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Diversità al lavoro

Una ricerca scritta a più mani mette in luce il ruolo delle differenze nell’organizzazione della produzione e nelle reti d’impresa

Pare accertato: un ambiente di lavoro e un’organizzazione della produzione che favoriscono lo scambio di esperienze e di opinioni, è ciò che ci vuole per la crescita dell’impresa. Diversità e fantasia al banco di lavoro. Che vuol dire anche flessibilità maggiore, capacità di reagire più efficacemente ai cambiamenti, velocità e prontezza. Se queste sono alcune delle caratteristiche dell’impresa forte, occorre però guardare meglio dentro la scatola organizzativa per capire di più della realtà

E’ quello che, da un particolare punto di vista, hanno fatto John W. Upson (del Richards College of Business, University of West Georgia, USA), Naga Lakshmi Damaraju (della  Indian School of Business, Gachibowli, Hyderabad, Telangana, India), insieme a Jonathan R. Andersonn (della Richards College of Business, University of West Georgia, USA), ed a Jay B. Barney (David Eccles School of Business, University of Utah).

Nell’articolo apparso qualche settimana fa sull’European Management Journal, questi ricercatori partono da un assunto: oggi la diversità all’interno delle reti strategiche d’impresa viene vista di buon occhio e presentata come fonte di idee e opportunità. Ma le reti si possono sempre ingarbugliare se non sono ben gestite; e la diversità può creare disordine, sempre tenendo conto che ci possono essere gradi e tipologie differenti nella diversità stessa.

Partendo dalla letteratura a disposizione e delle indicazioni della psicologia cognitiva, gli autori di “Strategic networks of discovery and creation entrepreneurs” spiegano che in realtà il livello di diversità nelle reti strategiche imprenditoriali varia a seconda della natura delle opportunità imprenditoriali, del contesto e del livello di competizione. Si delineano così culture d’impresa differenti, tutte degne di essere colte e comprese.

Gli autori quindi individuano due casi possibili. Il primo viene indicato come “contesto della scoperta” nel quale gli imprenditori tendono ad utilizzare le reti di legami con individui che sono relativamente simili a loro stessi. Si scopre, in altre parole, quello che in realtà esiste già. Il secondo caso possibile viene indicato come “contesto della creazione”, nel quale si tende ad usare i legami di rete con persone che sono relativamente diverse dall’imprenditore. E’ qui che la diversità gioca un ruolo più importante. Con tutti le sollecitazioni e i problemi che comunque la ricerca dell’effettivamente nuovo può comportare.

Tutto poi cambia ancora – viene sottolineato -, a seconda della “materia” e del “settore” nel quale l’impresa si muove.

Strategic networks of discovery and creation entrepreneurs” è una buona lettura per comprendere meglio i sottili legami fra organizzazione d’impresa, sue componenti e risultati finali.

Strategic networks of discovery and creation entrepreneurs

John W. Upson, Naga Lakshmi Damaraju,  Jonathan R. Andersonn, Jay B. Barney

European Management Journal, online 30 January 2017

Una ricerca scritta a più mani mette in luce il ruolo delle differenze nell’organizzazione della produzione e nelle reti d’impresa

Pare accertato: un ambiente di lavoro e un’organizzazione della produzione che favoriscono lo scambio di esperienze e di opinioni, è ciò che ci vuole per la crescita dell’impresa. Diversità e fantasia al banco di lavoro. Che vuol dire anche flessibilità maggiore, capacità di reagire più efficacemente ai cambiamenti, velocità e prontezza. Se queste sono alcune delle caratteristiche dell’impresa forte, occorre però guardare meglio dentro la scatola organizzativa per capire di più della realtà

E’ quello che, da un particolare punto di vista, hanno fatto John W. Upson (del Richards College of Business, University of West Georgia, USA), Naga Lakshmi Damaraju (della  Indian School of Business, Gachibowli, Hyderabad, Telangana, India), insieme a Jonathan R. Andersonn (della Richards College of Business, University of West Georgia, USA), ed a Jay B. Barney (David Eccles School of Business, University of Utah).

Nell’articolo apparso qualche settimana fa sull’European Management Journal, questi ricercatori partono da un assunto: oggi la diversità all’interno delle reti strategiche d’impresa viene vista di buon occhio e presentata come fonte di idee e opportunità. Ma le reti si possono sempre ingarbugliare se non sono ben gestite; e la diversità può creare disordine, sempre tenendo conto che ci possono essere gradi e tipologie differenti nella diversità stessa.

Partendo dalla letteratura a disposizione e delle indicazioni della psicologia cognitiva, gli autori di “Strategic networks of discovery and creation entrepreneurs” spiegano che in realtà il livello di diversità nelle reti strategiche imprenditoriali varia a seconda della natura delle opportunità imprenditoriali, del contesto e del livello di competizione. Si delineano così culture d’impresa differenti, tutte degne di essere colte e comprese.

Gli autori quindi individuano due casi possibili. Il primo viene indicato come “contesto della scoperta” nel quale gli imprenditori tendono ad utilizzare le reti di legami con individui che sono relativamente simili a loro stessi. Si scopre, in altre parole, quello che in realtà esiste già. Il secondo caso possibile viene indicato come “contesto della creazione”, nel quale si tende ad usare i legami di rete con persone che sono relativamente diverse dall’imprenditore. E’ qui che la diversità gioca un ruolo più importante. Con tutti le sollecitazioni e i problemi che comunque la ricerca dell’effettivamente nuovo può comportare.

Tutto poi cambia ancora – viene sottolineato -, a seconda della “materia” e del “settore” nel quale l’impresa si muove.

Strategic networks of discovery and creation entrepreneurs” è una buona lettura per comprendere meglio i sottili legami fra organizzazione d’impresa, sue componenti e risultati finali.

Strategic networks of discovery and creation entrepreneurs

John W. Upson, Naga Lakshmi Damaraju,  Jonathan R. Andersonn, Jay B. Barney

European Management Journal, online 30 January 2017

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