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Il racconto di Milano tra immagini e ricorrenze: una città in movimento

Raccontare Milano per immagini, parole letterarie in trasformazione, ricorrenze, musei. Raccontarla, per esempio, con un volume speciale fatto di lunghe strisce di carta che in due metri di disegni ne rappresentano lo skyline, tra persistenze storiche e grattacieli contemporanei: “Ecco Milano. Ritratto di una città che cambia” di Matteo Pericoli, architetto, per le edizioni Rizzoli (dopo analoghe iniziative per Londra e New York), con la convinzione che “i nuovi grattacieli hanno un alto potenziale narrativo”.

Raccontarla, ancora, con una serie Tv, “Monterossi”, su Amazon Prime Video (da lunedì), portando sugli schermi il personaggio letterario, Carlo Monterossi, appunto, protagonista dei brillanti “gialli” di Alessandro Robecchi per Sellerio. Il personaggio è interpretato con efficacia da Fabrizio Bentivoglio perfettamente a suo agio nei panni dell’autore di un programma da trash Tv, “Crazy Love” che si vergogna dei suoi prodotti ma gode dei ricchi compensi, coltiva passioni investigative e malinconie, ascolta ossessivamente le canzoni di Bob Dylan ed è “un vincente involontario che ama i perdenti” (parola del suo creatore Robecchi). Protagonista è anche la stessa Milano, nera e ironica, tutto il contrario delle “mille luci” di finanza, moda e comunicazione, tanto da fare dire a Robecchi, insofferente degli stereotipi: “Da trent’anni a Milano siamo tutti modelle e designer. Vorrei dire che non è così, ci vive gente normale. Si pensa al milanese come a un coglione ricco, da milanese mi vorrei ribellare” (“la Repubblica”, 15 gennaio).

Il design dei luoghi comuni, naturalmente. Perché poi, apparenze a parte, c’è il design vero, quello che connota, nel segno della qualità e della bellezza, la migliore cultura dell’industria e dell’immagine del nostro Paese e che a Milano offre straordinari racconti di sé all’ADI Design Museum in piazza Compasso d’Oro e in alcuni dei principali musei aziendali riuniti in Museimpresa (l’associazione fondata vent’anni da Assolombarda e Confindustria). Lì, all’Adi Museum, si esprime “l’identità di Milano attraverso la merce che si è fatta simbolo, civiltà materiale del nostro abitare”, come nota con sagacia Aldo Bonomi, sociologo attentissimo alle metamorfosi culturali e sociali e si documenta come continui a crescere, con rilevanza internazionale e ottimi risultati di export, un “capitalismo di territorio” che parla con i consumatori globali e ogni anno fa vivere un Salone del Mobile come iniziativa milanese e italiana d’eccellenza con respiro internazionale, punto d’incontro fondamentale tra industria, cultura e, appunto, design (“Il Sole24Ore”, 11 gennaio).

Raccontare Milano con le sue ricorrenze culturali, ancora. I cent’anni dalla nascita di Giorgio Strehler, con un fitto calendario di iniziative al Piccolo Teatro e con i dialoghi con altri soggetti di primo piano del panorama culturale, sotto la sapiente regia di Claudio Longhi, direttore del Piccolo, affascinato dalle risonanze ancora evidenti dell’Illuminismo lombardo e da una città “che conserva un senso del teatro in rapporto alla comunità abbastanza unico” (“la Repubblica”, 23 dicembre ‘21).

C’è anche il mezzo secolo di vita del Teatro Franco Parenti, inaugurato il 16 gennaio del 1973 con la rappresentazione dell’“Ambleto” di Giovanni Testori e ricordato proprio domenica sera, in annuncio e anticipazione, da Gioele Dix e Andrée Ruth Shammah, che del teatro è anima creativa indomabile.

O, ancora, i vent’anni del Teatro degli Arcimboldi, progettato da Vittorio Gregotti nel quartiere della Bicocca che era storica sede degli stabilimenti Pirelli. Un teatro che oggi è “hub di cultura e socialità, uno spazio dove possono star bene tutti, spettatori e artisti”, secondo il giudizio del suo gestore Gianmario Longoni (“la Repubblica”, 11 gennaio). Tutt’attorno, un quartiere in crescita, che ospita una grande università (oltre 30mila, gli studenti), residenze e attività di servizi, sedi di imprese (compreso l’Headquarters di Pirelli).

