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Filosofi-scienziati per le aziende e l’economia digitale: un nuovo corso nelle università di Bergamo e Pavia

Eccoli, i filosofi pronti a entrare in azienda. E ad affrontare le questioni dell’economia, dell’innovazione, della produttività e, insieme, della sostenibilità ambientale e sociale, delle evoluzioni tecnologiche e della qualità della vita e del lavoro. Lavorando con gli ingegneri e i matematici, i manager della finanza e i cybertecnici, per usare al meglio tutti gli strumenti delle conoscenze politecniche della digital economy. “Philosophical knowledge: foundations, methods, applications”, si intitola il corso di laurea magistrale lanciato nelle scorse settimane dalle università di Bergamo e di Pavia, in collaborazione con lo Iuss (Istituto universitario di studi superiori pavese), il primo in Italia tutto in lingua inglese, coordinato dal professor Andrea Bottani, per fare dialogare tra loro materie umanistiche e aree di formazione scientifica e tecnologica e aprire il mercato a professionisti in grado di fare fronte alle questioni poste dall’evoluzione della “economia della conoscenza” (Corriere della Sera, 12 luglio).
“Stiamo assistendo a una sempre maggiore complessità dei fenomeni. E questo nostro nuovo corso rappresenta l’occasione per mettere a fattor comune anime disciplinari differenti e formare persone in grado di rispondere alle nuove sfide che dovremo affrontare”, sostiene Sergio Cavalieri, Rettore dell’università di Bergamo. “Vogliamo creare un legame strutturale tra il pensiero filosofico e la sua applicazione alle sfide tecnologiche, economiche e sociali”, chiarisce Francesco Svelvo, Rettore a Pavia.

La scelta didattica supera la tradizionale contrapposizione tra “le due culture”, quella umanistica e quella scientifica, che ha segnato parecchie discussioni durante il Novecento (con una grave sottovalutazione, proprio in Italia, dell’importanza e dei valori della cultura scientifica: una condizione che ancora dura, con conseguenze negative anche sul discorso pubblico e la competitività del sistema Paese). E indica una direzione corretta lungo cui fare crescere i percorsi formativi e le evoluzioni del mercato del lavoro.
Un’idea ampia e dinamica della filosofia e della conoscenza, insomma. Vengono in mente le parole dell’”Amleto” di William Shakespeare: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. Il mondo ampio della scienza, appunto. E quello dell’economia, dell’ambiente, dei nuovi lavori e dei progressi high tech.
Cosa si studierà, dunque, nel nuovo corso di “Philosophica knowledge” di Bergamo e Pavia? Metafisica, ontologia, epistemologia, etica, filosofia della scienza, della matematica, della logica e della mente ma anche robotica, Intelligenza Artificiale, neuroscienze, economia, gestione aziendale. E accanto agli insegnamenti dei docenti dei due atenei, ci saranno quelli degli invited professors dalle università di Cambridge, Friburgo, Zurigo e dalla Columbia di New York: “Dimensione europea, target internazionale”, commenta il coordinatore del corso Bottani. Con una collaborazione intensa – ecco un altro punto qualificante – con le imprese, grazie al dialogo con Confindustria Bergamo e a una serie di laboratori didattici legati al mondo del lavoro.

Da tempo, anche in Italia, in strutture formativa d’avanguardia per la didattica e la ricerca, come i Politecnici di Milano e di Torino, la filosofia e altre discipline umanistiche sono ben integrate nei corsi di studi, all’insegna di un’efficace multidisciplinarietà. E nello stesso segno si muovono le scelte didattiche dell’Università Humanitas milanese per formare medici-ingegneri, dando risposte alle esigenze di una sempre maggiore e migliore integrazione dei saperi.
C’è, infatti, una dimensione italiana, molto originale, di affrontare la questione della qualità delle discipline Stem (l’acronimo che indica le lauree in science, technology, engineering e mathematics): parlare di Steam, aggiungendo a quelle specializzazioni la a di arts, le conoscenze umanistiche. Un’indicazione su cui, per esempio, già una decine di anni fa, si era impegnata l’Assolombarda, all’epoca presieduta da Gianfelice Rocca e che ha continuato a ispirare il dibattito sulla qualità della formazione applicata al mondo delle imprese e all’evoluzione dell’economia e delle tecnologie.
La questione è di strettissima attualità. Chi organizza, guida, definisce la governance dei processi legati agli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale? Chi ne gestisce la complessità per continuare a garantire il primato della persona umana? Chi ne scrive e ne aggiorna gli algoritmi (ne abbiamo parlato nel blog del 27 giugno)? Non solo gli ingegneri e i matematici, ma anche i filosofi, i cyberscienziati, i neuropsichiatri, gli economisti, i sociologi, i giuristi e i letterati.
Competenze e conoscenze diverse, punti di vista da rendere sempre più fertili di futuro proprio grazie agli incroci e alle collaborazioni. Perché un algoritmo deve tenere conto di significati molteplici, questioni di senso, temi etici e sociali, regole e intrecci tra diritti e doveri. Intelligenza artificiale in mani umane. Con la consapevolezza umanissima del senso del limite. E l’ambizione di voler andare avanti, per “rendere chiara la notte della scienza”, parafrasando le parole della “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht. Adesso, quella “notte chiara” si intravvede anche da Bergamo e Pavia.

