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Industria e servizi, fare rinascere il Nord Ovest, per uno sviluppo più equilibrato nel cuore d’Europa

Rimettere in movimento il Nord Ovest. E recuperare, nelle nuove mappe dello sviluppo italiano, due aree geografiche – il Piemonte e la Liguria – il cui declino, pur diversamente accentuato (maggiore a Genova, minore a Torino) crea comunque squilibri che si riflettono sulla competitività e la produttività di tutto il territorio più dinamico dell’Italia, nel cuore dell’Europa industriale.
Questo obiettivo, già da tempo evidente in analisi di uffici studi, letteratura economica, dibattiti e convegni dei soggetti sociali più consapevoli, si è imposto di recente all’attenzione del discorso pubblico con la paralisi dei trasporti tutt’attorno a Genova, per effetto delle manutenzioni di sicurezza del sistema autostradale che hanno congestionato il traffico, bloccato il porto e, di fatto, determinato ripercussioni pesanti su tutto il Nord. “Genova è un’isola lontana da tutto, la città e il suo porto sono tagliati fuori dalle comunicazioni con il paese e con il Nord Europa, rischiamo l’estinzione”, ha denunciato Luigi Attanasio, presidente della Camera di Commercio (sul “Corriere della Sera”, 5 luglio), pronto a inviare un “libro bianco” sulle gravissime carenze delle infrastrutture a Palazzo Chigi e agli uffici della Commissione Ue a Bruxelles: “In termini economici, quello che sta accadendo è peggio del crollo del ponte Morandi”. La compagnia di navigazione cinese Cosco (uno dei maggiori operatori marittimi internazionali) ha scritto ai suoi clienti consigliando altri porti, Rotterdam o Anversa. E il rischio è che, una volta cambiati gli approdi, quei traffici siano persi per un lungo periodo, con conseguenze economiche pesantissime su tutto il sistema Italia (e sulle casse dello Stato: minori traffici, minori diritti doganali e altre imposte).
I danni di Genova si ripercuotono sull’intero Nord Ovest. “Le pesanti limitazioni alla circolazione sulla rete autostradale stanno compromettendo la competitività anche di interi settori economici della Lombardia, dal manifatturiero al turismo, facendo lievitare i costi legati ai trasporti e alla logistica, oltre che determinare effetti negativi sull’operatività dei porti liguri, con inevitabili ricadute negative sull’export di tutta l’area”, sostiene Alessandro Spada, presidente di Assolombarda (su “Il Secolo XIX” del 2 luglio). Da tempo, peraltro, gli imprenditori di Assolombarda, dell’Unione Industriale di Torino e di Confindustria Genova denunciano, concordi, i limiti del sistema logistico del territorio, le fragilità delle infrastrutture, i cantieri bloccati: “Nel 2019, l’80% dei progetti monitorati non ha fatto un passo avanti rispetto all’anno precedente. E la carenza di nuove infrastrutture si unisce alla fragilità di quelle esistenti”, insiste Spada.

Ecco il punto: completare le nuove infrastrutture, dal terzo valico ferroviario alla Gronda autostradale e a tutte quelle altre opere utili per connettere efficacemente tutto il Nord Ovest con il resto del Paese e con le aree di relazione in Europa, Alta Velocità compresa. Una responsabilità che investe con sempre maggiore evidenza un governo che continua a mostrarsi purtroppo disattento, indeciso, troppo incline al rinvio.
Le infrastrutture sono uno dei cardini del piano di ripresa che il governo deve presentare a Bruxelles, per poter usare le risorse del Recovery Fund, orientato verso l’ambiente e la digital economy, e cioè verso la sostenibilità ambientale e sociale e l’innovazione. Ma, proprio per le infrastrutture, c’è da sciogliere il nodo dei fondi che già ci sono, nel bilancio pubblico ma che non si riesce a spendere, nel groviglio di norme, lentezze burocratiche e complessità dei controlli: un altro dei temi su cui insistono gli imprenditori di Lombardia, Piemonte e Liguria.
Nella memoria, c’è ancora la sigla con cui, negli anni Cinquanta e Sessanta del boom economico, si indicava il “triangolo industriale”: Ge.Mi.To. Il timore, oggi, è che quella sigla si tramuti in parola di sofferenza, di economia in dolorosa difficoltà.

