Cosa resta oggi di Torino. Un reportage in 15 dialoghi sul futuro.
Da “città imperiale” a “città operaia” fino all’odierna “città laboratorio”. Torino, più di altre realtà italiane, ha attraversato momenti storici e mutazioni socioeconomiche che ne hanno fatto un osservatorio molto interessante di dinamiche politiche, produttive, culturali e sociali della contemporaneità. Capitale del Regno d’Italia, centro del boom economico e dell’immigrazione dal Mezzogiorno; testimone dei quartieri operai, della grande industria; palcoscenico di contestazioni; promotrice della rigenerazione post-industriale.
Ma oggi? Qual è il futuro che si prepara all’ombra della Mole? Le sperimentazioni sociali, le start-up, l’automotive e l’aerospazio?
Andrea Zaghi raccoglie e mette in dialogo quindici testimonianze di chi lavora nelle imprese e di chi ha a che fare con la cultura, la solidarietà, i contesti giovanili, l’istruzione e la formazione, la ricerca, l’ambiente, le infrastrutture, e molto altro ancora.
Torino, città futura (edito da Il Mulino con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo) tratteggia da un lato una Torino che non c’è più e, dall’altro, una Torino che non c’è ancora. Ciò che sta nel mezzo è la città d’oggi: non più industriale, non più imperiale, non più esuberante né “in movimento”.
C’è chi ricorda con nostalgia il passato fervore culturale, artistico e manifatturiero e, al contempo, chi evidenzia come le Olimpiadi del 2006 abbiano segnato uno spartiacque decisivo dopo il quale la città manca di direzioni chiare. E così, le dicotomie hanno trovato terreno fertile per inasprirsi: centro e periferia, ricchezza e povertà, emarginazione ed élite, fabbrica e intellighenzia, la volontà di recuperare centralità nel Paese in contrasto con i mancati investimenti sui giovani talenti. Da simili polarizzazioni prendono le mosse il diffuso senso di disillusione che emerge nelle dichiarazioni degli intervistati.
Eppure, quella che il testo di Zaghi rimanda è anche l’immagine di una realtà vivace e resiliente, composta da tante storie, volti e persone. Sono i giovani, le periferie, le associazioni laiche e religiose che dal basso fanno sistema per scuotere e risvegliare il territorio a partire dalla green economy, dalla cultura, dalla digitalizzazione, dalla riurbanizzazione e dalle infrastrutture. L’unica vera ricchezza da tesaurizzare è il capitale umano riscattato dalle periferie, dagli emarginati, dalla formazione, dal fare rete, dall’«avere delle antenne pensanti sparse per le sue vie» per ascoltare e per riscoprire l’immaginazione, il coraggio di rompere gli schemi, l’apertura verso gli altri. Come sottolinea Francesco Profumo nella prefazione, il testo di Zaghi «contiene una serie di suggestioni e indicazioni che possono fare in modo, se ascoltate e sviluppate, di dare davvero a questa città un futuro diverso dall’oggi, un futuro migliore di oggi».
Torino, città futura
Andrea Zaghi
Edizioni Il Mulino, 2021
Da “città imperiale” a “città operaia” fino all’odierna “città laboratorio”. Torino, più di altre realtà italiane, ha attraversato momenti storici e mutazioni socioeconomiche che ne hanno fatto un osservatorio molto interessante di dinamiche politiche, produttive, culturali e sociali della contemporaneità. Capitale del Regno d’Italia, centro del boom economico e dell’immigrazione dal Mezzogiorno; testimone dei quartieri operai, della grande industria; palcoscenico di contestazioni; promotrice della rigenerazione post-industriale.
Ma oggi? Qual è il futuro che si prepara all’ombra della Mole? Le sperimentazioni sociali, le start-up, l’automotive e l’aerospazio?
Andrea Zaghi raccoglie e mette in dialogo quindici testimonianze di chi lavora nelle imprese e di chi ha a che fare con la cultura, la solidarietà, i contesti giovanili, l’istruzione e la formazione, la ricerca, l’ambiente, le infrastrutture, e molto altro ancora.
Torino, città futura (edito da Il Mulino con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo) tratteggia da un lato una Torino che non c’è più e, dall’altro, una Torino che non c’è ancora. Ciò che sta nel mezzo è la città d’oggi: non più industriale, non più imperiale, non più esuberante né “in movimento”.
C’è chi ricorda con nostalgia il passato fervore culturale, artistico e manifatturiero e, al contempo, chi evidenzia come le Olimpiadi del 2006 abbiano segnato uno spartiacque decisivo dopo il quale la città manca di direzioni chiare. E così, le dicotomie hanno trovato terreno fertile per inasprirsi: centro e periferia, ricchezza e povertà, emarginazione ed élite, fabbrica e intellighenzia, la volontà di recuperare centralità nel Paese in contrasto con i mancati investimenti sui giovani talenti. Da simili polarizzazioni prendono le mosse il diffuso senso di disillusione che emerge nelle dichiarazioni degli intervistati.
Eppure, quella che il testo di Zaghi rimanda è anche l’immagine di una realtà vivace e resiliente, composta da tante storie, volti e persone. Sono i giovani, le periferie, le associazioni laiche e religiose che dal basso fanno sistema per scuotere e risvegliare il territorio a partire dalla green economy, dalla cultura, dalla digitalizzazione, dalla riurbanizzazione e dalle infrastrutture. L’unica vera ricchezza da tesaurizzare è il capitale umano riscattato dalle periferie, dagli emarginati, dalla formazione, dal fare rete, dall’«avere delle antenne pensanti sparse per le sue vie» per ascoltare e per riscoprire l’immaginazione, il coraggio di rompere gli schemi, l’apertura verso gli altri. Come sottolinea Francesco Profumo nella prefazione, il testo di Zaghi «contiene una serie di suggestioni e indicazioni che possono fare in modo, se ascoltate e sviluppate, di dare davvero a questa città un futuro diverso dall’oggi, un futuro migliore di oggi».
Torino, città futura
Andrea Zaghi
Edizioni Il Mulino, 2021