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Il successo del Salone del Libro e il nuovo ruolo di librerie e biblioteche

“Leggere produce indipendenza”, c’è scritto sulla trave di uno dei padiglioni del Salone del Libro di Torino, affollato quasi come nei tempi migliori da una moltitudine allegra di lettori, ragazze e ragazzi soprattutto, in fila paziente davanti alle sale colorate degli incontri con autrici e autori o intenti a sfogliare un volume dopo l’altro negli stand dei 715 espositori, tutti contenti di quel pubblico curioso, allegro, ricco di voglia di sapere e di vivere.

In tempi così difficili e controversi, densi di fake news e manipolazioni dell’informazione con finalità tutt’altro che culturali e democratiche e di nuove sfide poste da un fastidioso rumore di fondo di notizie gridate e “bruciate” dal sovraffollamento, la responsabilità dell’intelligenza è impegnarsi a cercare di capire, ascoltare meglio, distinguere, scegliere con acutezza critica. Leggere, dunque. Per il “piacere del testo”. Per avere un ruolo consapevole nella stagione della cosiddetta “economia della conoscenza” e della straordinaria diffusione della cultura digitale e dell’Intelligenza Artificiale (per scrivere e applicare algoritmi serve conoscenza profonda del loro senso e delle loro conseguenze, oltre che competenza tecnica: un lavoro da ingegneri-filosofi, con sensibilità morale). Leggere, per costruirsi un’opinione superando il fossato di una bestemmia, un urlo d’odio, un insulto frutto di razzismo e pregiudizio.

Eccolo, dunque, il ruolo dei libri. Quelli che sfidano il tempo, le mode passeggere, le polemiche miserelle sui social media e nei vocianti programmi Tv.

“Non tutti i nostri libri periranno”, si augura l’imperatore Adriano nelle “Memorie” ricostruite e raccontate da Marguerite Yourcenar. Proprio quell’Adriano che ragionava così: “Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.

La nostra è una stagione carica di complessità, in cui un inquietante “inverno dello spirito” si manifesta in molti modi, inquinando con violenze, sovranismi e razzismi le conquiste di democrazia, libertà critica e responsabile e benessere condiviso. Ma in cui, contemporaneamente, emergono con nettezza segnali forti di un’opinione publica che, soprattutto nelle nuove generazioni, parla di qualità della vita, sostenibilità ambientale e sociale, economia circolare, solidarietà e inclusione. Il cardine della svolta sta anche in un buon libro. In una crescente abitudine a leggere e dunque a pensare. Tornano in mente le parole di Umberto Eco, sul libro oggetto indispensabile e perfetto, come un cucchiaio o una bicicletta, di cui non potremo mai più fare a meno.

Gli italiani lo stanno capendo davvero? Ne stanno finalmente imparando il valore? Proprio al Salone del Libro sono stati messi in evidenza alcuni dati interessanti. Le vendite di libri (di “varia” e cioè di letteratura e saggistica) nei primi nove mesi del ‘21 sono aumentate, per fatturato, del 29% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e del 16% rispetto al 2019 (secondo una ricerca dell’Associazione Italiana Editori, in collaborazione con Nielsen). In aumento anche il numero di copie vendute, del 31% sul ‘20 e del 18% sul ‘19. La pandemia da Covid19, da questo punto di vista, ha avuto un effetto positivo: chiusi in casa o comunque con forti limitazioni nell’uso del tempo libero (niente teatri, concerti, cinema, sport), ci siamo affidati ai libri. E anche la scelta di tenere aperte le librerie, come negozi di consumi essenziali, ha avuto un impatto benefico sul pubblico.

Diminuiscono, però, gli italiani che leggono, oggi al 56% rispetto al 65% del ‘19 e al 59% del ‘20. Il che vuol dire che aumenta il numero dei “lettori forti” (quello che leggono almeno dieci libri all’anno) e di chi, comunque, un libro l’ha già preso in mano, apprezzandone il valore.

C’è dunque un contrasto: gli italiani comprano più libri, ma poco meno di uno su due è completamente estraneo al mondo della lettura (erano uno su tre, prima della pandemia). Al Sud e tra le giovani generazioni (nella fascia d’età tra i 15 e i 17 anni) va anche peggio, con un peso negativo crescente tra chi ha un basso titolo di studio.

“Siamo di fronte a un’emergenza nazionale, anche se il mondo del libro è in buona salute”, sintetizza Ricardo Franco Levi, presidente dell’Associazione Editori.

