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Comunità “che fanno”

Appena pubblicata una ricerca che mette a fuoco la realtà delle comunità intraprendenti

 

Comunità che crescono con un obiettivo. Comunità “che fanno”. Sistemi sociali che, esistono con qualcosa in più. E che possono anche dire molto in termini organizzativi, esprimendo una cultura dell’essere e del fare importante. Comunità certamente da studiare e da conoscere di più. Come ha fatto il gruppo di ricercatori di Euricse con “Le comunità intraprendenti in Italia”, rapporto appena pubblicato che cerca di fare luce su un aspetto dell’economia e della società che molti dicono di conoscere e frequentare ma che deve essere ancora approfindito nei suoi tratti essenziali.

L’indagine, coordinata da Jacopo Sforzi, trae spunto da una considerazione: “Dalla fine del primo decennio di questo secolo, che si era chiuso con le pesanti conseguenze della crisi finanziaria sui livelli di reddito e sull’occupazione, il ricorso al termine comunità e all’importanza di ritornare a contare sulle risorse comunitarie si è via via moltiplicato. La pandemia e ora la crisi energetica hanno dato a loro volta un grosso contributo a questa evoluzione”. E, oltre a questo, dalla constatazione di quanto sia “ormai chiaro che le iniziative promosse dalle comunità sono in grado di far emergere e rendere produttive risorse economiche che il modello basato solo sul binomio beni privati/beni pubblici ha trascurato e, quindi, non utilizzato perché non collocabili al suo interno”.

Da questa base, la ricerca si muove prima mettendo a fuoco i tratti distintivi e la diffusione in Italia delle comunità intraprendenti e, poi, approfondendo le principali comunità esistenti: i Community Hub, le Imprese di comunità, i Patti di collaborazione complessi, le Portinerie di quartiere, gli Empori Solidali, le Comunità a Supporto dell’Agricoltura, le Food Coop, le Comunità energetiche e i FabLab. Di ogni comunità intraprendente vengono dati una descrizione qualitativa e quantitativa oltre che alcuni esempi concreti. Ne emerge un quadro complesso e vario di un mondo che, come si diceva all’inizio, è importante ma poco conosciuto nella sua interezza.

“Esempi virtuosi di innovazione sociale” – come vengono definite nelle conclusioni dell’indagine -, le comunità intraprendenti assumo un aspetto e un ruolo nuovi come portatrici di una diversa cultura sociale e del produrre.

Viene scritto nelle conclusioni: “Appare evidente, come le diverse esperienze incrocino molteplici settori di intervento che variano a seconda dei bisogni e delle risorse delle singole comunità e riescono a tenere insieme azioni di tipo culturale, sociale, economico, ma anche politico. Oltre a ciò, è possibile identificare le Comunità Intraprendenti descritte nel Rapporto come efficienti strumenti di attivazione e rafforzamento del capitale sociale dei territori”. In altri termini, un mondo promettente ma appena scoperto che deve essere ancora ben esplorato.

Le comunità intraprendenti in Italia

AA.VV.

Euricse Research Report, 023/22

Appena pubblicata una ricerca che mette a fuoco la realtà delle comunità intraprendenti

 

Comunità che crescono con un obiettivo. Comunità “che fanno”. Sistemi sociali che, esistono con qualcosa in più. E che possono anche dire molto in termini organizzativi, esprimendo una cultura dell’essere e del fare importante. Comunità certamente da studiare e da conoscere di più. Come ha fatto il gruppo di ricercatori di Euricse con “Le comunità intraprendenti in Italia”, rapporto appena pubblicato che cerca di fare luce su un aspetto dell’economia e della società che molti dicono di conoscere e frequentare ma che deve essere ancora approfindito nei suoi tratti essenziali.

L’indagine, coordinata da Jacopo Sforzi, trae spunto da una considerazione: “Dalla fine del primo decennio di questo secolo, che si era chiuso con le pesanti conseguenze della crisi finanziaria sui livelli di reddito e sull’occupazione, il ricorso al termine comunità e all’importanza di ritornare a contare sulle risorse comunitarie si è via via moltiplicato. La pandemia e ora la crisi energetica hanno dato a loro volta un grosso contributo a questa evoluzione”. E, oltre a questo, dalla constatazione di quanto sia “ormai chiaro che le iniziative promosse dalle comunità sono in grado di far emergere e rendere produttive risorse economiche che il modello basato solo sul binomio beni privati/beni pubblici ha trascurato e, quindi, non utilizzato perché non collocabili al suo interno”.

Da questa base, la ricerca si muove prima mettendo a fuoco i tratti distintivi e la diffusione in Italia delle comunità intraprendenti e, poi, approfondendo le principali comunità esistenti: i Community Hub, le Imprese di comunità, i Patti di collaborazione complessi, le Portinerie di quartiere, gli Empori Solidali, le Comunità a Supporto dell’Agricoltura, le Food Coop, le Comunità energetiche e i FabLab. Di ogni comunità intraprendente vengono dati una descrizione qualitativa e quantitativa oltre che alcuni esempi concreti. Ne emerge un quadro complesso e vario di un mondo che, come si diceva all’inizio, è importante ma poco conosciuto nella sua interezza.

“Esempi virtuosi di innovazione sociale” – come vengono definite nelle conclusioni dell’indagine -, le comunità intraprendenti assumo un aspetto e un ruolo nuovi come portatrici di una diversa cultura sociale e del produrre.

Viene scritto nelle conclusioni: “Appare evidente, come le diverse esperienze incrocino molteplici settori di intervento che variano a seconda dei bisogni e delle risorse delle singole comunità e riescono a tenere insieme azioni di tipo culturale, sociale, economico, ma anche politico. Oltre a ciò, è possibile identificare le Comunità Intraprendenti descritte nel Rapporto come efficienti strumenti di attivazione e rafforzamento del capitale sociale dei territori”. In altri termini, un mondo promettente ma appena scoperto che deve essere ancora ben esplorato.

Le comunità intraprendenti in Italia

AA.VV.

Euricse Research Report, 023/22

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