Imprese nuove, cultura nuova
L’impresa per vivere e crescere deve innovare. Questione ormai vecchia, quella dell’innovazione, è ormai declinata con modalità diverse che, tuttavia, devono tutte confrontarsi con alcuni vincoli: la necessità della presenza di un imprenditore attento, il contesto nel quale l’impresa agisce, le prospettive del comparto. Insomma, mettere insieme aziende – italiane e magari medio-piccole -, e innovazione non è cosa facile, ma è comunque cosa necessaria.
Per capire meglio ciò che può accadere, è interessante leggere “Nuovi modelli imprenditoriali, tendenze e politiche di sostegno”, un articolo scritto da Donato Iacobucci (Professore Associato alla Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Ingegneria Informatica Gestionale e dell’Automazione), che esamina da vicino quanto è successo negli ultimi anni al sistema industriale manifatturiero delle Marche.
In particolare, la ricerca (apparsa poche settimane fa su Prisma Economia Società Lavoro), analizza la situazione che si è creata nel sistema delle imprese marchigiane a seguito della crisi internazionale del 2009 e della conseguente fase recessiva che ha interessato l’Italia nell’ultimo triennio.
Qui, la manifattura è stata colpita più che nella media nazionale. L’autore spiega questo fatto andandone a cercare le ragioni “nel peculiare modello di specializzazione della regione e nel conseguente modello di innovazione, scarsamente fondato sulle attività di ricerca”. In altre parole, l’idea di base è che le imprese delle Marche hanno sì risposto alla crisi cercando di innovare, ma l’innovazione non è passata dalla ricerca. E’ stata, in un certo senso, un’innovazione zoppa, fragile, esposta in maniera eccessiva ai venti della crisi. Da qui nascono due punti fermi che si trasformano in proposte. Per Iacobucci è importante “favorire l’avvio di nuove imprese in settori a più alto contenuto di conoscenza”, sarebbero queste, infatti, in grado di “contribuire a diversificare il sistema produttivo e a fornire maggiore contenuto di innovazione alle attività esistenti”. Un traguardo determinante per il futuro che, però, può essere raggiunto solo cambiando anche i modelli di “attivazione imprenditoriale”. Insomma, ancora una volta ciò che ci deve essere è un salto di qualità nelle menti d’impresa e nella cultura aziendale che non sempre è facile da fare.
Poi c’è il secondo punto/proposta: la necessità di agevolare i giovani imprenditori nella creazione di nuove imprese. Una strada accidentata, quest’ultima, che si trova a fare i conti con un altro freno allo sviluppo tipico del Paese: il reperimento di adeguate risorse finanziarie.
Il lavoro di Iacobucci ha il pregio di partire da una situazione reale che viene analizzata con un impianto teorico adeguato; è un articolo breve e intenso, da leggere con attenzione.
Nuovi modelli imprenditoriali, tendenze e politiche di sostegno
Donato Iacobucci
Prisma Economia Società Lavoro, 2014 Fascicolo 2
L’impresa per vivere e crescere deve innovare. Questione ormai vecchia, quella dell’innovazione, è ormai declinata con modalità diverse che, tuttavia, devono tutte confrontarsi con alcuni vincoli: la necessità della presenza di un imprenditore attento, il contesto nel quale l’impresa agisce, le prospettive del comparto. Insomma, mettere insieme aziende – italiane e magari medio-piccole -, e innovazione non è cosa facile, ma è comunque cosa necessaria.
Per capire meglio ciò che può accadere, è interessante leggere “Nuovi modelli imprenditoriali, tendenze e politiche di sostegno”, un articolo scritto da Donato Iacobucci (Professore Associato alla Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Ingegneria Informatica Gestionale e dell’Automazione), che esamina da vicino quanto è successo negli ultimi anni al sistema industriale manifatturiero delle Marche.
In particolare, la ricerca (apparsa poche settimane fa su Prisma Economia Società Lavoro), analizza la situazione che si è creata nel sistema delle imprese marchigiane a seguito della crisi internazionale del 2009 e della conseguente fase recessiva che ha interessato l’Italia nell’ultimo triennio.
Qui, la manifattura è stata colpita più che nella media nazionale. L’autore spiega questo fatto andandone a cercare le ragioni “nel peculiare modello di specializzazione della regione e nel conseguente modello di innovazione, scarsamente fondato sulle attività di ricerca”. In altre parole, l’idea di base è che le imprese delle Marche hanno sì risposto alla crisi cercando di innovare, ma l’innovazione non è passata dalla ricerca. E’ stata, in un certo senso, un’innovazione zoppa, fragile, esposta in maniera eccessiva ai venti della crisi. Da qui nascono due punti fermi che si trasformano in proposte. Per Iacobucci è importante “favorire l’avvio di nuove imprese in settori a più alto contenuto di conoscenza”, sarebbero queste, infatti, in grado di “contribuire a diversificare il sistema produttivo e a fornire maggiore contenuto di innovazione alle attività esistenti”. Un traguardo determinante per il futuro che, però, può essere raggiunto solo cambiando anche i modelli di “attivazione imprenditoriale”. Insomma, ancora una volta ciò che ci deve essere è un salto di qualità nelle menti d’impresa e nella cultura aziendale che non sempre è facile da fare.
Poi c’è il secondo punto/proposta: la necessità di agevolare i giovani imprenditori nella creazione di nuove imprese. Una strada accidentata, quest’ultima, che si trova a fare i conti con un altro freno allo sviluppo tipico del Paese: il reperimento di adeguate risorse finanziarie.
Il lavoro di Iacobucci ha il pregio di partire da una situazione reale che viene analizzata con un impianto teorico adeguato; è un articolo breve e intenso, da leggere con attenzione.
Nuovi modelli imprenditoriali, tendenze e politiche di sostegno
Donato Iacobucci
Prisma Economia Società Lavoro, 2014 Fascicolo 2