“Fare volare Milano”, tra manifattura, ricerca e cultura
“Far volare Milano”, è lo slogan di Assolombarda, per riassumere il senso della strategia d’impegno del presidente Gianfelice Rocca e della squadra di presidenza dell’associazione (la più grande e importante struttura territoriale di Confindustria). E dunque rafforzarne il ruolo di motore principale della crescita dell’intero “sistema Italia”. Programma ambizioso, ma anche molto pragmatico, sulla scorta di 50 progetti che parlano di sviluppo dell’industria (la manifattura in Lombardia vale il 27,7% del Pil, dieci punti in più della media nazionale e dunque già ben oltre l’obiettivo del 20% indicato dalla Ue per il 2020) e potenziamento dei servizi da rendere più competitivi, di credito per le imprese al di là della tradizionale relazione con il sistema bancario, di “fisco amico” e di semplificazione legislativa e burocratica e dunque anche di efficienza ed efficacia della giustizia, di tutela della legalità contro le infiltrazioni della criminalità organizzata (una distorsione del mercato, una concorrenza che brucia civiltà e ricchezza), di attrazione degli investimenti internazionali e di energia meno cara, di responsabilità sociale e di sicurezza sul lavoro, di efficienza delle reti digitali, di formazione legata alle esigenze delle imprese e di ricerca e diffusione delle nuove tecnologie. Non un elenco di vaghi impegni. Ma un vero e proprio piano di iniziative, dal 2014 al 2016, con scadenze, tappe intermedie, strumenti per misurarne l’attuazione e l’efficacia. L’impresa, appunto, è soggetto sociale connotato dalla concretezza.
La cultura d’impresa, per sua natura, è competitiva e contemporaneamente inclusiva. Vive d’innovazione, nell’accezione più ampia del termine (prodotti e produzioni, nuovi materiali e relazioni industriali, linguaggi e strumenti di governance). E cresce innervando sistemi di dialogo e confronto tra industria, servizi, centri di ricerca, scuole e università, pubbliche amministrazioni. Lavora per progetti. Costruisce sintesi. La strategia di Assolombarda ne è un ottimo esempio. Presentata la scorsa settimana (dopo un lungo lavoro di analisi e costruzione delle proposte) ha ricevuto subito il consenso di attori istituzionali (il Comune di Milano) ed economici (la Camera di Commercio), aprendo la strada di un dialogo più ampio e costruttivo. Non il solito “tavolo” dei buoni propositi. Ma un impegno a fare crescere Milano con l’occhio rivolto all’Expo 2015 e al dopo Expo.
Di che città si sta parlando? Di una “Milano politecnica” che, forte delle sue tradizioni, incorpora conoscenza e produzione, ricerca pura e ricerca applicata, formazione, creatività e comunicazione. Di una Milano metropolitana, simile alla citta ampia e addirittura “infinita” come dicono i sociologhi come Martinotti e Bonomi, su un’area che dal Nord Ovest guarda verso il resto della Lombardia, il Nord Est, l’Emilia e l’intero Paese. E di una Milano che recupera e rilancia la sua vocazione internazionale. La competizione, infatti, avviene tra sistemi territoriali, non più solo tra imprese. E Milano deve imparare a confrontarsi con Monaco e la Baviera, con Barcellona e la creativa e industriale Catalogna (che sta dinamicamente uscendo dalla crisi, prima e meglio del resto della Spagna), con Lione e l’area francese che costruisce reti d’eccellenza hi tech.
E’ una competizione possibile. Perché proprio la Milano metropoli di cui si parla può vantare un sistema di università pubbliche e private di qualità (Politecnico e Bocconi sono ai primi posti nei ranking internazionali), di ottimi centri di ricerca, di un capitale umano che, anche secondo i parametri Pisa (Programme for International Student Assessment) vede la Lombardia al pari e meglio della Svizzera, per competenze scientifiche degli studenti, comunque ben al di sopra della media Ocse, di una serie di primati per la ricerca scientifica nel settore delle “life sciences”. La sintesi tra manifattura, finanza, servizi hi tech, creatività, cultura (dall’editoria alla musica, dal teatro all’arte contemporanea), organizzazioni per la coesione sociale fa già adesso di Milano una “locomotiva” della crescita. Ne vanno liberate le energie. Mettendo le imprese al centro di programmi di sviluppo sostenibile, ambientalmente e socialmente. E rivendicando un sistema di infrastrutture, materiali e immateriali, che consentano alla macchina economica di sfruttare tutte le potenzialità. Milano “hub della conoscenza”. Di nuovo attrattiva per le imprese internazionali. E impegnata a essere una “start up town”, luogo fisico e culturale in cui stimolare le imprese nuove, più innovative.
Milano, da tutti questi punti di vista, è una “società aperta”, per usare l’affascinante schema di Karl Popper. Ancora vitale, nonostante tutti i “lacci e laccioli” che ne imbrigliano la forza, la dinamicità. Può andare avanti. E trainare l’Italia, con i piedi ben saldi dentro l’Europa.
