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Forza e fragilità delle metropoli tra calo demografico e costo della vita

About Cities” è una rivista ben fatta, diretta da Fabio Brioschi e pubblicata da EuroMilano Servizi, impegnata da tempo a raccontare le mutazioni urbane e metropolitane, nella convinzione che proprio nelle città si condensino gran parte delle energie più sensibili ai temi dell’innovazione, del cambiamento, del miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita. “Sempre in movimento. Per parlare delle città e ascoltarne la voce” è il titolo dell’editoriale del nuovo numero. Che dà spazio ad analisi teoriche e racconti di esperienze sulla mobilità, la qualità della vita ma anche i contrasti e le contraddizioni che attraversano le vite dei cittadini (l’eco si ritrova anche in attività editoriali collegate alla rivista, come l’originale “Elementi di urbanistica noircurato da Gianni Biondillo, architetto per formazione e professione ma anche brillante scrittore appunto di noir che svelano l’anima cupa e criminale che si annida dietro le “mille luci” della Milano ricca, glamour e modaiola).

Ecco il punto: le città sono dense di potenzialità di sviluppo, anche sostenibile ma, contemporaneamente, segnate da grandi fragilità economiche e sociali che sollecitano profonde riflessioni politiche e culturali.

Per capire meglio, vale la pena leggere attentamente il “Focus” dedicato dall’Istat, ai primi di febbraio, ai “Profili delle città metropolitane” in cui le due parole che abbiamo appena ricordato, “potenzialità” e “fragilità” sono le principali chiavi di lettura dei fenomeni analizzati.

Il Focus approfondisce i dati che riguardano le 14 città metropolitane, nate secondo le indicazioni della riforma del Titolo V della Costituzione e della legge n. 56 del 7 aprile 2014, e cioè Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari (troppe, dicono i critici, notando che solo quattro superano i 2 milioni di abitanti: Roma con oltre 4milioni, Milano con oltre 3milioni, poi Napoli con quasi 3 e Torino).

Se ne indicano primati e cadute. Torino è la più estesa (6.827 km quadrati), Genova la più “vecchia” (269 anziani ogni 100 giovani) e Napoli la più giovane (130 anziani ogni 100 giovani). Bologna è la più istruita (42 laureati ogni 100 residenti) e con maggiore propensione femminile al lavoro (51 donne ogni 100), Milano quella con il più alto reddito per abitante (23.202 euro) e la più alta densità imprenditoriale (106 unità locali ogni mille abitanti, per un totale di 346mila imprese) ma anche con la maggiore produttività del lavoro (valore aggiunto per addetto, pari a 71,2mila euro), mentre Catania ha il reddito per abitante più basso (9.844 euro), Messina la produttività minore (29,2 mila euro) e Palermo il livello occupazionale minore (49% il tasso di occupazione tra i 25 e i 64 anni). Roma è quella che negli ultimi vent’anni ha avuto la maggiore crescita della popolazione, il 14% in più.

Leggere bene i dati Istat ci indica comunque alcune tendenze di fondo: oltre 21 milioni vivono nelle aree metropolitane, mentre la maggior parte degli italiani preferiscono città medie, paesi e borghi, caratterizzando così un territorio a forte urbanizzazione diffusa e con una struttura produttiva allargata “all’ombra dei campanili”, come sosteneva un grande storico dell’economia, Carlo Maria Cipolla. Una struttura particolare, che consente all’economia flessibilità, creatività, produttività e competitività, facendo leva su una cultura diffusa del “bello e ben fatto”.

Il Nord del paese, nel suo insieme, è più dinamico economicamente. E lì si condensano le maggiori opportunità di cambiamento. Ma è anche l’area geografica con maggiori livelli di invecchiamento: una situazione che in prospettiva apre gravi questioni politiche, economiche e di tenuta della sostenibilità del welfare.