Il racconto delle ricorrenze, d’altronde, a Milano, non è mai “amarcord”. Semmai, un’occasione di bilancio e di annuncio di nuovi progetti. Un gioco d’intrecci tra memoria e futuro. L’abitudine, insomma, à quella di raccontare una città con la rappresentazione della sua vita in movimento. Perché qui si presume, tra impegni, investimenti e ambiziosi progetti, che il movimento sia particolarmente intenso, sino alla frenesia vanitosa. E qui, comunque, molte cose avvengono davvero, a dare retta per esempio alla classifica della qualità della vita elaborata, come ogni anno, da “Il Sole24Ore”, dove nel 2021 Milano torna in testa, subito dopo Trieste, riavvicinandosi al primato assoluto del 2019.Milano laboriosa, Milano vanitosa, messa in difficoltà, nelle sue tante dimensioni sociali e culturali (e dunque, anche chiaramente economiche), dal perdurare della pandemia da Covid19, tanto da pensare di rinviare all’estate il Salone del Mobile di aprile ma comunque mai ferma: si aprono _ tanto per ricordare solo le più recenti notizie di cronaca – i cantieri di MilanoSesto, sui 250mila metri quadri dell’ex area Falck (una delle principali riqualificazioni urbane d’Europa), prende corpo il nuovo Campus dell’Accademia d’arte di Brera nell’ex scalo ferroviario Farini, arrivano nuovi investimenti per Mind (Milano Innovation District, là dove sette anni fa si aprì l’Expo, l’impetuosa ripartenza della metropoli).

Nessuno, tra i soggetti sociali e culturali, nel mondo delle imprese e nei luoghi della pubblica amministrazione, si nasconde il peso della crisi. Nessuno ne sottovaluta i costi personali e sociali. Resta però chiara la coscienza di una caratteristica di fondo di una metropoli che richiama, assorbe, inserisce e sa come far vivere, insieme, produttività e inclusione sociale, competitività e solidarietà: una cultura del progetto, del lavoro, dell’impresa, del “saper fare”. Ripartenze, appunto. Anche il racconto ne fa parte.

(Photo by Emanuele Cremaschi/Getty Images)

Raccontare Milano per immagini, parole letterarie in trasformazione, ricorrenze, musei. Raccontarla, per esempio, con un volume speciale fatto di lunghe strisce di carta che in due metri di disegni ne rappresentano lo skyline, tra persistenze storiche e grattacieli contemporanei: “Ecco Milano. Ritratto di una città che cambia” di Matteo Pericoli, architetto, per le edizioni Rizzoli (dopo analoghe iniziative per Londra e New York), con la convinzione che “i nuovi grattacieli hanno un alto potenziale narrativo”.

Raccontarla, ancora, con una serie Tv, “Monterossi”, su Amazon Prime Video (da lunedì), portando sugli schermi il personaggio letterario, Carlo Monterossi, appunto, protagonista dei brillanti “gialli” di Alessandro Robecchi per Sellerio. Il personaggio è interpretato con efficacia da Fabrizio Bentivoglio perfettamente a suo agio nei panni dell’autore di un programma da trash Tv, “Crazy Love” che si vergogna dei suoi prodotti ma gode dei ricchi compensi, coltiva passioni investigative e malinconie, ascolta ossessivamente le canzoni di Bob Dylan ed è “un vincente involontario che ama i perdenti” (parola del suo creatore Robecchi). Protagonista è anche la stessa Milano, nera e ironica, tutto il contrario delle “mille luci” di finanza, moda e comunicazione, tanto da fare dire a Robecchi, insofferente degli stereotipi: “Da trent’anni a Milano siamo tutti modelle e designer. Vorrei dire che non è così, ci vive gente normale. Si pensa al milanese come a un coglione ricco, da milanese mi vorrei ribellare” (“la Repubblica”, 15 gennaio).

