Imparare l’intraprendenza d’impresa
Si può anche imparare ad essere imprenditori. Certo, la voglia di rischiare, intraprendere, esplorare, occorre averla dentro, ma quest’essenza deve anche essere aiutata a farsi vedere,a diventare per davvero cultura d’impresa. I modi possono essere tanti. È certamente vero, tuttavia, che uno di questi sta nella formazione e nella scuola.
“Educazione all’imprenditorialità, orientamento all’iniziativa” è una ricerca – pubblicata su Pedagogia oggi della Siped (la Società Italiana di Pedagogia) -, che può essere utile per capire meglio questo aspetto della cultura d’impresa.
Si tratta di un intervento scritto da Roberta Piazza (Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Catania), che affronta il tema dell’educazione all’imprenditorialità collegato all’insegnamento. “Il successo dell’educazione all’imprenditorialità (EE dalla formulazione in inglese) è ormai internazionale”, spiega l’autrice, ma “la ricerca in Europa mostra che fin troppa attenzione è volta alla capacità degli studenti di creare impresa e meno alle molteplici attività educative attraverso le quali è possibile effettivamente stimolare comportamenti intraprendenti”. La ricerca quindi si sofferma sui significati di Educazione all’intraprendenza (EE) “cercando di definirne il focus in funzione dell’acquisizione di quelle capacità richieste ai giovani di sviluppare la creatività e far fronte al costante cambiamento nel lavoro”.
Roberta Piazza prende in esame prima come la EE sia inquadrata in Italia e in Europa, soprattutto nell’ambito della formazione e dell’organizzazione scolastica, e poi approfondisce i meccanismi del passaggio dall’educazione all’imprenditorialità alle azioni per “orientare” i giovani verso le iniziative imprenditoriali. Vengono quindi elencati diversi aspetti che un’educazione di questo genere deve contenere per essere tale. Ma viene soprattutto puntato il dito su due carenze: la scarsa partecipazione degli imprenditori alla formazione all’imprenditorialità e l’emarginazione di cui questo tipo di educazione soffre nell’ambito universitario. Viene spiegato che “l’incertezza sul significato da assegnare all’educazione all’imprenditorialità, la mancanza di adeguata formazione del personale universitario, le difficoltà a coinvolgere imprenditori nei percorsi formativi e valutativi, la tradizionale valutazione accademica delle conoscenze piuttosto che delle competenze e dei comportamenti sono solo alcuni degli impedimenti che limitano l’inserimento dell’EE nelle università. Per quanto sia insistente la richiesta politica di includere sempre più l’imprenditorialità all’interno dei percorsi formativi, non è difficile notare quanto tale modello educativo sia sostanzialmente ai margini della formazione universitaria, patrimonio degli ambiti economici e manageriali, sostanzialmente isolato rispetto le tradizionali attività della ricerca e della didattica”.
Da tutto questo, un’altra sfida per il nostro Paese: “Promuovere il potenziale imprenditoriale – dice Roberta Piazza -, è diventato un’altra missione (ancora!) per l’istruzione superiore, piuttosto che un valore condiviso. Per divenire centrale, l’EE dovrebbe invece essere inclusa nell’architettura istituzionale delle università, quale contributo agli obiettivi istituzionali dell’insegnamento di qualità e della ricerca”.
Educazione all’imprenditorialità, orientamento all’iniziativa
Roberta Piazza
Pedagogia oggi, 1/2015 (Siped)
Si può anche imparare ad essere imprenditori. Certo, la voglia di rischiare, intraprendere, esplorare, occorre averla dentro, ma quest’essenza deve anche essere aiutata a farsi vedere,a diventare per davvero cultura d’impresa. I modi possono essere tanti. È certamente vero, tuttavia, che uno di questi sta nella formazione e nella scuola.
“Educazione all’imprenditorialità, orientamento all’iniziativa” è una ricerca – pubblicata su Pedagogia oggi della Siped (la Società Italiana di Pedagogia) -, che può essere utile per capire meglio questo aspetto della cultura d’impresa.
Si tratta di un intervento scritto da Roberta Piazza (Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale all’Università di Catania), che affronta il tema dell’educazione all’imprenditorialità collegato all’insegnamento. “Il successo dell’educazione all’imprenditorialità (EE dalla formulazione in inglese) è ormai internazionale”, spiega l’autrice, ma “la ricerca in Europa mostra che fin troppa attenzione è volta alla capacità degli studenti di creare impresa e meno alle molteplici attività educative attraverso le quali è possibile effettivamente stimolare comportamenti intraprendenti”. La ricerca quindi si sofferma sui significati di Educazione all’intraprendenza (EE) “cercando di definirne il focus in funzione dell’acquisizione di quelle capacità richieste ai giovani di sviluppare la creatività e far fronte al costante cambiamento nel lavoro”.
Roberta Piazza prende in esame prima come la EE sia inquadrata in Italia e in Europa, soprattutto nell’ambito della formazione e dell’organizzazione scolastica, e poi approfondisce i meccanismi del passaggio dall’educazione all’imprenditorialità alle azioni per “orientare” i giovani verso le iniziative imprenditoriali. Vengono quindi elencati diversi aspetti che un’educazione di questo genere deve contenere per essere tale. Ma viene soprattutto puntato il dito su due carenze: la scarsa partecipazione degli imprenditori alla formazione all’imprenditorialità e l’emarginazione di cui questo tipo di educazione soffre nell’ambito universitario. Viene spiegato che “l’incertezza sul significato da assegnare all’educazione all’imprenditorialità, la mancanza di adeguata formazione del personale universitario, le difficoltà a coinvolgere imprenditori nei percorsi formativi e valutativi, la tradizionale valutazione accademica delle conoscenze piuttosto che delle competenze e dei comportamenti sono solo alcuni degli impedimenti che limitano l’inserimento dell’EE nelle università. Per quanto sia insistente la richiesta politica di includere sempre più l’imprenditorialità all’interno dei percorsi formativi, non è difficile notare quanto tale modello educativo sia sostanzialmente ai margini della formazione universitaria, patrimonio degli ambiti economici e manageriali, sostanzialmente isolato rispetto le tradizionali attività della ricerca e della didattica”.
Da tutto questo, un’altra sfida per il nostro Paese: “Promuovere il potenziale imprenditoriale – dice Roberta Piazza -, è diventato un’altra missione (ancora!) per l’istruzione superiore, piuttosto che un valore condiviso. Per divenire centrale, l’EE dovrebbe invece essere inclusa nell’architettura istituzionale delle università, quale contributo agli obiettivi istituzionali dell’insegnamento di qualità e della ricerca”.
Educazione all’imprenditorialità, orientamento all’iniziativa
Roberta Piazza
Pedagogia oggi, 1/2015 (Siped)