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Il benessere etico della società e delle imprese

“L’efficienza produttiva di un’azienda, che miri a valutare il suo sviluppo non solo con parametri economici ma anche umani e sociali, tende a valorizzare sempre meglio le capacità, le creatività e le competenze professionali, umane e spirituali dei suoi dipendenti. Il principale fattore di produttività, più rilevante del profitto e del capitale, è dunque l’uomo che lavora, con la valorizzazione del suo ambiente di vita, in particolare la famiglia e la comunità”. Non è la visione dell’impresa, dell’imprenditore e di chi lavora con lui fornita da un manuale di moderna gestione aziendale, ma quella di Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, espressa a inizio luglio in un intervento di fronte ai piccoli imprenditori raccolti da API Torino,  che riunisce le PMI di una delle aree d’Italia più tartassate dal punto di vista industriale.

Si tratta di un documento che delinea bene l’attuale interpretazione della Chiesa dei legami fra produzione ed economia, impresa e benessere sociale, capitale e lavoro. E che legge in maniera diversa concetti come la responsabilità sociale d’impresa, l’agire dell’imprenditore all’interno di un determinato contesto sociale, il ruolo dei lavoratori, i conflitti aziendali.

“Etica, imprese, società e benessere” – questo il titolo dell’intervento di Nosiglia -, non fa sconti a nessuno ma parla di un “patto generazionale” per venir fuori dalle difficoltà e che mette insieme istituzioni, giovani, imprese e forze culturali. Dice Nosiglia: “Le attuali difficoltà economiche fanno prevedere scenari difficili, che vanno attentamente considerati e prevenuti con un’accorta strategia, che veda le forze culturali (formazione), imprenditoriali, politiche e sociali agire insieme per gestire questa fase con accortezza e spirito di solidarietà, in vista di un patto sociale e generazionale che guardi al futuro del nostro territorio e valorizzi le imprese che malgrado tutto resistono e cercano sbocchi nuovi di mercato per affrontare l’attuale momento difficile”.

Insieme per superare la crisi, quindi. Ma non in maniera buonista e basta. Guardando, invece, ad una nuova cultura d’impresa e del lavoro, con un’attenzione particolare alle necessità del capitale ma anche a quelle dei lavoratori. E della società. E tirando in gioco anche la Chiesa che “ha – spiega l’Arcivescovo -, una grande responsabilità” come istituzione fatta però da singoli “cristiani imprenditori” che devono agire come tali. Anche nelle singole imprese.

Nosiglia poi aggiunge: “Va messo in bilancio che l’ambiente di lavoro, la produzione, le leggi economiche, il mercato comportano una serie di difficoltà, che possono apparire a volte insormontabili e comunque creano tensione, conflittualità, ingiustizie”. Passaggio delicato e critico al quale, per l’Arcivescovo di Torino, occorre rispondere facendo ricorso non solo alla religione ma anche agli elementi dell’etica  che “ogni uomo sente dentro di sé in quanto persona”.

Così , l’etica d’impresa e del profitto finisce per agganciarsi a quella cristiana e sociale. Situazione non nuova, adesso però con un elemento importante, sottolineato dallo stesso Arcivescovo, e più chiaro forse rispetto al passato: le difficoltà si superano con l’impegno di tutti, cristiani e non cristiani, imprenditori e operai.

Quella di Nosiglia, è una lettura che  può porre molti interrogativi sull’agire concreto all’interno del tessuto sociale e produttivo e mettere quindi in crisi schemi già costruiti. Una lettura che fa bene leggere.

“Etica, imprese, società e benessere”

Intervento dell’Arcivescovo di Torino, Monsignor Cesare Nosiglia

Torino, 2 luglio 2014

“L’efficienza produttiva di un’azienda, che miri a valutare il suo sviluppo non solo con parametri economici ma anche umani e sociali, tende a valorizzare sempre meglio le capacità, le creatività e le competenze professionali, umane e spirituali dei suoi dipendenti. Il principale fattore di produttività, più rilevante del profitto e del capitale, è dunque l’uomo che lavora, con la valorizzazione del suo ambiente di vita, in particolare la famiglia e la comunità”. Non è la visione dell’impresa, dell’imprenditore e di chi lavora con lui fornita da un manuale di moderna gestione aziendale, ma quella di Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, espressa a inizio luglio in un intervento di fronte ai piccoli imprenditori raccolti da API Torino,  che riunisce le PMI di una delle aree d’Italia più tartassate dal punto di vista industriale.

Si tratta di un documento che delinea bene l’attuale interpretazione della Chiesa dei legami fra produzione ed economia, impresa e benessere sociale, capitale e lavoro. E che legge in maniera diversa concetti come la responsabilità sociale d’impresa, l’agire dell’imprenditore all’interno di un determinato contesto sociale, il ruolo dei lavoratori, i conflitti aziendali.

“Etica, imprese, società e benessere” – questo il titolo dell’intervento di Nosiglia -, non fa sconti a nessuno ma parla di un “patto generazionale” per venir fuori dalle difficoltà e che mette insieme istituzioni, giovani, imprese e forze culturali. Dice Nosiglia: “Le attuali difficoltà economiche fanno prevedere scenari difficili, che vanno attentamente considerati e prevenuti con un’accorta strategia, che veda le forze culturali (formazione), imprenditoriali, politiche e sociali agire insieme per gestire questa fase con accortezza e spirito di solidarietà, in vista di un patto sociale e generazionale che guardi al futuro del nostro territorio e valorizzi le imprese che malgrado tutto resistono e cercano sbocchi nuovi di mercato per affrontare l’attuale momento difficile”.

Insieme per superare la crisi, quindi. Ma non in maniera buonista e basta. Guardando, invece, ad una nuova cultura d’impresa e del lavoro, con un’attenzione particolare alle necessità del capitale ma anche a quelle dei lavoratori. E della società. E tirando in gioco anche la Chiesa che “ha – spiega l’Arcivescovo -, una grande responsabilità” come istituzione fatta però da singoli “cristiani imprenditori” che devono agire come tali. Anche nelle singole imprese.

Nosiglia poi aggiunge: “Va messo in bilancio che l’ambiente di lavoro, la produzione, le leggi economiche, il mercato comportano una serie di difficoltà, che possono apparire a volte insormontabili e comunque creano tensione, conflittualità, ingiustizie”. Passaggio delicato e critico al quale, per l’Arcivescovo di Torino, occorre rispondere facendo ricorso non solo alla religione ma anche agli elementi dell’etica  che “ogni uomo sente dentro di sé in quanto persona”.

Così , l’etica d’impresa e del profitto finisce per agganciarsi a quella cristiana e sociale. Situazione non nuova, adesso però con un elemento importante, sottolineato dallo stesso Arcivescovo, e più chiaro forse rispetto al passato: le difficoltà si superano con l’impegno di tutti, cristiani e non cristiani, imprenditori e operai.

Quella di Nosiglia, è una lettura che  può porre molti interrogativi sull’agire concreto all’interno del tessuto sociale e produttivo e mettere quindi in crisi schemi già costruiti. Una lettura che fa bene leggere.

“Etica, imprese, società e benessere”

Intervento dell’Arcivescovo di Torino, Monsignor Cesare Nosiglia

Torino, 2 luglio 2014

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