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Ecco la riforma per gli Its: formazione high tech per lavoro ai giovani e competitività delle imprese

Tra le eredità più significative del governo Draghi c’è la riforma degli Its, gli Istituti Tecnologi Superiori, strutture formative indispensabili per venire incontro alle esigenze di lavoro qualificato delle imprese nel mondo della digital economy. La legge è stata definitivamente approvata a metà luglio dalla Camera dei deputati, all’unanimità. Adesso, per essere compiutamente operativa, ha bisogno di 19 provvedimenti di attuazione, tra cui 17 decreti, con il concorso di più ministeri e delle regioni. E la speranza è che l’inopportuna crisi di governo e le tensioni di una campagna elettorale tanto breve quanto carica di polemiche e scontri non rallenti scelte politiche e amministrative indispensabili per dare risposte di lavoro e carriera a migliaia di ragazze e ragazzi e garantire alle imprese, proprio in una situazione economica così difficile, a un passo dalla recessione, competenze indispensabili a reggere la concorrenza, stare sul mercato, crescere.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e i tecnici del ministero, la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini e i responsabili della Conferenza delle Regioni sono al lavoro per evitare blocchi. Varrà la pena seguirne il lavoro e sostenerne la tempestiva attività.

La legge, dunque. I finanziamenti pubblici (con un fondo apposito da 48,3 milioni a partire dal 2022 e con i fondi del Pnrr, 1,5 miliardi in cinque anni) saranno legati a una programmazione triennale, per dare stabilità all’offerta formativa e premieranno la qualità dei percorsi (niente finanziamenti a pioggia, dunque, tanto cari a una deriva egualitarista che da troppo tempo deprime l’istruzione).

Le aziende saranno il cardine degli Its Academy (fin dal nome, Academy appunto, che richiama le strutture formative d’impresa), con docenti che vengono dal mondo per lavoro “per almeno il 60% del monte ore complessivo”. Stage e tirocini aziendali dovranno rappresentare “almeno il 35%” del percorso di formazione e potranno essere svolti anche all’estero, con borse di studio. La presidenza di ognuna delle Fondazioni Its sarà espressione delle imprese fondatrici e partecipanti. E per le imprese che investono negli Its è previsto un credito d’imposta del 30%, che sale al 60% nelle province con maggior tasso di disoccupazione.

La legge apre anche agli Its multi-regionali e multi-settoriali, seguendo così le tendenze del mondo produttivo a organizzarsi per reti e filiere che investono territori e specializzazioni diverse e convergenti. E adesso bisognerà (con i provvedimenti di attuazione) definire anche le nuove aree tecnologiche di formazione (ferme sinora al 2008) secondo le più aggiornate dimensioni produttive della chimica e della meccatronica, delle scienze della vita, della cybersecurity, delle tante applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, etc.

E’ “un rilancio decisivo per agganciare innovazione e ripresa”, commenta Giovanni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria per il Capitale Umano, imprenditore tessile nella dinamica area industriale di Varese, anni di impegno dedicati appunto a promuovere la formazione professionale di alto livello (compresi i corsi della Liuc, la Libera Università di Castellanza). E “finalmente, dal boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, le imprese tornano centrali come luoghi di formazione per i nostri giovani, co-progettando i percorsi di specializzazione e fornendo i propri esperti come tutor” (Il Sole24Ore, 13 luglio).

La previsione è che si cresca rapidamente, dagli attuali 121 Its con 21mila studenti a dimensioni molto più corpose. Dando risposte sia al mondo economico che agli studenti e alle loro famiglie: in media, l’80% delle ragazze e dei ragazzi che escono da un Its trovano lavoro nell’arco di un anno (con punte del 100% nei territori di maggiore e più sofisticata industrializzazione) e nel 91% dei casi proprio nel loro settore di specializzazione.

C’è ancora un altro aspetto della riforma, da sottolineare: “La formula flessibile degli Its, capace di continui adattamenti: se tra quattro anni, per esempio, cambia l’industria, allora si aggiornano rapidamente i percorsi e si iniziano subito a formare le nuove competenze necessarie”, spiega Brugnoli.

Ecco il punto chiave della riforma: perché l’industria manifatturiera italiana possa continuare a competere in mercati sempre più esigenti, anche nella stagione della “riglobalizzazione selettiva” (“Reinventing globalisation”, ha titolato in copertina “The Economist” del 18 giugno), sono indispensabili risorse umane in grado di essere a proprio agio con le trasformazioni tecnologiche, ibridando conoscenze e competenze diverse. Serve dunque una formazione high tech capace di aggiornamento e miglioramento continui (“Imparare a imparare”, dicono gli esperti) su una base tecnologica e scientifica di livello e con un rapporto stretto con i processi di lavoro.

Gli Its e i corsi Stem delle università (science, technology, engineering, mathematics, cui andrebbe aggiunta la a di arts, i saperi umanistici, diventando così Steam) sono gli strumenti indispensabili. Come indica, peraltro, il Pnrr, secondo le prescrizioni del Recovery Fund Next Generation Eu. Un punto fermo delle possibilità di sviluppo. Da difendere e tradurre severamente in investimenti e riforme, anche e soprattutto in questi durissimi tempi di crisi.

