.

Il libro di Dario Di Vico e Gianfranco Viesti (inviato del Corriere della Sera il primo ed economista il secondo), serve proprio per capire meglio la realtà e focalizzare poi degli schemi d’azione che hanno l’obiettivo di arrivare (per strade diverse), a politiche economiche che – stando ai due autori -, potrebbero dare quella spinta che oggi l’Italia industriale cerca. “Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese” appena pubblicato, è diviso in due parti: due analisi della stessa realtà (osservata con gli occhi dell’economista e poi con quelli del giornalista), e due schemi di politica industriale pensati per rilanciare l’Italia. Tutto in circa 130 pagine.

Viesti (che insegna Economia internazionale all’Università di Bari), parte da un assunto: “L’industria è, e deve restare, il motore dell’economia italiana”. Per capire come raggiungere questo obiettivo, Viesti cammina lungo una strada che tocca temi come le necessità di un modello industriale diverso, la consapevolezza del “cambio” del mondo che ci circonda, il bisogno di un Paese “attrattivo” e quindi quello di avere “capitali e cervelli per crescere”. La conclusione dell’economista si basa sul rilancio di un’azione pubblica costruita sulle esigenze della globalizzazione, in grado di accrescere la dimensione delle imprese e di favorirne l’internazionalizzazione e l’innovazione.

Di Vico (che come inviato ha seguito per il quotidiano milanese prevalentemente i temi economici), compie invece una strada diversa, che passa dal ruolo delle banche, delle multinazionali, dalla necessità di ristrutturazioni profonde e importanti, dal ruolo e dalla complessità del fenomeno dei distretti industriali e, infine, dal significato e dai cambiamenti del lavoro. Il giornalista, quindi, individua altri pilastri di una politica industriale italiana che dovrebbe guardare ad uno Stato che riesca ad abbattere il peso delle tasse, a dare più spazio alle banche come fornitrici di carburante  per la crescita, così come ai fondi di investimento e alle multinazionali.

Il risultato è un libro che si legge in un giorno e che ha un obiettivo composito: chiarire la realtà, delineare politiche di crescita utili all’industria, costruire nuove culture d’impresa.

Cacciavite, robot e tablet. Come far ripartire le imprese

Dario Di Vico, Gianfranco Viesti

Il Mulino, ottobre 2014

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