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Il “dividendo Milano” tra Human Technopole, manifattura 4.0 e iniziative per libri e cultura

Il “dividendo di Milano” (il vantaggio di stare in una città sempre più attiva sulla ribalta del mondo) lo si può riconoscere anche in un particolare: una luminosa fotografia del Duomo usata come “screen saver” sul computer portatile d’un ragazzo inglese in aereo da Linate verso Palermo. Milano nel cuore digitale. Quel ragazzo ha padre inglese e madre italiana (sta andando in vacanza dai nonni in Sicilia), studi universitari a Milano e a Londra, interessi per le imprese hi tech e della moda, una consapevolezza chiara: Milano, per un giovane intraprendente, è in questi anni straordinariamente attraente. Proprio “the place to be”, per riprendere l’efficace sintesi fatta dal “New York Times” durante l’Expo.

La metropoli in movimento (ne abbiamo parlato a proposito della sua “felicità” nel blog della scorsa settimana) si può guardare adesso anche da altri tre punti di vista: l’andamento del progetto per Human Technopole sull’area ex Expo, gli investimenti del Comune per “Milano Manifattura 4.0”, l’avvio della manifestazione “Tempo di libri” dal 19 al 23 aprile. Sullo sfondo, un giudizio di Mauro Magatti, sociologo: “Se succedono cose che riguardano il futuro in Italia, o succedono a Milano o non succedono” (“La Lettura” del “Corriere della Sera”, 16 aprile).

Vediamo meglio, punto per punto. Per rilanciare l’area dell’Expo i lavori vanno avanti. Parte la gara per scegliere la società che si occuperà dello sviluppo immobiliare. E già si sa che lì, oltre alle facoltà scientifiche della Statale, a un grande ospedale creato dal Galeazzi e dalla Clinica Sant’Ambrogio e ai centri di ricerca di Human Technopole, hanno espresso interesse ad andare una quarantina di imprese multinazionali hi tech, tra cui la Bayer, l’Ibm, la Nokia, la Novartis. E forse saranno presenti anche la Scala con magazzini e laboratori e Altagamma con la “Scuola del saper fare italiano”.

C’è tutto un gran movimento, insomma. Cui, oltre al Comune, alla Regione e alle Università, guardano con attenzione istituzioni d’impresa come Assolombarda, che ne fa cardine del suo progetto di Milano “Steam” (dalle iniziali di science, technology, environment ed education, arts e manifacturing). Resta ancora da chiarire il ruolo dell’Istituto Italiano di Tecnologia, un’eccellenza dell’innovazione italiana, che il governo Renzi, nel 2015, subito dopo l’Expo, aveva indicato come guida del post Expo e che adesso rischia d’essere tagliato fuori (sarebbe un grave errore). Ma la strada, in generale, è chiara: scienza, cultura politecnica e innovazione, come cardini di Milano locomotiva dello sviluppo italiano. Con sintesi originali tra pubblico e privato, università e imprese, ricerca e trasferimento tecnologico. Intelligenza che crea ricchezza (la lezione sempre attuale di Carlo Cattaneo, citata nel blog della scorsa settimana).

Sostiene Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Humanitas e professore alla Humanitas University: “In una mappa mondiale di trenta zone dell’innovazione, l’unica area che si accende in Italia è quella di Milano. Me l’hanno di recente mostrata all’Università di Lovanio, in Belgio”. E ancora: “Usando gli indicatori della produttività scientifica e immaginando la ricerca come una riedizione della storica partita di calcio Italia-Germania, battiamo i tedeschi: se facciamo 100 la Germania, noi siamo a 125. Così come nel ranking internazionale di Scimago, che classifica cinquemila istituzioni impegnate nella ricerca biomedica, le istituzioni concentrate nell’area milanese, allargata fino al San Matteo di Pavia, si giocano la sfida alla pari con le altre grandi aree del mondo” (“La Lettura”, 16 aprile). Milano competitiva, dunque. Per ricerca, “life sciences”, qualità della vita. E in grado, anche da questo punto di vista, di avere un ruolo di primo piano nella battaglia per la nuova sede dell’Ema, l’Agenzia Ue per il farmaco, che lascerà Londra dopo Brexit.