(foto Getty Images)

Eccoli, i filosofi pronti a entrare in azienda. E ad affrontare le questioni dell’economia, dell’innovazione, della produttività e, insieme, della sostenibilità ambientale e sociale, delle evoluzioni tecnologiche e della qualità della vita e del lavoro. Lavorando con gli ingegneri e i matematici, i manager della finanza e i cybertecnici, per usare al meglio tutti gli strumenti delle conoscenze politecniche della digital economy. “Philosophical knowledge: foundations, methods, applications”, si intitola il corso di laurea magistrale lanciato nelle scorse settimane dalle università di Bergamo e di Pavia, in collaborazione con lo Iuss (Istituto universitario di studi superiori pavese), il primo in Italia tutto in lingua inglese, coordinato dal professor Andrea Bottani, per fare dialogare tra loro materie umanistiche e aree di formazione scientifica e tecnologica e aprire il mercato a professionisti in grado di fare fronte alle questioni poste dall’evoluzione della “economia della conoscenza” (Corriere della Sera, 12 luglio).
“Stiamo assistendo a una sempre maggiore complessità dei fenomeni. E questo nostro nuovo corso rappresenta l’occasione per mettere a fattor comune anime disciplinari differenti e formare persone in grado di rispondere alle nuove sfide che dovremo affrontare”, sostiene Sergio Cavalieri, Rettore dell’università di Bergamo. “Vogliamo creare un legame strutturale tra il pensiero filosofico e la sua applicazione alle sfide tecnologiche, economiche e sociali”, chiarisce Francesco Svelvo, Rettore a Pavia.

La scelta didattica supera la tradizionale contrapposizione tra “le due culture”, quella umanistica e quella scientifica, che ha segnato parecchie discussioni durante il Novecento (con una grave sottovalutazione, proprio in Italia, dell’importanza e dei valori della cultura scientifica: una condizione che ancora dura, con conseguenze negative anche sul discorso pubblico e la competitività del sistema Paese). E indica una direzione corretta lungo cui fare crescere i percorsi formativi e le evoluzioni del mercato del lavoro.
Un’idea ampia e dinamica della filosofia e della conoscenza, insomma. Vengono in mente le parole dell’”Amleto” di William Shakespeare: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. Il mondo ampio della scienza, appunto. E quello dell’economia, dell’ambiente, dei nuovi lavori e dei progressi high tech.
Cosa si studierà, dunque, nel nuovo corso di “Philosophica knowledge” di Bergamo e Pavia? Metafisica, ontologia, epistemologia, etica, filosofia della scienza, della matematica, della logica e della mente ma anche robotica, Intelligenza Artificiale, neuroscienze, economia, gestione aziendale. E accanto agli insegnamenti dei docenti dei due atenei, ci saranno quelli degli invited professors dalle università di Cambridge, Friburgo, Zurigo e dalla Columbia di New York: “Dimensione europea, target internazionale”, commenta il coordinatore del corso Bottani. Con una collaborazione intensa – ecco un altro punto qualificante – con le imprese, grazie al dialogo con Confindustria Bergamo e a una serie di laboratori didattici legati al mondo del lavoro.

Da tempo, anche in Italia, in strutture formativa d’avanguardia per la didattica e la ricerca, come i Politecnici di Milano e di Torino, la filosofia e altre discipline umanistiche sono ben integrate nei corsi di studi, all’insegna di un’efficace multidisciplinarietà. E nello stesso segno si muovono le scelte didattiche dell’Università Humanitas milanese per formare medici-ingegneri, dando risposte alle esigenze di una sempre maggiore e migliore integrazione dei saperi.
C’è, infatti, una dimensione italiana, molto originale, di affrontare la questione della qualità delle discipline Stem (l’acronimo che indica le lauree in science, technology, engineering e mathematics): parlare di Steam, aggiungendo a quelle specializzazioni la a di arts, le conoscenze umanistiche. Un’indicazione su cui, per esempio, già una decine di anni fa, si era impegnata l’Assolombarda, all’epoca presieduta da Gianfelice Rocca e che ha continuato a ispirare il dibattito sulla qualità della formazione applicata al mondo delle imprese e all’evoluzione dell’economia e delle tecnologie.
La questione è di strettissima attualità. Chi organizza, guida, definisce la governance dei processi legati agli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale? Chi ne gestisce la complessità per continuare a garantire il primato della persona umana? Chi ne scrive e ne aggiorna gli algoritmi (ne abbiamo parlato nel blog del 27 giugno)? Non solo gli ingegneri e i matematici, ma anche i filosofi, i cyberscienziati, i neuropsichiatri, gli economisti, i sociologi, i giuristi e i letterati.
Competenze e conoscenze diverse, punti di vista da rendere sempre più fertili di futuro proprio grazie agli incroci e alle collaborazioni. Perché un algoritmo deve tenere conto di significati molteplici, questioni di senso, temi etici e sociali, regole e intrecci tra diritti e doveri. Intelligenza artificiale in mani umane. Con la consapevolezza umanissima del senso del limite. E l’ambizione di voler andare avanti, per “rendere chiara la notte della scienza”, parafrasando le parole della “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht. Adesso, quella “notte chiara” si intravvede anche da Bergamo e Pavia.

(foto Getty Images)

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