Riecco, appunto, le sintonie del Nord Ovest. Da tempo, oramai, le mappe dello sviluppo hanno identificato un “nuovo triangolo industriale”, tra Lombardia, Nord Est ed Emilia Romagna, con manifattura di qualità, servizi innovativi, forte propensione all’export. E proprio l’automotive, un tempo centrale nella Torino della Fiat e in un fortissimo indotto piemontese, adesso ha nuove aree di riferimento, tra la Motor Valley emiliana e le reti di fornitura di componentistica di alta qualità che, dalla provincia lombarda al Veneto, guardano ai grandi produttori di auto tedeschi.
L’obiettivo cui tendere è rinsaldare il cuore industriale italiano, proprio al centro della grande manifattura europea, anche per rafforzare le tendenze a ricostruire filiere europee dopo che la pandemia ci ha costretti a riconsiderare criticamente le reti lunghe delle forniture industriali a vantaggio di più equilibrate posizioni industriali “corte” in Europa.
Il paradigma di riferimento: lo sviluppo della cosiddetta “regione A4”, una macro area che dal Piemonte si allunga verso il Friuli e l’Adriatico e si estende verso l’Emilia, seguendo l’andamento di una delle autostrade più trafficate e di uno dei principali “corridoi” europei, quello Ovest-Est, dall’Atlantico ai Balcani, asse fondamentale nell’intersezione Nord-Sud che, proprio nel nodo Piemonte-Lombardia ha una sua solida centralità, tra Europa continentale e Mediterraneo e che proprio dal profondo rinnovamento del sistema portuale, da Genova all’Adriatico, può ricavare nuova linfa economica.

E’ un territorio ricco di imprese competitive (meccatronica, gomma, plastica, chimica, farmaceutica, agro-alimentare, etc.), parecchie delle quali già in linea con i criteri e gli obiettivi della sostenibilità e con le culture digital, da data driven economy, da “economia della conoscenza”. E di università e centri di formazione che reggono bene il confronto internazionale e, a parte i rivolgimenti della pandemia, sono quanto mai attrattive per risorse e talenti internazionali. Un territorio – va aggiunto – che sa bene d’essere connesso con il resto del Paese e di dover fare da motore solidale per uno sviluppo equilibrato che riguardi anche tutto il Mezzogiorno.
Torino e Milano proprio su questo possono scommettere insieme. Hanno già forti punti di connessione nel mondo dell’industria, della finanza (Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo, azioniste di riferimento di Banca Intesa, ne sono la manifestazione più evidente), della formazione (con alcune collaborazioni tra i due Politecnici, scuole d’avanguardia internazionale). Una rete di infrastrutture di comunicazione (l’Alta Velocità, ma anche le autostrade) e di interessanti collaborazioni culturali (MiTo, il festival musicale di settembre, ne è un buon esempio). E una geografia di relazioni, che coinvolge anche un altro dei territori di qualità industriale, Ivrea della memoria di Olivetti e dell’attualità di ricerca di nuove possibilità di sviluppo d’impresa.
La ripresa post Covid, per superare una delle più pesanti recessioni della nostra storia, può avere proprio nel “nuovo” Nord Ovest uno dei suoi pilastri. Mettendo in evidenza e rafforzando la rete di rapporti tra filiere industriali, centri della “economia della conoscenza”, servizi innovativi. Collaborazione e competizione sono parole che, in sintesi inedite, possono fare da guida nella ripartenza. E il “passaggio a Nord Ovest” è una strada fertile di sviluppo equilibrato.

