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Grandi prodotti, grandi aziende

Raccolti in un libro alcuni degli oggetti che hanno fatto la storia della cultura del produrre e della buona impresa

Spesso, molto spesso, la cultura del produrre e del saper fare, la cultura dell’impresa manifatturiera (un po’ la fabbrica per eccellenza), si coglie dai prodotti ottenuti dal ciclo produttivo. Oggetti d’impresa, si potrebbe dire, che hanno fatto la nostra storia, plasmato l’immaginario, segnato un progresso tecnologico o accompagnato particolari fatti personali che moltiplicati all’infinito sono diventati fatti collettivi. Manufatti, insomma, che sono al contempo utili e  belli, ben disegnati e quindi ben progettati. Raccontarne la storia, significa raccontare la storia dell’industria e della sua cultura. È ciò che si ritrova nel  bellissimo libro di Francesca Molteni.

Lo spirito di chi ha scritto “Icone d’impresa. Gli oggetti che hanno fatto grande l’industria italiana” lo si capisce subito dalle prime righe e addirittura dalla presentazione. Gli oggetti, molti oggetti che hanno accompagnato la nostra esistenza sono “figli dell’industria, di grandi visioni, di piccoli traguardi, e di tante invenzioni. Raccontano la creatività e l’ingegno italiani, che hanno dato forma al nostro futuro. Sono anche nei musei, ma si possono toccare”. Francesca Molteni ne descrive quindi con ragione alcune delle caratteristiche generali: i prodotti della nostra manifattura sono indicati come i rappresentanti di una  “cultura del progetto e territorio, comunità e ricerca. Raccontano una storia d’impresa, il Made in Italy, e di tante imprese, le fabbriche, gli imprenditori, le maestranze. E insieme, le storie che non abbiamo ancora vissuto”.

Animano quindi il libro le storie della Vespa e del Settebello, ma anche del gazometro, della spoletta per tessere, ma anche della bottiglietta del Campari Soda e  simboli intramontabili come quello del cane a sei zampe e ancora oggetti indimenticati come il cinturato e la  bicicletta.

Dice tutto ed è bella la citazione di Roland Barthes che nel 1957 scriveva: “Credo che oggi l’automobile sia l’equivalente abbastanza esatto delle grandi cattedrali gotiche: voglio dire una grande creazione d’epoca, concepita appassionatamente da artisti ignoti, consumata nella sua immagine, se non nel suo uso, da tutto un popolo che si appropria con essa di un oggetto perfettamente magico”. Barthes, nel libro Mythologies, scriveva a  proposito della nuova Citroën, la DS 19.  Tutto, scrive Molteni, doveva ancora cominciare, l’industria,  il boom economico, la rivoluzione dei modi di vivere e di pensare. Quasi sessant’anni dopo, le grandi creazioni della nostra epoca prendono la parola. Non sono cattedrali, ma oggetti, icone d’impresa, appunto.

Icone d’impresa. Gli oggetti che hanno fatto grande l’industria italiana. 

di Francesca Molteni

Carocci, 2016

Raccolti in un libro alcuni degli oggetti che hanno fatto la storia della cultura del produrre e della buona impresa

Spesso, molto spesso, la cultura del produrre e del saper fare, la cultura dell’impresa manifatturiera (un po’ la fabbrica per eccellenza), si coglie dai prodotti ottenuti dal ciclo produttivo. Oggetti d’impresa, si potrebbe dire, che hanno fatto la nostra storia, plasmato l’immaginario, segnato un progresso tecnologico o accompagnato particolari fatti personali che moltiplicati all’infinito sono diventati fatti collettivi. Manufatti, insomma, che sono al contempo utili e  belli, ben disegnati e quindi ben progettati. Raccontarne la storia, significa raccontare la storia dell’industria e della sua cultura. È ciò che si ritrova nel  bellissimo libro di Francesca Molteni.

Lo spirito di chi ha scritto “Icone d’impresa. Gli oggetti che hanno fatto grande l’industria italiana” lo si capisce subito dalle prime righe e addirittura dalla presentazione. Gli oggetti, molti oggetti che hanno accompagnato la nostra esistenza sono “figli dell’industria, di grandi visioni, di piccoli traguardi, e di tante invenzioni. Raccontano la creatività e l’ingegno italiani, che hanno dato forma al nostro futuro. Sono anche nei musei, ma si possono toccare”. Francesca Molteni ne descrive quindi con ragione alcune delle caratteristiche generali: i prodotti della nostra manifattura sono indicati come i rappresentanti di una  “cultura del progetto e territorio, comunità e ricerca. Raccontano una storia d’impresa, il Made in Italy, e di tante imprese, le fabbriche, gli imprenditori, le maestranze. E insieme, le storie che non abbiamo ancora vissuto”.

Animano quindi il libro le storie della Vespa e del Settebello, ma anche del gazometro, della spoletta per tessere, ma anche della bottiglietta del Campari Soda e  simboli intramontabili come quello del cane a sei zampe e ancora oggetti indimenticati come il cinturato e la  bicicletta.

Dice tutto ed è bella la citazione di Roland Barthes che nel 1957 scriveva: “Credo che oggi l’automobile sia l’equivalente abbastanza esatto delle grandi cattedrali gotiche: voglio dire una grande creazione d’epoca, concepita appassionatamente da artisti ignoti, consumata nella sua immagine, se non nel suo uso, da tutto un popolo che si appropria con essa di un oggetto perfettamente magico”. Barthes, nel libro Mythologies, scriveva a  proposito della nuova Citroën, la DS 19.  Tutto, scrive Molteni, doveva ancora cominciare, l’industria,  il boom economico, la rivoluzione dei modi di vivere e di pensare. Quasi sessant’anni dopo, le grandi creazioni della nostra epoca prendono la parola. Non sono cattedrali, ma oggetti, icone d’impresa, appunto.

Icone d’impresa. Gli oggetti che hanno fatto grande l’industria italiana. 

di Francesca Molteni

Carocci, 2016

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