Il design dei luoghi comuni, naturalmente. Perché poi, apparenze a parte, c’è il design vero, quello che connota, nel segno della qualità e della bellezza, la migliore cultura dell’industria e dell’immagine del nostro Paese e che a Milano offre straordinari racconti di sé all’ADI Design Museum in piazza Compasso d’Oro e in alcuni dei principali musei aziendali riuniti in Museimpresa (l’associazione fondata vent’anni da Assolombarda e Confindustria). Lì, all’Adi Museum, si esprime “l’identità di Milano attraverso la merce che si è fatta simbolo, civiltà materiale del nostro abitare”, come nota con sagacia Aldo Bonomi, sociologo attentissimo alle metamorfosi culturali e sociali e si documenta come continui a crescere, con rilevanza internazionale e ottimi risultati di export, un “capitalismo di territorio” che parla con i consumatori globali e ogni anno fa vivere un Salone del Mobile come iniziativa milanese e italiana d’eccellenza con respiro internazionale, punto d’incontro fondamentale tra industria, cultura e, appunto, design (“Il Sole24Ore”, 11 gennaio).

Raccontare Milano con le sue ricorrenze culturali, ancora. I cent’anni dalla nascita di Giorgio Strehler, con un fitto calendario di iniziative al Piccolo Teatro e con i dialoghi con altri soggetti di primo piano del panorama culturale, sotto la sapiente regia di Claudio Longhi, direttore del Piccolo, affascinato dalle risonanze ancora evidenti dell’Illuminismo lombardo e da una città “che conserva un senso del teatro in rapporto alla comunità abbastanza unico” (“la Repubblica”, 23 dicembre ‘21).

C’è anche il mezzo secolo di vita del Teatro Franco Parenti, inaugurato il 16 gennaio del 1973 con la rappresentazione dell’“Ambleto” di Giovanni Testori e ricordato proprio domenica sera, in annuncio e anticipazione, da Gioele Dix e Andrée Ruth Shammah, che del teatro è anima creativa indomabile.

O, ancora, i vent’anni del Teatro degli Arcimboldi, progettato da Vittorio Gregotti nel quartiere della Bicocca che era storica sede degli stabilimenti Pirelli. Un teatro che oggi è “hub di cultura e socialità, uno spazio dove possono star bene tutti, spettatori e artisti”, secondo il giudizio del suo gestore Gianmario Longoni (“la Repubblica”, 11 gennaio). Tutt’attorno, un quartiere in crescita, che ospita una grande università (oltre 30mila, gli studenti), residenze e attività di servizi, sedi di imprese (compreso l’Headquarters di Pirelli).

Il racconto delle ricorrenze, d’altronde, a Milano, non è mai “amarcord”. Semmai, un’occasione di bilancio e di annuncio di nuovi progetti. Un gioco d’intrecci tra memoria e futuro. L’abitudine, insomma, à quella di raccontare una città con la rappresentazione della sua vita in movimento. Perché qui si presume, tra impegni, investimenti e ambiziosi progetti, che il movimento sia particolarmente intenso, sino alla frenesia vanitosa. E qui, comunque, molte cose avvengono davvero, a dare retta per esempio alla classifica della qualità della vita elaborata, come ogni anno, da “Il Sole24Ore”, dove nel 2021 Milano torna in testa, subito dopo Trieste, riavvicinandosi al primato assoluto del 2019.Milano laboriosa, Milano vanitosa, messa in difficoltà, nelle sue tante dimensioni sociali e culturali (e dunque, anche chiaramente economiche), dal perdurare della pandemia da Covid19, tanto da pensare di rinviare all’estate il Salone del Mobile di aprile ma comunque mai ferma: si aprono _ tanto per ricordare solo le più recenti notizie di cronaca – i cantieri di MilanoSesto, sui 250mila metri quadri dell’ex area Falck (una delle principali riqualificazioni urbane d’Europa), prende corpo il nuovo Campus dell’Accademia d’arte di Brera nell’ex scalo ferroviario Farini, arrivano nuovi investimenti per Mind (Milano Innovation District, là dove sette anni fa si aprì l’Expo, l’impetuosa ripartenza della metropoli).

Nessuno, tra i soggetti sociali e culturali, nel mondo delle imprese e nei luoghi della pubblica amministrazione, si nasconde il peso della crisi. Nessuno ne sottovaluta i costi personali e sociali. Resta però chiara la coscienza di una caratteristica di fondo di una metropoli che richiama, assorbe, inserisce e sa come far vivere, insieme, produttività e inclusione sociale, competitività e solidarietà: una cultura del progetto, del lavoro, dell’impresa, del “saper fare”. Ripartenze, appunto. Anche il racconto ne fa parte.

(Photo by Emanuele Cremaschi/Getty Images)

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