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Immagini d’impresa

Un’impresa è anche l’immagine che riesce a dare di se’.  Certo,  l’immagine non è il tutto. Occorre il prodotto. Ma l’immagine racconta il tutto, con tratti, parole, scatti, disegni, istantanee di un processo produttivo che dal nulla arriva a qualcosa di definito. Lo sanno – e molto bene -, i bravi comunicatori d’impresa e tutti quelli che si occupano, con avvedutezza, di mercati e di vendite.  Ma l’immagine è ciò che l’impresa dice fuori di essa, e anche dentro. Capire come l’impresa parla di se’ e che immagine dà di se’, è importante per comprendere la cultura che l’ha fatta nascere e la fa vivere.

Paradigma – uno ma non il solo – di tutto questo è certamente la Olivetti di Ivrea, così come lo è anche la Pirelli e lo sono altre “fabbriche di prodotti e di cultura” che hanno caratterizzato l’economia italiana. “Millesimo di millimetro” di Caterina Cristina Fiorentino (architetto e ricercatrice in Disegno industriale presso il Dipartimento di Architettura  della SUN), appena pubblicato, rappresenta un’occasione importante per viaggiare nella storia della creazione e dello sviluppo dell’immagine della Olivetti.

E’ un testo denso – non sempre facile -, che racconta bene  la nascita e l’evoluzione del  codice visivo della Olivetti, cioè dell’apparato di idee e quindi  di segni posti dietro a tutti gli elaborati grafici che hanno accompagnato l’attività della fabbrica dal 1908 al 1978.  Settant’anni di fantasia e ingegno produttivi raccontati con linee, disegni, colori, poesie, testi in prosa, filmati e fotografie che hanno costituito lo “stile Olivetti”. La fatica di Fiorentino (che ha un buon apparato iconografico), racconta della nascita delle campagne pubblicitarie più importanti, di icone come le “Olivetti Girls”, ma anche dei “Libri Rossi” (veri strumenti di lavoro per anni per tutti i progettisti dell’azienda), e poi di strumenti per scrivere come la Lexikon, la Lettera 22, la Valentina e di quelli per far di calcolo come la Divisumma e la Multisumma. Ma il volume è anche un viaggio in compagnia di personaggi – che per la Olivetti hanno lavorato e molto -, come Elio Vittorini, Libero Bigiaretti, Giovanni Giudici, Franco Fortini ma anche Albe Steiner e Marcello Doduvich.

“L’immagine di un’azienda – scrive Renzo Zorzi, uno dei più assidui della Olivetti, citato nel libro -, è data dalla capacità di concentrare l’attenzione sul suo reale modo di essere, di rivelare la sua natura più sostanziale, quel che produce, come risolve i problemi dei suoi rapporti col proprio pubblico, col territorio e la comunità in cui opera, di rendere esplicita la cultura che essa esprime, i valori che assume e di cui si fa portatrice, il contributo che essa dà allo sviluppo umano. Fuori di questo è pura finzione, una costruzione propagandistica, una metafora rimasta a metà, che ha perduto il proprio termine di riferimento e il proprio fine”.

Dalle pagine di Fiorentino, dunque, si delineano i tratti di una Olivetti caratterizzata da quell’umanesimo industriale (formula coniata proprio da Vittorini nel ’39 per la comunicazione aziendale), che è stato e che rappresenta un’impresa che non è possibile ripetere così, ma che continua a improntare di se’ il meglio della cultura industriale del Paese.

Da leggere, infine, la postfazione di Eugenio Pacchioli “Con la cultura i bilanci scodinzolano”.

Millesimo di millimetro. I segni del codice visivo Olivetti 1908-1978

Caterina Cristina Fiorentino

Il Mulino, 2014

Un’impresa è anche l’immagine che riesce a dare di se’.  Certo,  l’immagine non è il tutto. Occorre il prodotto. Ma l’immagine racconta il tutto, con tratti, parole, scatti, disegni, istantanee di un processo produttivo che dal nulla arriva a qualcosa di definito. Lo sanno – e molto bene -, i bravi comunicatori d’impresa e tutti quelli che si occupano, con avvedutezza, di mercati e di vendite.  Ma l’immagine è ciò che l’impresa dice fuori di essa, e anche dentro. Capire come l’impresa parla di se’ e che immagine dà di se’, è importante per comprendere la cultura che l’ha fatta nascere e la fa vivere.

Paradigma – uno ma non il solo – di tutto questo è certamente la Olivetti di Ivrea, così come lo è anche la Pirelli e lo sono altre “fabbriche di prodotti e di cultura” che hanno caratterizzato l’economia italiana. “Millesimo di millimetro” di Caterina Cristina Fiorentino (architetto e ricercatrice in Disegno industriale presso il Dipartimento di Architettura  della SUN), appena pubblicato, rappresenta un’occasione importante per viaggiare nella storia della creazione e dello sviluppo dell’immagine della Olivetti.

E’ un testo denso – non sempre facile -, che racconta bene  la nascita e l’evoluzione del  codice visivo della Olivetti, cioè dell’apparato di idee e quindi  di segni posti dietro a tutti gli elaborati grafici che hanno accompagnato l’attività della fabbrica dal 1908 al 1978.  Settant’anni di fantasia e ingegno produttivi raccontati con linee, disegni, colori, poesie, testi in prosa, filmati e fotografie che hanno costituito lo “stile Olivetti”. La fatica di Fiorentino (che ha un buon apparato iconografico), racconta della nascita delle campagne pubblicitarie più importanti, di icone come le “Olivetti Girls”, ma anche dei “Libri Rossi” (veri strumenti di lavoro per anni per tutti i progettisti dell’azienda), e poi di strumenti per scrivere come la Lexikon, la Lettera 22, la Valentina e di quelli per far di calcolo come la Divisumma e la Multisumma. Ma il volume è anche un viaggio in compagnia di personaggi – che per la Olivetti hanno lavorato e molto -, come Elio Vittorini, Libero Bigiaretti, Giovanni Giudici, Franco Fortini ma anche Albe Steiner e Marcello Doduvich.

“L’immagine di un’azienda – scrive Renzo Zorzi, uno dei più assidui della Olivetti, citato nel libro -, è data dalla capacità di concentrare l’attenzione sul suo reale modo di essere, di rivelare la sua natura più sostanziale, quel che produce, come risolve i problemi dei suoi rapporti col proprio pubblico, col territorio e la comunità in cui opera, di rendere esplicita la cultura che essa esprime, i valori che assume e di cui si fa portatrice, il contributo che essa dà allo sviluppo umano. Fuori di questo è pura finzione, una costruzione propagandistica, una metafora rimasta a metà, che ha perduto il proprio termine di riferimento e il proprio fine”.

Dalle pagine di Fiorentino, dunque, si delineano i tratti di una Olivetti caratterizzata da quell’umanesimo industriale (formula coniata proprio da Vittorini nel ’39 per la comunicazione aziendale), che è stato e che rappresenta un’impresa che non è possibile ripetere così, ma che continua a improntare di se’ il meglio della cultura industriale del Paese.

Da leggere, infine, la postfazione di Eugenio Pacchioli “Con la cultura i bilanci scodinzolano”.

Millesimo di millimetro. I segni del codice visivo Olivetti 1908-1978

Caterina Cristina Fiorentino

Il Mulino, 2014

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