Per quel che riguarda il declino demografico in corso nel paese, le aree metropolitane ne risentono meno (-1,5% nel 2030, rispetto a -1,8% medio dell’Italia) ma con posizioni fortemente diverse tra loro: Bologna (+2,9%) e Milano (+2,5%, con addirittura un +7% nel capoluogo) manterranno una crescita demografica, Roma perderà appena lo 0,1%, mentre Napoli perderà il 2,8% e Messina addirittura il 6%.

Lavoro, impresa e istruzione fanno da traino per attrarre popolazione giovane e attiva. Ma, secondo altre indagini e inchieste giornalistiche, l’attrattività di Milano, per esempio, deve fare i conti con problemi sempre più rilevanti che riguardano i servizi, la disponibilità di abitazioni a prezzi accessibili (“Case, Milano perde la classe media”, titola il “Corriere della Sera” del 20 febbraio; “Abitare a Milano, un incubo da far impallidire Orwell”, calca la mano “L’Espresso” del 29 gennaio), il costo della vita, le possibilità reali di integrazione. Fragilità, appunto, anche in un contesto di cambiamento positivo, di sviluppo.

Lo studio dell’Istat, un’analisi statistica, non ne fa oggetto di considerazione specifica. Ma proprio la lettura dei dati, tra prospettive di crescita e nodi irrisolti delle questioni sociali, indica che la questione da affrontare, a livello di governo nazionale e di amministrazioni regionali e comunali, è  quella delle opportunità di sviluppo sostenibile, ambientale e sociale.

Se le città e le aree metropolitane sono quelle in cui le tendenze attuali dell’economia della conoscenza indicano una prospettiva di partecipazione attiva e produttiva alle principali trasformazioni economiche e sociali, è proprio qui che vanno giocare le carte di un “cambio di paradigma” dei valori dell’economia. Per una economia circolare, civile, più giusta ed equilibrata. Discutere “about cities”, insomma, significa discutere di qualità della vita, della produzione, del lavoro, dei consumi, della convivenza civile. Di un nuovo e migliore spirito di comunità, di collaborazione e di “competizione”. Ricordando appunto che “competizione” viene da “cum” e “petere”: ricercare insieme un buon destino comune.

(foto Getty Images)

About Cities” è una rivista ben fatta, diretta da Fabio Brioschi e pubblicata da EuroMilano Servizi, impegnata da tempo a raccontare le mutazioni urbane e metropolitane, nella convinzione che proprio nelle città si condensino gran parte delle energie più sensibili ai temi dell’innovazione, del cambiamento, del miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita. “Sempre in movimento. Per parlare delle città e ascoltarne la voce” è il titolo dell’editoriale del nuovo numero. Che dà spazio ad analisi teoriche e racconti di esperienze sulla mobilità, la qualità della vita ma anche i contrasti e le contraddizioni che attraversano le vite dei cittadini (l’eco si ritrova anche in attività editoriali collegate alla rivista, come l’originale “Elementi di urbanistica noircurato da Gianni Biondillo, architetto per formazione e professione ma anche brillante scrittore appunto di noir che svelano l’anima cupa e criminale che si annida dietro le “mille luci” della Milano ricca, glamour e modaiola).

Ecco il punto: le città sono dense di potenzialità di sviluppo, anche sostenibile ma, contemporaneamente, segnate da grandi fragilità economiche e sociali che sollecitano profonde riflessioni politiche e culturali.

Per capire meglio, vale la pena leggere attentamente il “Focus” dedicato dall’Istat, ai primi di febbraio, ai “Profili delle città metropolitane” in cui le due parole che abbiamo appena ricordato, “potenzialità” e “fragilità” sono le principali chiavi di lettura dei fenomeni analizzati.

Il Focus approfondisce i dati che riguardano le 14 città metropolitane, nate secondo le indicazioni della riforma del Titolo V della Costituzione e della legge n. 56 del 7 aprile 2014, e cioè Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Messina, Catania e Cagliari (troppe, dicono i critici, notando che solo quattro superano i 2 milioni di abitanti: Roma con oltre 4milioni, Milano con oltre 3milioni, poi Napoli con quasi 3 e Torino).