“Far volare Milano”, è lo slogan di Assolombarda, per riassumere il senso della strategia d’impegno del presidente Gianfelice Rocca e della squadra di presidenza dell’associazione (la più grande e importante struttura territoriale di Confindustria). E dunque rafforzarne il ruolo di motore principale della crescita dell’intero “sistema Italia”. Programma ambizioso, ma anche molto pragmatico, sulla scorta di 50 progetti che parlano di sviluppo dell’industria (la manifattura in Lombardia vale il 27,7% del Pil, dieci punti in più della media nazionale e dunque già ben oltre l’obiettivo del 20% indicato dalla Ue per il 2020) e potenziamento dei servizi da rendere più competitivi, di credito per le imprese al di là della tradizionale relazione con il sistema bancario, di “fisco amico” e di semplificazione legislativa e burocratica e dunque anche di efficienza ed efficacia della giustizia, di tutela della legalità contro le infiltrazioni della criminalità organizzata (una distorsione del mercato, una concorrenza che brucia civiltà e ricchezza), di attrazione degli investimenti internazionali e di energia meno cara, di responsabilità sociale e di sicurezza sul lavoro, di efficienza delle reti digitali, di formazione legata alle esigenze delle imprese e di ricerca e diffusione delle nuove tecnologie. Non un elenco di vaghi impegni. Ma un vero e proprio piano di iniziative, dal 2014 al 2016, con scadenze, tappe intermedie, strumenti per misurarne l’attuazione e l’efficacia. L’impresa, appunto, è soggetto sociale connotato dalla concretezza.
La cultura d’impresa, per sua natura, è competitiva e contemporaneamente inclusiva. Vive d’innovazione, nell’accezione più ampia del termine (prodotti e produzioni, nuovi materiali e relazioni industriali, linguaggi e strumenti di governance). E cresce innervando sistemi di dialogo e confronto tra industria, servizi, centri di ricerca, scuole e università, pubbliche amministrazioni. Lavora per progetti. Costruisce sintesi. La strategia di Assolombarda ne è un ottimo esempio. Presentata la scorsa settimana (dopo un lungo lavoro di analisi e costruzione delle proposte) ha ricevuto subito il consenso di attori istituzionali (il Comune di Milano) ed economici (la Camera di Commercio), aprendo la strada di un dialogo più ampio e costruttivo. Non il solito “tavolo” dei buoni propositi. Ma un impegno a fare crescere Milano con l’occhio rivolto all’Expo 2015 e al dopo Expo.
Di che città si sta parlando? Di una “Milano politecnica” che, forte delle sue tradizioni, incorpora conoscenza e produzione, ricerca pura e ricerca applicata, formazione, creatività e comunicazione. Di una Milano metropolitana, simile alla citta ampia e addirittura “infinita” come dicono i sociologhi come Martinotti e Bonomi, su un’area che dal Nord Ovest guarda verso il resto della Lombardia, il Nord Est, l’Emilia e l’intero Paese. E di una Milano che recupera e rilancia la sua vocazione internazionale. La competizione, infatti, avviene tra sistemi territoriali, non più solo tra imprese. E Milano deve imparare a confrontarsi con Monaco e la Baviera, con Barcellona e la creativa e industriale Catalogna (che sta dinamicamente uscendo dalla crisi, prima e meglio del resto della Spagna), con Lione e l’area francese che costruisce reti d’eccellenza hi tech.
E’ una competizione possibile. Perché proprio la Milano metropoli di cui si parla può vantare un sistema di università pubbliche e private di qualità (Politecnico e Bocconi sono ai primi posti nei ranking internazionali), di ottimi centri di ricerca, di un capitale umano che, anche secondo i parametri Pisa (Programme for International Student Assessment) vede la Lombardia al pari e meglio della Svizzera, per competenze scientifiche degli studenti, comunque ben al di sopra della media Ocse, di una serie di primati per la ricerca scientifica nel settore delle “life sciences”. La sintesi tra manifattura, finanza, servizi hi tech, creatività, cultura (dall’editoria alla musica, dal teatro all’arte contemporanea), organizzazioni per la coesione sociale fa già adesso di Milano una “locomotiva” della crescita. Ne vanno liberate le energie. Mettendo le imprese al centro di programmi di sviluppo sostenibile, ambientalmente e socialmente. E rivendicando un sistema di infrastrutture, materiali e immateriali, che consentano alla macchina economica di sfruttare tutte le potenzialità. Milano “hub della conoscenza”. Di nuovo attrattiva per le imprese internazionali. E impegnata a essere una “start up town”, luogo fisico e culturale in cui stimolare le imprese nuove, più innovative.
Milano, da tutti questi punti di vista, è una “società aperta”, per usare l’affascinante schema di Karl Popper. Ancora vitale, nonostante tutti i “lacci e laccioli” che ne imbrigliano la forza, la dinamicità. Può andare avanti. E trainare l’Italia, con i piedi ben saldi dentro l’Europa.