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Il Papa e Tacito, Assonime e Assolombarda: l’impegno diffuso contro mafia e corruzione, freni per lo sviluppo

La corruzione? “Una piaga putrefatta della società”. La definizione, durissima, è di Papa Francesco, nel giorno dell’annuncio del Giubileo, a metà aprile. Ripete, con sempre maggior forza, le altre prese di posizione del Pontefice, in stimolo alla crescita d’una maggiore e migliore moralità, pubblica e privata. E continua a trovare ampia eco e solidi consensi in molti settori politici, economici, culturali. Sono oramai parecchie, d’altronde, le voci che si levano contro la corruzione, una degenerazione della vita pubblica, ma anche dell’economia, del mercato e delle relazioni sociali: la Banca d’Italia, la Confindustria (in prima linea, l’Assolombarda, promotrice di una diffusa cultura della legalità), ma anche associazioni, fondazioni, organizzazioni attive nella vita sociale. Ed è netta la relazione che si mette in risalto tra crescita della corruzione e presenza della mafia (‘ndrangheta, camorra, Cosa Nostra siciliana) non solo nel Mezzogiorno, ma anche in molte aree del Nord. MiWorld, associazione di personalità dell’impresa, della cultura e dell’università, attiva nel dibattito milanese, ha messo a punto, di recente, uno studio sulla diffusione della cultura come antidoto alla corruzione e alla criminalità (è stato presentato a Milano il 24 aprile, alla Triennale). E il giudizio suona simile a quello pronunciato da Francis Fukuyama in uno dei suoi libri più importanti, “Political order and political decay” (due volumi, il primo del 2011 e il secondo del 2014) e ripreso da Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, l’associazione delle maggiori imprese italiane quotate in Borsa: “Fukuyama spiega che il clientelismo si estende nei Paesi in cui la democrazia si è affermata più rapidamente dei livelli educativi e culturali necessari per un uso consapevole dei diritti di voto. E’ un fenomeno diffuso nelle democrazie nascenti, nelle quali il consenso è fragile e l’educazione media della popolazione è ancora inadeguata”. Ma anche in Paesi di democrazia più solida, come in Italia, il degrado clientelare e culturale, unito a un’eccessiva presenza della mano pubblica (e dei partiti) negli ambiti economici e nella gestione della spesa pubblica è una fortissima molla alla diffusione della corruzione. Viene in mente l’antica lezione di Tacito: “Moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto”.

Nasce anche da questi giudizi l’impegno pubblico di Assonime, alla fine del marzo scorso, a presentare pubblicamente “Otto linee d’azione per le politiche di contrasto alla corruzione”: 1) dare piena attuazione alle misure esistenti (dalla legge Severino alle recenti modifiche del governo Renzi); 2) distinguere i ruoli della politica (scelte strategiche e indirizzo) da quelle dell’amministrazione (trasparenza, selezione meritocratica del personale della pubblica amministrazione, responsabilità e valutazione dei risultati); 3) circoscrivere le aree di contatto pubblico-privato (semplificando le procedure amministrative, eliminando le autorizzazioni non necessarie, riducendo le “stazioni appaltanti”; anche qui: trasparenza ed efficacia); 4) semplificare la normativa e migliorare la qualità della regolazione (le norme opache e di difficile comprensione e applicazione agevolano i corrotti e i corruttori); 5) assicurare efficacia e trasparenza nell’esercizio dell’azione amministrativa (trasparenza delle scelte fatte, rigorosi controlli sui risultati); 6) adottare un nuovo approccio nella disciplina dei contratti pubblici (semplificare il quadro normativo e rafforzare capacità gestionale e professionalità delle stazioni appaltanti); 7) rafforzare l’azione preventiva nelle imprese (un buon passo avanti è stato fatto con la legge 231 del 2001, adesso bisogna andare avanti anche con i “protocolli di legalità”, i “rating di legalità” e “migliori politiche di corporate social responsibility”); 8) promuovere la cultura della legalità nella società civile (“per combattere la corruzione occorre scardinare la cultura che la sostiene ed elevare il grado di avversione etica nei confronti della stessa”).

Temi forti, impegnativi. Cari, oltre che ad Assonime, anche ad Assolombarda che della legalità e della lotta alla mafia, oltre che del sostegno all’efficienza e all’efficacia dell’amministrazione della Giustizia, ha fatto obiettivi chiave delle iniziative di competitività e della diffusione della buona cultura d’impresa e del mercato, nel programma “Far volare Milano per far volare l’Italia”.