Se ne indicano primati e cadute. Torino è la più estesa (6.827 km quadrati), Genova la più “vecchia” (269 anziani ogni 100 giovani) e Napoli la più giovane (130 anziani ogni 100 giovani). Bologna è la più istruita (42 laureati ogni 100 residenti) e con maggiore propensione femminile al lavoro (51 donne ogni 100), Milano quella con il più alto reddito per abitante (23.202 euro) e la più alta densità imprenditoriale (106 unità locali ogni mille abitanti, per un totale di 346mila imprese) ma anche con la maggiore produttività del lavoro (valore aggiunto per addetto, pari a 71,2mila euro), mentre Catania ha il reddito per abitante più basso (9.844 euro), Messina la produttività minore (29,2 mila euro) e Palermo il livello occupazionale minore (49% il tasso di occupazione tra i 25 e i 64 anni). Roma è quella che negli ultimi vent’anni ha avuto la maggiore crescita della popolazione, il 14% in più.

Leggere bene i dati Istat ci indica comunque alcune tendenze di fondo: oltre 21 milioni vivono nelle aree metropolitane, mentre la maggior parte degli italiani preferiscono città medie, paesi e borghi, caratterizzando così un territorio a forte urbanizzazione diffusa e con una struttura produttiva allargata “all’ombra dei campanili”, come sosteneva un grande storico dell’economia, Carlo Maria Cipolla. Una struttura particolare, che consente all’economia flessibilità, creatività, produttività e competitività, facendo leva su una cultura diffusa del “bello e ben fatto”.

Il Nord del paese, nel suo insieme, è più dinamico economicamente. E lì si condensano le maggiori opportunità di cambiamento. Ma è anche l’area geografica con maggiori livelli di invecchiamento: una situazione che in prospettiva apre gravi questioni politiche, economiche e di tenuta della sostenibilità del welfare.

Per quel che riguarda il declino demografico in corso nel paese, le aree metropolitane ne risentono meno (-1,5% nel 2030, rispetto a -1,8% medio dell’Italia) ma con posizioni fortemente diverse tra loro: Bologna (+2,9%) e Milano (+2,5%, con addirittura un +7% nel capoluogo) manterranno una crescita demografica, Roma perderà appena lo 0,1%, mentre Napoli perderà il 2,8% e Messina addirittura il 6%.

Lavoro, impresa e istruzione fanno da traino per attrarre popolazione giovane e attiva. Ma, secondo altre indagini e inchieste giornalistiche, l’attrattività di Milano, per esempio, deve fare i conti con problemi sempre più rilevanti che riguardano i servizi, la disponibilità di abitazioni a prezzi accessibili (“Case, Milano perde la classe media”, titola il “Corriere della Sera” del 20 febbraio; “Abitare a Milano, un incubo da far impallidire Orwell”, calca la mano “L’Espresso” del 29 gennaio), il costo della vita, le possibilità reali di integrazione. Fragilità, appunto, anche in un contesto di cambiamento positivo, di sviluppo.

Lo studio dell’Istat, un’analisi statistica, non ne fa oggetto di considerazione specifica. Ma proprio la lettura dei dati, tra prospettive di crescita e nodi irrisolti delle questioni sociali, indica che la questione da affrontare, a livello di governo nazionale e di amministrazioni regionali e comunali, è  quella delle opportunità di sviluppo sostenibile, ambientale e sociale.

Se le città e le aree metropolitane sono quelle in cui le tendenze attuali dell’economia della conoscenza indicano una prospettiva di partecipazione attiva e produttiva alle principali trasformazioni economiche e sociali, è proprio qui che vanno giocare le carte di un “cambio di paradigma” dei valori dell’economia. Per una economia circolare, civile, più giusta ed equilibrata. Discutere “about cities”, insomma, significa discutere di qualità della vita, della produzione, del lavoro, dei consumi, della convivenza civile. Di un nuovo e migliore spirito di comunità, di collaborazione e di “competizione”. Ricordando appunto che “competizione” viene da “cum” e “petere”: ricercare insieme un buon destino comune.

(foto Getty Images)

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