Cultura d’impresa e cultura di territorio
La vittoria di un’impresa dipende anche dal contesto geografico in cui è localizzata. Di più: dipende dal territorio che la circonda. Stimoli e ostacoli locali influiscono in modo rilevante sulla produttività e sulla ricchezza delle aziende e delle persone che vi lavorano. E quindi, alla fine, sui risultati.
“Le cento Italie della competitività. La dimensione territoriale della produttività delle imprese”, un volume stampato qualche settimana fa da Rubbettino, costituisce un buon manuale per capire meglio i legami fra territorio e impresa, fra condizioni locali e risultati in termini di produttività aziendale.
Non si tratta solamente di una indagine teorica. Ad essere scandagliate sono state anche 61.498 imprese – appartenenti al solo comparto manifatturiero – per il periodo 2001-2010.
I tre autori (S. Manzocchi, B. Quintieri, G. Santoni), hanno dapprima distinto tra le componenti della produttività interne all’impresa e quelle dovute a specifici fattori esterni presenti sul territorio dove l’impresa opera (credito, capitale umano, tasso di criminalità, infrastrutture, ecc.). Attraverso ulteriori affinamenti dell’indagine, il volume arriva a dimostrare come, nei primi dieci anni del XXI secolo, “le imprese operanti in aree urbane siano divenute più produttive della media nazionale”: a parità di altre condizioni, la loro produttività supera di circa il 7% quella media italiana. Un dato che non ha nulla a che vedere con le caratteristiche del settore di appartenenza, ma solo con il territorio in termini generali. “Nessun effetto significativo – viene spiegato -, si riscontra per l’appartenenza a uno dei tradizionali distretti: il che non significa che questi non funzionino più, ma che la spinta propulsiva in termini di produttività totale dei fattori si è andata affievolendo. In sintesi, dal confronto fra distretti, aree dove l’attività economica è altamente specializzata in alcuni settori ben identificati, e aree urbane dove l’attività economica si concentra sul territorio ma ramificandosi in molti comparti, sembrerebbe che i primi stiano cedendo il loro vantaggio competitivo a vantaggio delle città”.
Il mito del distretto parrebbe quindi frantumarsi, ma soprattutto emerge l’importanza per le imprese della diversificazione, della possibilità di cogliere stimoli diversi, della multidisciplinarietà che prendere il posto della specializzazione a tutti i costi. Si passa da una cultura monolitica ad una cultura multiforme.
Le cento Italie della competitività. La dimensione territoriale della produttività delle imprese
S. Manzocchi, B. Quintieri, G. Santoni
Rubbettino, ottobre 2013
La vittoria di un’impresa dipende anche dal contesto geografico in cui è localizzata. Di più: dipende dal territorio che la circonda. Stimoli e ostacoli locali influiscono in modo rilevante sulla produttività e sulla ricchezza delle aziende e delle persone che vi lavorano. E quindi, alla fine, sui risultati.
“Le cento Italie della competitività. La dimensione territoriale della produttività delle imprese”, un volume stampato qualche settimana fa da Rubbettino, costituisce un buon manuale per capire meglio i legami fra territorio e impresa, fra condizioni locali e risultati in termini di produttività aziendale.
Non si tratta solamente di una indagine teorica. Ad essere scandagliate sono state anche 61.498 imprese – appartenenti al solo comparto manifatturiero – per il periodo 2001-2010.
I tre autori (S. Manzocchi, B. Quintieri, G. Santoni), hanno dapprima distinto tra le componenti della produttività interne all’impresa e quelle dovute a specifici fattori esterni presenti sul territorio dove l’impresa opera (credito, capitale umano, tasso di criminalità, infrastrutture, ecc.). Attraverso ulteriori affinamenti dell’indagine, il volume arriva a dimostrare come, nei primi dieci anni del XXI secolo, “le imprese operanti in aree urbane siano divenute più produttive della media nazionale”: a parità di altre condizioni, la loro produttività supera di circa il 7% quella media italiana. Un dato che non ha nulla a che vedere con le caratteristiche del settore di appartenenza, ma solo con il territorio in termini generali. “Nessun effetto significativo – viene spiegato -, si riscontra per l’appartenenza a uno dei tradizionali distretti: il che non significa che questi non funzionino più, ma che la spinta propulsiva in termini di produttività totale dei fattori si è andata affievolendo. In sintesi, dal confronto fra distretti, aree dove l’attività economica è altamente specializzata in alcuni settori ben identificati, e aree urbane dove l’attività economica si concentra sul territorio ma ramificandosi in molti comparti, sembrerebbe che i primi stiano cedendo il loro vantaggio competitivo a vantaggio delle città”.
Il mito del distretto parrebbe quindi frantumarsi, ma soprattutto emerge l’importanza per le imprese della diversificazione, della possibilità di cogliere stimoli diversi, della multidisciplinarietà che prendere il posto della specializzazione a tutti i costi. Si passa da una cultura monolitica ad una cultura multiforme.
Le cento Italie della competitività. La dimensione territoriale della produttività delle imprese
S. Manzocchi, B. Quintieri, G. Santoni
Rubbettino, ottobre 2013