Lotta alla corruzione, dunque, come scelta morale e civile. Ma anche come scelta economica, cardine di concorrenza e sviluppo.

La corruzione? “Una piaga putrefatta della società”. La definizione, durissima, è di Papa Francesco, nel giorno dell’annuncio del Giubileo, a metà aprile. Ripete, con sempre maggior forza, le altre prese di posizione del Pontefice, in stimolo alla crescita d’una maggiore e migliore moralità, pubblica e privata. E continua a trovare ampia eco e solidi consensi in molti settori politici, economici, culturali. Sono oramai parecchie, d’altronde, le voci che si levano contro la corruzione, una degenerazione della vita pubblica, ma anche dell’economia, del mercato e delle relazioni sociali: la Banca d’Italia, la Confindustria (in prima linea, l’Assolombarda, promotrice di una diffusa cultura della legalità), ma anche associazioni, fondazioni, organizzazioni attive nella vita sociale. Ed è netta la relazione che si mette in risalto tra crescita della corruzione e presenza della mafia (‘ndrangheta, camorra, Cosa Nostra siciliana) non solo nel Mezzogiorno, ma anche in molte aree del Nord. MiWorld, associazione di personalità dell’impresa, della cultura e dell’università, attiva nel dibattito milanese, ha messo a punto, di recente, uno studio sulla diffusione della cultura come antidoto alla corruzione e alla criminalità (è stato presentato a Milano il 24 aprile, alla Triennale). E il giudizio suona simile a quello pronunciato da Francis Fukuyama in uno dei suoi libri più importanti, “Political order and political decay” (due volumi, il primo del 2011 e il secondo del 2014) e ripreso da Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, l’associazione delle maggiori imprese italiane quotate in Borsa: “Fukuyama spiega che il clientelismo si estende nei Paesi in cui la democrazia si è affermata più rapidamente dei livelli educativi e culturali necessari per un uso consapevole dei diritti di voto. E’ un fenomeno diffuso nelle democrazie nascenti, nelle quali il consenso è fragile e l’educazione media della popolazione è ancora inadeguata”. Ma anche in Paesi di democrazia più solida, come in Italia, il degrado clientelare e culturale, unito a un’eccessiva presenza della mano pubblica (e dei partiti) negli ambiti economici e nella gestione della spesa pubblica è una fortissima molla alla diffusione della corruzione. Viene in mente l’antica lezione di Tacito: “Moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto”.

Nasce anche da questi giudizi l’impegno pubblico di Assonime, alla fine del marzo scorso, a presentare pubblicamente “Otto linee d’azione per le politiche di contrasto alla corruzione”: 1) dare piena attuazione alle misure esistenti (dalla legge Severino alle recenti modifiche del governo Renzi); 2) distinguere i ruoli della politica (scelte strategiche e indirizzo) da quelle dell’amministrazione (trasparenza, selezione meritocratica del personale della pubblica amministrazione, responsabilità e valutazione dei risultati); 3) circoscrivere le aree di contatto pubblico-privato (semplificando le procedure amministrative, eliminando le autorizzazioni non necessarie, riducendo le “stazioni appaltanti”; anche qui: trasparenza ed efficacia); 4) semplificare la normativa e migliorare la qualità della regolazione (le norme opache e di difficile comprensione e applicazione agevolano i corrotti e i corruttori); 5) assicurare efficacia e trasparenza nell’esercizio dell’azione amministrativa (trasparenza delle scelte fatte, rigorosi controlli sui risultati); 6) adottare un nuovo approccio nella disciplina dei contratti pubblici (semplificare il quadro normativo e rafforzare capacità gestionale e professionalità delle stazioni appaltanti); 7) rafforzare l’azione preventiva nelle imprese (un buon passo avanti è stato fatto con la legge 231 del 2001, adesso bisogna andare avanti anche con i “protocolli di legalità”, i “rating di legalità” e “migliori politiche di corporate social responsibility”); 8) promuovere la cultura della legalità nella società civile (“per combattere la corruzione occorre scardinare la cultura che la sostiene ed elevare il grado di avversione etica nei confronti della stessa”).

Temi forti, impegnativi. Cari, oltre che ad Assonime, anche ad Assolombarda che della legalità e della lotta alla mafia, oltre che del sostegno all’efficienza e all’efficacia dell’amministrazione della Giustizia, ha fatto obiettivi chiave delle iniziative di competitività e della diffusione della buona cultura d’impresa e del mercato, nel programma “Far volare Milano per far volare l’Italia”.

Lotta alla corruzione, dunque, come scelta morale e civile. Ma anche come scelta economica, cardine di concorrenza e sviluppo.

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