Dinamismo culturale e creativo, dunque. Intraprendenza. Imprese, fra tradizione industriale e – riecco la parola chiave – innovazione. Il Comune ha presentato giovedì 13 aprile il suo programma “Milano Manifattura 4.0“, dieci milioni di euro d’investimenti, aree pubbliche destinate a start up (Milano ne è già capitale, ospitando più di mille di quelle innovative, delle 7mila nazionali) che lavorino su manifattura, artigianato, stampanti 3D, prodotti e servizi su misura. Formazione e voglia di “fare, e fare bene”. Attrazione e stimolo per investimenti. Leva su capitale umano e capitale sociale. Intelligenze che continuano ad arrivare a Milano dal resto del mondo. Il “dividendo di Milano”, appunto.

Quell’attrattività, già evidente nei giorni del Salone del Mobile, può ripetersi, più in piccolo naturalmente, anche per “Tempo di libri”, dal 19 al 23 aprile, appuntamento per editoria, scrittura, lettura, 700 incontri con scrittori e personalità della cultura tra gli spazi della Fiera a Rho-Pero e altre zone in città, una serie di eventi che, nella Milano che ha già visto da anni il successo di BookCity, possono rafforzare l’identità della metropoli come capitale dell’editoria, della comunicazione, delle attività culturali contemporaneamente popolari e di qualità (resta aperta la sfida con il Salone del Libro di Torino, a maggio: chi ha a cuore la crescita della cultura italiana non può che augurarsi che al più presto si rilanci la collaborazione tra tutte le iniziative che, in Italia, da Mantova a Pordenone, da Roma a Ragusa, da Bologna a Genova e a tanti altri posti ancora, sono dedicate alla promozione del libro e della lettura).

Milano, anche da questo punto di vista, è città di sintesi. Industria della cultura. Rapporti tra industria e cultura, in relazioni di collaborazione che vanno avanti (su musica, teatro, arte, etc.). L’industria che, nel fondarsi competitivamente su scienza e tecnica, è in se stessa cultura. Quel che resta al fondo dei cambiamenti di Milano è il suo saper costruire un futuro.

Il “dividendo di Milano” (il vantaggio di stare in una città sempre più attiva sulla ribalta del mondo) lo si può riconoscere anche in un particolare: una luminosa fotografia del Duomo usata come “screen saver” sul computer portatile d’un ragazzo inglese in aereo da Linate verso Palermo. Milano nel cuore digitale. Quel ragazzo ha padre inglese e madre italiana (sta andando in vacanza dai nonni in Sicilia), studi universitari a Milano e a Londra, interessi per le imprese hi tech e della moda, una consapevolezza chiara: Milano, per un giovane intraprendente, è in questi anni straordinariamente attraente. Proprio “the place to be”, per riprendere l’efficace sintesi fatta dal “New York Times” durante l’Expo.

La metropoli in movimento (ne abbiamo parlato a proposito della sua “felicità” nel blog della scorsa settimana) si può guardare adesso anche da altri tre punti di vista: l’andamento del progetto per Human Technopole sull’area ex Expo, gli investimenti del Comune per “Milano Manifattura 4.0”, l’avvio della manifestazione “Tempo di libri” dal 19 al 23 aprile. Sullo sfondo, un giudizio di Mauro Magatti, sociologo: “Se succedono cose che riguardano il futuro in Italia, o succedono a Milano o non succedono” (“La Lettura” del “Corriere della Sera”, 16 aprile).

Vediamo meglio, punto per punto. Per rilanciare l’area dell’Expo i lavori vanno avanti. Parte la gara per scegliere la società che si occuperà dello sviluppo immobiliare. E già si sa che lì, oltre alle facoltà scientifiche della Statale, a un grande ospedale creato dal Galeazzi e dalla Clinica Sant’Ambrogio e ai centri di ricerca di Human Technopole, hanno espresso interesse ad andare una quarantina di imprese multinazionali hi tech, tra cui la Bayer, l’Ibm, la Nokia, la Novartis. E forse saranno presenti anche la Scala con magazzini e laboratori e Altagamma con la “Scuola del saper fare italiano”.