(foto Getty images)

Tra le eredità più significative del governo Draghi c’è la riforma degli Its, gli Istituti Tecnologi Superiori, strutture formative indispensabili per venire incontro alle esigenze di lavoro qualificato delle imprese nel mondo della digital economy. La legge è stata definitivamente approvata a metà luglio dalla Camera dei deputati, all’unanimità. Adesso, per essere compiutamente operativa, ha bisogno di 19 provvedimenti di attuazione, tra cui 17 decreti, con il concorso di più ministeri e delle regioni. E la speranza è che l’inopportuna crisi di governo e le tensioni di una campagna elettorale tanto breve quanto carica di polemiche e scontri non rallenti scelte politiche e amministrative indispensabili per dare risposte di lavoro e carriera a migliaia di ragazze e ragazzi e garantire alle imprese, proprio in una situazione economica così difficile, a un passo dalla recessione, competenze indispensabili a reggere la concorrenza, stare sul mercato, crescere.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e i tecnici del ministero, la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini e i responsabili della Conferenza delle Regioni sono al lavoro per evitare blocchi. Varrà la pena seguirne il lavoro e sostenerne la tempestiva attività.

La legge, dunque. I finanziamenti pubblici (con un fondo apposito da 48,3 milioni a partire dal 2022 e con i fondi del Pnrr, 1,5 miliardi in cinque anni) saranno legati a una programmazione triennale, per dare stabilità all’offerta formativa e premieranno la qualità dei percorsi (niente finanziamenti a pioggia, dunque, tanto cari a una deriva egualitarista che da troppo tempo deprime l’istruzione).

Le aziende saranno il cardine degli Its Academy (fin dal nome, Academy appunto, che richiama le strutture formative d’impresa), con docenti che vengono dal mondo per lavoro “per almeno il 60% del monte ore complessivo”. Stage e tirocini aziendali dovranno rappresentare “almeno il 35%” del percorso di formazione e potranno essere svolti anche all’estero, con borse di studio. La presidenza di ognuna delle Fondazioni Its sarà espressione delle imprese fondatrici e partecipanti. E per le imprese che investono negli Its è previsto un credito d’imposta del 30%, che sale al 60% nelle province con maggior tasso di disoccupazione.

La legge apre anche agli Its multi-regionali e multi-settoriali, seguendo così le tendenze del mondo produttivo a organizzarsi per reti e filiere che investono territori e specializzazioni diverse e convergenti. E adesso bisognerà (con i provvedimenti di attuazione) definire anche le nuove aree tecnologiche di formazione (ferme sinora al 2008) secondo le più aggiornate dimensioni produttive della chimica e della meccatronica, delle scienze della vita, della cybersecurity, delle tante applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, etc.

E’ “un rilancio decisivo per agganciare innovazione e ripresa”, commenta Giovanni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria per il Capitale Umano, imprenditore tessile nella dinamica area industriale di Varese, anni di impegno dedicati appunto a promuovere la formazione professionale di alto livello (compresi i corsi della Liuc, la Libera Università di Castellanza). E “finalmente, dal boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, le imprese tornano centrali come luoghi di formazione per i nostri giovani, co-progettando i percorsi di specializzazione e fornendo i propri esperti come tutor” (Il Sole24Ore, 13 luglio).

La previsione è che si cresca rapidamente, dagli attuali 121 Its con 21mila studenti a dimensioni molto più corpose. Dando risposte sia al mondo economico che agli studenti e alle loro famiglie: in media, l’80% delle ragazze e dei ragazzi che escono da un Its trovano lavoro nell’arco di un anno (con punte del 100% nei territori di maggiore e più sofisticata industrializzazione) e nel 91% dei casi proprio nel loro settore di specializzazione.

C’è ancora un altro aspetto della riforma, da sottolineare: “La formula flessibile degli Its, capace di continui adattamenti: se tra quattro anni, per esempio, cambia l’industria, allora si aggiornano rapidamente i percorsi e si iniziano subito a formare le nuove competenze necessarie”, spiega Brugnoli.

Ecco il punto chiave della riforma: perché l’industria manifatturiera italiana possa continuare a competere in mercati sempre più esigenti, anche nella stagione della “riglobalizzazione selettiva” (“Reinventing globalisation”, ha titolato in copertina “The Economist” del 18 giugno), sono indispensabili risorse umane in grado di essere a proprio agio con le trasformazioni tecnologiche, ibridando conoscenze e competenze diverse. Serve dunque una formazione high tech capace di aggiornamento e miglioramento continui (“Imparare a imparare”, dicono gli esperti) su una base tecnologica e scientifica di livello e con un rapporto stretto con i processi di lavoro.

Gli Its e i corsi Stem delle università (science, technology, engineering, mathematics, cui andrebbe aggiunta la a di arts, i saperi umanistici, diventando così Steam) sono gli strumenti indispensabili. Come indica, peraltro, il Pnrr, secondo le prescrizioni del Recovery Fund Next Generation Eu. Un punto fermo delle possibilità di sviluppo. Da difendere e tradurre severamente in investimenti e riforme, anche e soprattutto in questi durissimi tempi di crisi.

(foto Getty images)

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