Che lavoro?
Una conversazione tra un esperto di risorse umane e un filosofo, condensa in poche pagine il senso del lavorare
Lavorare, dunque essere felici? Oppure, lavorare, dunque soffrire di una maledizione ineliminabile. Non si tratta di domande astratte, ma di interrogativi concreti e quotidiani. Che coinvolgono anche la natura stessa dell’impresa e cioè di quel luogo – materiale e immateriale -, entro il qual il lavoro si applica in gran parte delle occasioni. Anche oggi. Anche nel mondo della digitalizzazione nel quale impresa e lavoro si trovano ad operare.
E’ attorno a questi temi che ragionano Paolo Iacci – esperto di risorse umane -, e Umberto Galimberti – filosofo, accademico e psicoanalista -, in una conversazione a due voci riportata in “Dialogo sul lavoro e la felicità con Umberto Galimberti” pubblicato da poco. Per la precisione, i due ragionano sulla risposta da dare ad una domanda precisa: il lavoro è una via per la felicità o una maledizione a cui è impossibile sottrarsi?
E’ dalle possibili risposte a questo quesito che si dipana il libro – poco più di cento pagine -, che raccoglie tutto lo scibile filosofico ed esperienziale che si è formato intorno al concetto e alla pratica del lavoro. E bastano i due estremi indicati nel dialogo tra Iacci e Galimberti per comprendere interesse e utilità del volume. Per gli antichi greci il primo passo verso la felicità consisteva nel conoscere la propria natura per poterla realizzare. L’attuale mondo del lavoro – regolato dal mercato e basato su logiche di mera efficienza produttiva – impedisce all’uomo di abbracciare la totalità del processo di produzione di cui è parte e di comprendere la valenza etica del suo impiego. A queste condizioni, il lavoro non può essere un mezzo per realizzare il proprio potenziale e raggiungere la felicità.
Equilibrio e partecipazione, coinvolgimento ed equità, realizzazione di se’ e vincoli da rispettare e molto altro ancora costituiscono tutti elementi che entrano nelle conversazioni del libro e che partono da numerosi richiami letterari e filosofici. Chi legge – occorre dirlo subito -, non trova soluzioni facili e preconfezionate, ma molti dubbi e molte domande, spunti per riflettere su ciò che accade oggi, strumenti per capire. Il lavoro che rende felici – è il messaggio di Iacci e Galimberti -, può esistere a patto che vincoli e ostacoli alla sua realizzazione siano rimossi. In che modo, è tutto da scoprire. Percorso dunque difficile e complesso quello prospettato, che, ancora oggi, non sempre si compie fino in fondo.
Lettura affascinante – lasciata apposta in forma di dialogo -, quella che si può fare con questo libro. Che fin dalle prime righe dà tutto il senso della complessità del tema attraverso due citazioni – quella de “La chiave a stella” di Primo Levi e quella della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso contenuta nella “Genesi” -, ma anche con una bella frase dello stesso Galimberti: “Per me il lavoro è sempre stato l’ancoraggio alla vita e ai suoi problemi reali”.
Dialogo sul lavoro e la felicità con Umberto Galimberti
Paolo Iacci
Egea, 2021
Una conversazione tra un esperto di risorse umane e un filosofo, condensa in poche pagine il senso del lavorare
Lavorare, dunque essere felici? Oppure, lavorare, dunque soffrire di una maledizione ineliminabile. Non si tratta di domande astratte, ma di interrogativi concreti e quotidiani. Che coinvolgono anche la natura stessa dell’impresa e cioè di quel luogo – materiale e immateriale -, entro il qual il lavoro si applica in gran parte delle occasioni. Anche oggi. Anche nel mondo della digitalizzazione nel quale impresa e lavoro si trovano ad operare.
E’ attorno a questi temi che ragionano Paolo Iacci – esperto di risorse umane -, e Umberto Galimberti – filosofo, accademico e psicoanalista -, in una conversazione a due voci riportata in “Dialogo sul lavoro e la felicità con Umberto Galimberti” pubblicato da poco. Per la precisione, i due ragionano sulla risposta da dare ad una domanda precisa: il lavoro è una via per la felicità o una maledizione a cui è impossibile sottrarsi?
E’ dalle possibili risposte a questo quesito che si dipana il libro – poco più di cento pagine -, che raccoglie tutto lo scibile filosofico ed esperienziale che si è formato intorno al concetto e alla pratica del lavoro. E bastano i due estremi indicati nel dialogo tra Iacci e Galimberti per comprendere interesse e utilità del volume. Per gli antichi greci il primo passo verso la felicità consisteva nel conoscere la propria natura per poterla realizzare. L’attuale mondo del lavoro – regolato dal mercato e basato su logiche di mera efficienza produttiva – impedisce all’uomo di abbracciare la totalità del processo di produzione di cui è parte e di comprendere la valenza etica del suo impiego. A queste condizioni, il lavoro non può essere un mezzo per realizzare il proprio potenziale e raggiungere la felicità.
Equilibrio e partecipazione, coinvolgimento ed equità, realizzazione di se’ e vincoli da rispettare e molto altro ancora costituiscono tutti elementi che entrano nelle conversazioni del libro e che partono da numerosi richiami letterari e filosofici. Chi legge – occorre dirlo subito -, non trova soluzioni facili e preconfezionate, ma molti dubbi e molte domande, spunti per riflettere su ciò che accade oggi, strumenti per capire. Il lavoro che rende felici – è il messaggio di Iacci e Galimberti -, può esistere a patto che vincoli e ostacoli alla sua realizzazione siano rimossi. In che modo, è tutto da scoprire. Percorso dunque difficile e complesso quello prospettato, che, ancora oggi, non sempre si compie fino in fondo.
Lettura affascinante – lasciata apposta in forma di dialogo -, quella che si può fare con questo libro. Che fin dalle prime righe dà tutto il senso della complessità del tema attraverso due citazioni – quella de “La chiave a stella” di Primo Levi e quella della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso contenuta nella “Genesi” -, ma anche con una bella frase dello stesso Galimberti: “Per me il lavoro è sempre stato l’ancoraggio alla vita e ai suoi problemi reali”.
Dialogo sul lavoro e la felicità con Umberto Galimberti
Paolo Iacci
Egea, 2021