Inalienabile spirito d’impresa
La cultura d’impresa – quella buona -, nasce e cresce anche guardando a ciò che di buono è già stato fatto. Questione di educazione e di ambiente, ma anche di imitazione accorta e sensata. Esempi, dunque, ma senza pretesa di diventare ogni volta lezioni di management. Storie di imprenditori che hanno tentato la loro strada e, spesso, sono riusciti a percorrerla con successo. Ma non sempre.
E’ questo il senso di “Dai che ce la facciamo! Storie di quelli con la fila di fuori” di Gianluca Spadoni, un volume di poco più di 110 pagine appena pubblicato che non è altro che la raccolta di 16 storie d’impresa e di intraprendenza raccontate per davvero, quasi in presa diretta.
Spadoni insegna all’Executive Master di Sales e Marketing di Alma Mater, la Business School dell’Università di Bologna e si occupa di anni di imprese e dei loro percorsi di crescita. Scrive di ciò che ha visto. E lo fa bene.
Il libro, quindi, contiene una dietro l’altra storie di imprenditori (tutti italiani), non certo noti al grande pubblico ma veri e di cui semplicemente viene raccontata la vicenda. E’ ciò che è accaduto ad insegnare qualcosa a chi legge. Ogni capitolo è caratterizzato da un titolo brevissimo – spesso di una sola parola -, e per questo efficace, che sintetizza la qualità o il tratto principale dell’imprenditore protagonista. Al fondo del racconto, una riquadro di “insegnamenti” con non più di 4-5 righe. Si parla così di perseveranza, visione, fiducia, passione, gioia, unicità, coraggio, sacrificio, capacità di ricominciare, capacità di mettere nel giusto ordine le cose, capacità di trarre qualcosa di utile da tutto. Lungo le pagine, quindi, si susseguono le vite di imprenditori del turismo e della ristorazione, agricoltori e imprenditori metalmeccanici, e poi ancora tessili e del design, e di altri dediti all’immobiliare e alla vendita ambulante, e ancora di gene che ha creato imprese attive nel settore della comunicazione e dell’immagine oltre che della cosmetica.
“Dai che ce la facciamo!” si legge in qualche ora appassionata, prende e, soprattutto, ha un grande pregio: si tratta di un libro positivo, anche se parla di cose italiane. Le parole di Spadoni – è necessario dirlo -, non nascondono le difficoltà, gli sbagli, gli insuccessi dei singoli. Ma nelle pagine c’è un forte spirito d’avventura unito ad un altrettanto forte raziocino e ad un incontenibile entusiasmo. E nessuna formula precostituita. Scrive l’autore al fondo della sua corsa letteraria: “Scopriamo così che non ci sono regole valide per tutti, che non si può estrarre un vademecum applicabile a qualsiasi situazione, ma esistono atteggiamenti e disposizioni d’animo che restano saldi e solidi anche quando cambiano le circostanze e che garantiscono la buona riuscita dell’impresa”.
Dai che ce la facciamo! Storie di quelli con la fila di fuori
Gianluca Spadoni
Franco Angeli, 2016


La cultura d’impresa – quella buona -, nasce e cresce anche guardando a ciò che di buono è già stato fatto. Questione di educazione e di ambiente, ma anche di imitazione accorta e sensata. Esempi, dunque, ma senza pretesa di diventare ogni volta lezioni di management. Storie di imprenditori che hanno tentato la loro strada e, spesso, sono riusciti a percorrerla con successo. Ma non sempre.
E’ questo il senso di “Dai che ce la facciamo! Storie di quelli con la fila di fuori” di Gianluca Spadoni, un volume di poco più di 110 pagine appena pubblicato che non è altro che la raccolta di 16 storie d’impresa e di intraprendenza raccontate per davvero, quasi in presa diretta.
Spadoni insegna all’Executive Master di Sales e Marketing di Alma Mater, la Business School dell’Università di Bologna e si occupa di anni di imprese e dei loro percorsi di crescita. Scrive di ciò che ha visto. E lo fa bene.
Il libro, quindi, contiene una dietro l’altra storie di imprenditori (tutti italiani), non certo noti al grande pubblico ma veri e di cui semplicemente viene raccontata la vicenda. E’ ciò che è accaduto ad insegnare qualcosa a chi legge. Ogni capitolo è caratterizzato da un titolo brevissimo – spesso di una sola parola -, e per questo efficace, che sintetizza la qualità o il tratto principale dell’imprenditore protagonista. Al fondo del racconto, una riquadro di “insegnamenti” con non più di 4-5 righe. Si parla così di perseveranza, visione, fiducia, passione, gioia, unicità, coraggio, sacrificio, capacità di ricominciare, capacità di mettere nel giusto ordine le cose, capacità di trarre qualcosa di utile da tutto. Lungo le pagine, quindi, si susseguono le vite di imprenditori del turismo e della ristorazione, agricoltori e imprenditori metalmeccanici, e poi ancora tessili e del design, e di altri dediti all’immobiliare e alla vendita ambulante, e ancora di gene che ha creato imprese attive nel settore della comunicazione e dell’immagine oltre che della cosmetica.
“Dai che ce la facciamo!” si legge in qualche ora appassionata, prende e, soprattutto, ha un grande pregio: si tratta di un libro positivo, anche se parla di cose italiane. Le parole di Spadoni – è necessario dirlo -, non nascondono le difficoltà, gli sbagli, gli insuccessi dei singoli. Ma nelle pagine c’è un forte spirito d’avventura unito ad un altrettanto forte raziocino e ad un incontenibile entusiasmo. E nessuna formula precostituita. Scrive l’autore al fondo della sua corsa letteraria: “Scopriamo così che non ci sono regole valide per tutti, che non si può estrarre un vademecum applicabile a qualsiasi situazione, ma esistono atteggiamenti e disposizioni d’animo che restano saldi e solidi anche quando cambiano le circostanze e che garantiscono la buona riuscita dell’impresa”.
Dai che ce la facciamo! Storie di quelli con la fila di fuori
Gianluca Spadoni
Franco Angeli, 2016