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E adesso arriva il Piq, prodotto interno di qualità

Si chiama Piq. E cioè prodotto interno qualità. E a differenza del Pil misura non tanto la ricchezza comunque prodotta dal sistema Paese, quanto la produzione di beni e servizi legata “alla qualità del contesto sociale e ambientale, alla legalità, alla valorizzazione dei territori e delle comunità”. La bella definizione è di Ermete Realacci, leader di Symbola (“Il Sole 24Ore”, 18 dicembre), che con Unioncamere, analizza la “green economy” e la “soft economy”, e cioè l’incrocio virtuoso tra manifattura appunto di qualità e i servizi ad alta tecnologia: un vero e proprio punto di forza, un grande vantaggio competitivo del nostro Paese, legando hi tech, banda larga e saperi artigianali, senso storico della bellezza e innovazione. L’effetto? Stimolo all’export. E alla crescita generale. Per uscire dalla crisi, sostiene Realacci, ci vuole una vera e propria svolta di pensiero, una nuova cultura d’impresa, l’elaborazione di nuovi paradigmi di produzione e di consumo (per dirla con Einstein, “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”). Qualità e sostenibilità sociale e ambientale, dunque. E nuovi indicatori: il Piq, al posto del Pil. Guardando i numeri, si scopre che il Prodotto interno di qualità ha raggiunto un valore di 460 miliardi, vale circa il 47,9% del Pil e addirittura il 56,2% nelle regioni del Nord Ovest, le più industrializzate, internazionalizzate, aperte ai mercati (qualità come asset stategico della competitività). Sostiene Realacci: “Sono in genere più vocate alla produzione di qualità le regioni che risultano più forti nell’industria culturale, nella creazione di economia connessa alla cultura”. I settori? L’industria agro-alimentare, la chimica “verde”, la meccanica d’avanguardia arricchita da un ottimo design delle macchine e da processi produttivi a forte risparmio d’acqua e di energia, etc. “Industria è cultura”, come si usa dire in Fondazione Pirelli. E da questa consapevolezza insieme antica e contemporanea dipende appunto il nostro sviluppo. Di qualità.

Si chiama Piq. E cioè prodotto interno qualità. E a differenza del Pil misura non tanto la ricchezza comunque prodotta dal sistema Paese, quanto la produzione di beni e servizi legata “alla qualità del contesto sociale e ambientale, alla legalità, alla valorizzazione dei territori e delle comunità”. La bella definizione è di Ermete Realacci, leader di Symbola (“Il Sole 24Ore”, 18 dicembre), che con Unioncamere, analizza la “green economy” e la “soft economy”, e cioè l’incrocio virtuoso tra manifattura appunto di qualità e i servizi ad alta tecnologia: un vero e proprio punto di forza, un grande vantaggio competitivo del nostro Paese, legando hi tech, banda larga e saperi artigianali, senso storico della bellezza e innovazione. L’effetto? Stimolo all’export. E alla crescita generale. Per uscire dalla crisi, sostiene Realacci, ci vuole una vera e propria svolta di pensiero, una nuova cultura d’impresa, l’elaborazione di nuovi paradigmi di produzione e di consumo (per dirla con Einstein, “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”). Qualità e sostenibilità sociale e ambientale, dunque. E nuovi indicatori: il Piq, al posto del Pil. Guardando i numeri, si scopre che il Prodotto interno di qualità ha raggiunto un valore di 460 miliardi, vale circa il 47,9% del Pil e addirittura il 56,2% nelle regioni del Nord Ovest, le più industrializzate, internazionalizzate, aperte ai mercati (qualità come asset stategico della competitività). Sostiene Realacci: “Sono in genere più vocate alla produzione di qualità le regioni che risultano più forti nell’industria culturale, nella creazione di economia connessa alla cultura”. I settori? L’industria agro-alimentare, la chimica “verde”, la meccanica d’avanguardia arricchita da un ottimo design delle macchine e da processi produttivi a forte risparmio d’acqua e di energia, etc. “Industria è cultura”, come si usa dire in Fondazione Pirelli. E da questa consapevolezza insieme antica e contemporanea dipende appunto il nostro sviluppo. Di qualità.

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