Bisogna dunque insistere sulle politiche per la lettura, sostenere le librerie (soprattutto quelle indipendenti, attivissime durante il lock down e indispensabili per orientare il lettore, con consigli nella scelta di cosa leggere) e lavorare molto anche per il potenziamento delle biblioteche, pubbliche e private.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, proprio al Salone del Libro, ha annunciato l’impegno di ricostruire e rafforzare la rete delle biblioteche scolastiche. E cresce, nel mondo delle imprese, l’interesse per la diffusione delle biblioteche aziendali, finora limitate a pochi casi (hanno successo, come sanno i lettori di questo i blog, le biblioteche Pirelli, sia nell’Head Quarter di Milano Bicocca sia nelle fabbriche di Settimo Torinese e Bollate, inaugurate giusto a metà ottobre di cinque anni fa).

E’ con i giovani, soprattutto, che bisogna parlare, per fare crescere il pubblico anche nel futuro. Ha già funzionato, per esempio, l’App 18, che eroga 500 euro per i consumi culturali dei diciottenni e che molti hanno usato per comprare libri, con occhio attento pure per i fumetti. E hanno peso le iniziative sulla lettura dei professori più sensibili, già fin dalle prime classi delle scuole elementari. La forte affluenza di studenti al Salone ne è conferma.

Stimoli arrivano anche dal mondo dei premi letterari. L’iniziativa del “Campiello Junior” appena lanciata dal Premio Campiello e dalla Fondazione Pirelli per scrittori di libri di letteratura e poesia per la generazione dai 10 ai 14 anni, va in questa direzione: diffondere “il piacere della lettura” oltre che la consapevolezza del ruolo formativo dei buoni libri per la propria crescita personale e, poi, professionale.

“Avere, da adolescenti, uno scaffale domestico ben fornito di libri dà una marcia in più nella vita: i ragazzi che hanno avuto almeno 80 libri in casa oggi hanno competenze linguistiche, matematiche e tecnologiche superiori alla media”. Lo suggeriva, già tre anni fa, uno studio, pubblicato su Social Science Research, che riguardava 160 mila adulti da 31 nazioni, con dati raccolti dal Programme for the International Assessment of Adult Competencies dell’Ocse”. Una prospettiva che proprio adesso è sempre più di attualità.

“Leggere produce indipendenza”, c’è scritto sulla trave di uno dei padiglioni del Salone del Libro di Torino, affollato quasi come nei tempi migliori da una moltitudine allegra di lettori, ragazze e ragazzi soprattutto, in fila paziente davanti alle sale colorate degli incontri con autrici e autori o intenti a sfogliare un volume dopo l’altro negli stand dei 715 espositori, tutti contenti di quel pubblico curioso, allegro, ricco di voglia di sapere e di vivere.

In tempi così difficili e controversi, densi di fake news e manipolazioni dell’informazione con finalità tutt’altro che culturali e democratiche e di nuove sfide poste da un fastidioso rumore di fondo di notizie gridate e “bruciate” dal sovraffollamento, la responsabilità dell’intelligenza è impegnarsi a cercare di capire, ascoltare meglio, distinguere, scegliere con acutezza critica. Leggere, dunque. Per il “piacere del testo”. Per avere un ruolo consapevole nella stagione della cosiddetta “economia della conoscenza” e della straordinaria diffusione della cultura digitale e dell’Intelligenza Artificiale (per scrivere e applicare algoritmi serve conoscenza profonda del loro senso e delle loro conseguenze, oltre che competenza tecnica: un lavoro da ingegneri-filosofi, con sensibilità morale). Leggere, per costruirsi un’opinione superando il fossato di una bestemmia, un urlo d’odio, un insulto frutto di razzismo e pregiudizio.

Eccolo, dunque, il ruolo dei libri. Quelli che sfidano il tempo, le mode passeggere, le polemiche miserelle sui social media e nei vocianti programmi Tv.

“Non tutti i nostri libri periranno”, si augura l’imperatore Adriano nelle “Memorie” ricostruite e raccontate da Marguerite Yourcenar. Proprio quell’Adriano che ragionava così: “Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.