C’è tutto un gran movimento, insomma. Cui, oltre al Comune, alla Regione e alle Università, guardano con attenzione istituzioni d’impresa come Assolombarda, che ne fa cardine del suo progetto di Milano “Steam” (dalle iniziali di science, technology, environment ed education, arts e manifacturing). Resta ancora da chiarire il ruolo dell’Istituto Italiano di Tecnologia, un’eccellenza dell’innovazione italiana, che il governo Renzi, nel 2015, subito dopo l’Expo, aveva indicato come guida del post Expo e che adesso rischia d’essere tagliato fuori (sarebbe un grave errore). Ma la strada, in generale, è chiara: scienza, cultura politecnica e innovazione, come cardini di Milano locomotiva dello sviluppo italiano. Con sintesi originali tra pubblico e privato, università e imprese, ricerca e trasferimento tecnologico. Intelligenza che crea ricchezza (la lezione sempre attuale di Carlo Cattaneo, citata nel blog della scorsa settimana).

Sostiene Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Humanitas e professore alla Humanitas University: “In una mappa mondiale di trenta zone dell’innovazione, l’unica area che si accende in Italia è quella di Milano. Me l’hanno di recente mostrata all’Università di Lovanio, in Belgio”. E ancora: “Usando gli indicatori della produttività scientifica e immaginando la ricerca come una riedizione della storica partita di calcio Italia-Germania, battiamo i tedeschi: se facciamo 100 la Germania, noi siamo a 125. Così come nel ranking internazionale di Scimago, che classifica cinquemila istituzioni impegnate nella ricerca biomedica, le istituzioni concentrate nell’area milanese, allargata fino al San Matteo di Pavia, si giocano la sfida alla pari con le altre grandi aree del mondo” (“La Lettura”, 16 aprile). Milano competitiva, dunque. Per ricerca, “life sciences”, qualità della vita. E in grado, anche da questo punto di vista, di avere un ruolo di primo piano nella battaglia per la nuova sede dell’Ema, l’Agenzia Ue per il farmaco, che lascerà Londra dopo Brexit.

Dinamismo culturale e creativo, dunque. Intraprendenza. Imprese, fra tradizione industriale e – riecco la parola chiave – innovazione. Il Comune ha presentato giovedì 13 aprile il suo programma “Milano Manifattura 4.0“, dieci milioni di euro d’investimenti, aree pubbliche destinate a start up (Milano ne è già capitale, ospitando più di mille di quelle innovative, delle 7mila nazionali) che lavorino su manifattura, artigianato, stampanti 3D, prodotti e servizi su misura. Formazione e voglia di “fare, e fare bene”. Attrazione e stimolo per investimenti. Leva su capitale umano e capitale sociale. Intelligenze che continuano ad arrivare a Milano dal resto del mondo. Il “dividendo di Milano”, appunto.

Quell’attrattività, già evidente nei giorni del Salone del Mobile, può ripetersi, più in piccolo naturalmente, anche per “Tempo di libri”, dal 19 al 23 aprile, appuntamento per editoria, scrittura, lettura, 700 incontri con scrittori e personalità della cultura tra gli spazi della Fiera a Rho-Pero e altre zone in città, una serie di eventi che, nella Milano che ha già visto da anni il successo di BookCity, possono rafforzare l’identità della metropoli come capitale dell’editoria, della comunicazione, delle attività culturali contemporaneamente popolari e di qualità (resta aperta la sfida con il Salone del Libro di Torino, a maggio: chi ha a cuore la crescita della cultura italiana non può che augurarsi che al più presto si rilanci la collaborazione tra tutte le iniziative che, in Italia, da Mantova a Pordenone, da Roma a Ragusa, da Bologna a Genova e a tanti altri posti ancora, sono dedicate alla promozione del libro e della lettura).

Milano, anche da questo punto di vista, è città di sintesi. Industria della cultura. Rapporti tra industria e cultura, in relazioni di collaborazione che vanno avanti (su musica, teatro, arte, etc.). L’industria che, nel fondarsi competitivamente su scienza e tecnica, è in se stessa cultura. Quel che resta al fondo dei cambiamenti di Milano è il suo saper costruire un futuro.

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