Rimettere in movimento il Nord Ovest. E recuperare, nelle nuove mappe dello sviluppo italiano, due aree geografiche – il Piemonte e la Liguria – il cui declino, pur diversamente accentuato (maggiore a Genova, minore a Torino) crea comunque squilibri che si riflettono sulla competitività e la produttività di tutto il territorio più dinamico dell’Italia, nel cuore dell’Europa industriale.
Questo obiettivo, già da tempo evidente in analisi di uffici studi, letteratura economica, dibattiti e convegni dei soggetti sociali più consapevoli, si è imposto di recente all’attenzione del discorso pubblico con la paralisi dei trasporti tutt’attorno a Genova, per effetto delle manutenzioni di sicurezza del sistema autostradale che hanno congestionato il traffico, bloccato il porto e, di fatto, determinato ripercussioni pesanti su tutto il Nord. “Genova è un’isola lontana da tutto, la città e il suo porto sono tagliati fuori dalle comunicazioni con il paese e con il Nord Europa, rischiamo l’estinzione”, ha denunciato Luigi Attanasio, presidente della Camera di Commercio (sul “Corriere della Sera”, 5 luglio), pronto a inviare un “libro bianco” sulle gravissime carenze delle infrastrutture a Palazzo Chigi e agli uffici della Commissione Ue a Bruxelles: “In termini economici, quello che sta accadendo è peggio del crollo del ponte Morandi”. La compagnia di navigazione cinese Cosco (uno dei maggiori operatori marittimi internazionali) ha scritto ai suoi clienti consigliando altri porti, Rotterdam o Anversa. E il rischio è che, una volta cambiati gli approdi, quei traffici siano persi per un lungo periodo, con conseguenze economiche pesantissime su tutto il sistema Italia (e sulle casse dello Stato: minori traffici, minori diritti doganali e altre imposte).
I danni di Genova si ripercuotono sull’intero Nord Ovest. “Le pesanti limitazioni alla circolazione sulla rete autostradale stanno compromettendo la competitività anche di interi settori economici della Lombardia, dal manifatturiero al turismo, facendo lievitare i costi legati ai trasporti e alla logistica, oltre che determinare effetti negativi sull’operatività dei porti liguri, con inevitabili ricadute negative sull’export di tutta l’area”, sostiene Alessandro Spada, presidente di Assolombarda (su “Il Secolo XIX” del 2 luglio). Da tempo, peraltro, gli imprenditori di Assolombarda, dell’Unione Industriale di Torino e di Confindustria Genova denunciano, concordi, i limiti del sistema logistico del territorio, le fragilità delle infrastrutture, i cantieri bloccati: “Nel 2019, l’80% dei progetti monitorati non ha fatto un passo avanti rispetto all’anno precedente. E la carenza di nuove infrastrutture si unisce alla fragilità di quelle esistenti”, insiste Spada.

Ecco il punto: completare le nuove infrastrutture, dal terzo valico ferroviario alla Gronda autostradale e a tutte quelle altre opere utili per connettere efficacemente tutto il Nord Ovest con il resto del Paese e con le aree di relazione in Europa, Alta Velocità compresa. Una responsabilità che investe con sempre maggiore evidenza un governo che continua a mostrarsi purtroppo disattento, indeciso, troppo incline al rinvio.
Le infrastrutture sono uno dei cardini del piano di ripresa che il governo deve presentare a Bruxelles, per poter usare le risorse del Recovery Fund, orientato verso l’ambiente e la digital economy, e cioè verso la sostenibilità ambientale e sociale e l’innovazione. Ma, proprio per le infrastrutture, c’è da sciogliere il nodo dei fondi che già ci sono, nel bilancio pubblico ma che non si riesce a spendere, nel groviglio di norme, lentezze burocratiche e complessità dei controlli: un altro dei temi su cui insistono gli imprenditori di Lombardia, Piemonte e Liguria.
Nella memoria, c’è ancora la sigla con cui, negli anni Cinquanta e Sessanta del boom economico, si indicava il “triangolo industriale”: Ge.Mi.To. Il timore, oggi, è che quella sigla si tramuti in parola di sofferenza, di economia in dolorosa difficoltà.