La nostra è una stagione carica di complessità, in cui un inquietante “inverno dello spirito” si manifesta in molti modi, inquinando con violenze, sovranismi e razzismi le conquiste di democrazia, libertà critica e responsabile e benessere condiviso. Ma in cui, contemporaneamente, emergono con nettezza segnali forti di un’opinione publica che, soprattutto nelle nuove generazioni, parla di qualità della vita, sostenibilità ambientale e sociale, economia circolare, solidarietà e inclusione. Il cardine della svolta sta anche in un buon libro. In una crescente abitudine a leggere e dunque a pensare. Tornano in mente le parole di Umberto Eco, sul libro oggetto indispensabile e perfetto, come un cucchiaio o una bicicletta, di cui non potremo mai più fare a meno.

Gli italiani lo stanno capendo davvero? Ne stanno finalmente imparando il valore? Proprio al Salone del Libro sono stati messi in evidenza alcuni dati interessanti. Le vendite di libri (di “varia” e cioè di letteratura e saggistica) nei primi nove mesi del ‘21 sono aumentate, per fatturato, del 29% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e del 16% rispetto al 2019 (secondo una ricerca dell’Associazione Italiana Editori, in collaborazione con Nielsen). In aumento anche il numero di copie vendute, del 31% sul ‘20 e del 18% sul ‘19. La pandemia da Covid19, da questo punto di vista, ha avuto un effetto positivo: chiusi in casa o comunque con forti limitazioni nell’uso del tempo libero (niente teatri, concerti, cinema, sport), ci siamo affidati ai libri. E anche la scelta di tenere aperte le librerie, come negozi di consumi essenziali, ha avuto un impatto benefico sul pubblico.

Diminuiscono, però, gli italiani che leggono, oggi al 56% rispetto al 65% del ‘19 e al 59% del ‘20. Il che vuol dire che aumenta il numero dei “lettori forti” (quello che leggono almeno dieci libri all’anno) e di chi, comunque, un libro l’ha già preso in mano, apprezzandone il valore.

C’è dunque un contrasto: gli italiani comprano più libri, ma poco meno di uno su due è completamente estraneo al mondo della lettura (erano uno su tre, prima della pandemia). Al Sud e tra le giovani generazioni (nella fascia d’età tra i 15 e i 17 anni) va anche peggio, con un peso negativo crescente tra chi ha un basso titolo di studio.

“Siamo di fronte a un’emergenza nazionale, anche se il mondo del libro è in buona salute”, sintetizza Ricardo Franco Levi, presidente dell’Associazione Editori.

Bisogna dunque insistere sulle politiche per la lettura, sostenere le librerie (soprattutto quelle indipendenti, attivissime durante il lock down e indispensabili per orientare il lettore, con consigli nella scelta di cosa leggere) e lavorare molto anche per il potenziamento delle biblioteche, pubbliche e private.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, proprio al Salone del Libro, ha annunciato l’impegno di ricostruire e rafforzare la rete delle biblioteche scolastiche. E cresce, nel mondo delle imprese, l’interesse per la diffusione delle biblioteche aziendali, finora limitate a pochi casi (hanno successo, come sanno i lettori di questo i blog, le biblioteche Pirelli, sia nell’Head Quarter di Milano Bicocca sia nelle fabbriche di Settimo Torinese e Bollate, inaugurate giusto a metà ottobre di cinque anni fa).

E’ con i giovani, soprattutto, che bisogna parlare, per fare crescere il pubblico anche nel futuro. Ha già funzionato, per esempio, l’App 18, che eroga 500 euro per i consumi culturali dei diciottenni e che molti hanno usato per comprare libri, con occhio attento pure per i fumetti. E hanno peso le iniziative sulla lettura dei professori più sensibili, già fin dalle prime classi delle scuole elementari. La forte affluenza di studenti al Salone ne è conferma.

Stimoli arrivano anche dal mondo dei premi letterari. L’iniziativa del “Campiello Junior” appena lanciata dal Premio Campiello e dalla Fondazione Pirelli per scrittori di libri di letteratura e poesia per la generazione dai 10 ai 14 anni, va in questa direzione: diffondere “il piacere della lettura” oltre che la consapevolezza del ruolo formativo dei buoni libri per la propria crescita personale e, poi, professionale.

“Avere, da adolescenti, uno scaffale domestico ben fornito di libri dà una marcia in più nella vita: i ragazzi che hanno avuto almeno 80 libri in casa oggi hanno competenze linguistiche, matematiche e tecnologiche superiori alla media”. Lo suggeriva, già tre anni fa, uno studio, pubblicato su Social Science Research, che riguardava 160 mila adulti da 31 nazioni, con dati raccolti dal Programme for the International Assessment of Adult Competencies dell’Ocse”. Una prospettiva che proprio adesso è sempre più di attualità.

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