Riecco, appunto, le sintonie del Nord Ovest. Da tempo, oramai, le mappe dello sviluppo hanno identificato un “nuovo triangolo industriale”, tra Lombardia, Nord Est ed Emilia Romagna, con manifattura di qualità, servizi innovativi, forte propensione all’export. E proprio l’automotive, un tempo centrale nella Torino della Fiat e in un fortissimo indotto piemontese, adesso ha nuove aree di riferimento, tra la Motor Valley emiliana e le reti di fornitura di componentistica di alta qualità che, dalla provincia lombarda al Veneto, guardano ai grandi produttori di auto tedeschi.
L’obiettivo cui tendere è rinsaldare il cuore industriale italiano, proprio al centro della grande manifattura europea, anche per rafforzare le tendenze a ricostruire filiere europee dopo che la pandemia ci ha costretti a riconsiderare criticamente le reti lunghe delle forniture industriali a vantaggio di più equilibrate posizioni industriali “corte” in Europa.
Il paradigma di riferimento: lo sviluppo della cosiddetta “regione A4”, una macro area che dal Piemonte si allunga verso il Friuli e l’Adriatico e si estende verso l’Emilia, seguendo l’andamento di una delle autostrade più trafficate e di uno dei principali “corridoi” europei, quello Ovest-Est, dall’Atlantico ai Balcani, asse fondamentale nell’intersezione Nord-Sud che, proprio nel nodo Piemonte-Lombardia ha una sua solida centralità, tra Europa continentale e Mediterraneo e che proprio dal profondo rinnovamento del sistema portuale, da Genova all’Adriatico, può ricavare nuova linfa economica.

E’ un territorio ricco di imprese competitive (meccatronica, gomma, plastica, chimica, farmaceutica, agro-alimentare, etc.), parecchie delle quali già in linea con i criteri e gli obiettivi della sostenibilità e con le culture digital, da data driven economy, da “economia della conoscenza”. E di università e centri di formazione che reggono bene il confronto internazionale e, a parte i rivolgimenti della pandemia, sono quanto mai attrattive per risorse e talenti internazionali. Un territorio – va aggiunto – che sa bene d’essere connesso con il resto del Paese e di dover fare da motore solidale per uno sviluppo equilibrato che riguardi anche tutto il Mezzogiorno.
Torino e Milano proprio su questo possono scommettere insieme. Hanno già forti punti di connessione nel mondo dell’industria, della finanza (Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo, azioniste di riferimento di Banca Intesa, ne sono la manifestazione più evidente), della formazione (con alcune collaborazioni tra i due Politecnici, scuole d’avanguardia internazionale). Una rete di infrastrutture di comunicazione (l’Alta Velocità, ma anche le autostrade) e di interessanti collaborazioni culturali (MiTo, il festival musicale di settembre, ne è un buon esempio). E una geografia di relazioni, che coinvolge anche un altro dei territori di qualità industriale, Ivrea della memoria di Olivetti e dell’attualità di ricerca di nuove possibilità di sviluppo d’impresa.
La ripresa post Covid, per superare una delle più pesanti recessioni della nostra storia, può avere proprio nel “nuovo” Nord Ovest uno dei suoi pilastri. Mettendo in evidenza e rafforzando la rete di rapporti tra filiere industriali, centri della “economia della conoscenza”, servizi innovativi. Collaborazione e competizione sono parole che, in sintesi inedite, possono fare da guida nella ripartenza. E il “passaggio a Nord Ovest” è una strada fertile di sviluppo equilibrato.

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