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Innovazione “aperta”, pregi e difetti

Una ricerca discussa presso l’Università della Calabria fornisce l’istantanea di un tema complesso

 

Innovare certamente e sempre. Ma occorre saperlo fare, con avvedutezza e accortezza. Tema importante – determinante -, per la vita di ogni impresa, l’innovazione continua ad essere in primo piano.

E’ necessario però capirne i significati e le modalità di attuazione. Servono anche schemi di sintesi che possano orientare l’azione. A questo serve il lavoro di tesi di Emanuela Logozzo “Open Innovation. La globalizzazione dell’innovazione” discusso recentemente presso il Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management, dell’Università della Calabria.

Logozzo spiega: “L’innovazione è stata percepita come fattore centrale per la sopravvivenza a lungo termine delle organizzazioni. Le aziende internazionali più evolute hanno saputo mettere in atto efficaci strategie di open innovation. L’innovazione aperta è materia di relazioni e rete, dentro l’azienda, ma anche con tutti gli attori dell’intero ecosistema, dai fornitori ai clienti”. L’open innovation è vista come la risposta  alle crescenti esigenze di cambiamento competitivo delle aziende che devono fare i conti con costi economici e organizzativi sempre più elevati.

L’autrice dell’indagine, quindi, percorre gli aspetti cruciali dell’open innovation partendo dalle sue definizioni e caratteristiche per passare quindi ad approfondire gli ostacoli e le determinanti dell’innovazione in Europa e quindi ad una serie di conclusioni ma soprattutto evidenziando la necessità di valutare con attenzione cosa adottare lungo un cammino di innovazione. “L’open innovation – scrive Logozzo -, a volte potrebbe essere uno strumento conveniente e chirurgico per esternalizzare idee anche durante periodi difficili, ma altre volte potrebbe rappresentare un cosiddetto sunk cost per l’organizzazione che adotta questo modello di business. Infatti, l’errore più grande che si potrebbe commettere con l’OI è quello di sperperare dove non ce ne sarebbe bisogno. In altre parole, cercando di raggiungere obiettivi eseguendo un metodo senza capire il motivo per il quale lo si sta facendo. Closed e open innovation esistono entrambe per un motivo, conoscere questi motivi aiuterebbe le organizzazioni a bilanciarle in modo uniforme, ottenendo il meglio da entrambi i mondi”.

La ricerca di Emanuela Logozzo è un onesto e utile “punto” della situazione su un tema in evoluzione.

Open Innovation. La globalizzazione dell’innovazione

Emanuela Logozzo

Tesi, Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management, 2020

 

Una ricerca discussa presso l’Università della Calabria fornisce l’istantanea di un tema complesso

 

Innovare certamente e sempre. Ma occorre saperlo fare, con avvedutezza e accortezza. Tema importante – determinante -, per la vita di ogni impresa, l’innovazione continua ad essere in primo piano.

E’ necessario però capirne i significati e le modalità di attuazione. Servono anche schemi di sintesi che possano orientare l’azione. A questo serve il lavoro di tesi di Emanuela Logozzo “Open Innovation. La globalizzazione dell’innovazione” discusso recentemente presso il Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management, dell’Università della Calabria.

Logozzo spiega: “L’innovazione è stata percepita come fattore centrale per la sopravvivenza a lungo termine delle organizzazioni. Le aziende internazionali più evolute hanno saputo mettere in atto efficaci strategie di open innovation. L’innovazione aperta è materia di relazioni e rete, dentro l’azienda, ma anche con tutti gli attori dell’intero ecosistema, dai fornitori ai clienti”. L’open innovation è vista come la risposta  alle crescenti esigenze di cambiamento competitivo delle aziende che devono fare i conti con costi economici e organizzativi sempre più elevati.

L’autrice dell’indagine, quindi, percorre gli aspetti cruciali dell’open innovation partendo dalle sue definizioni e caratteristiche per passare quindi ad approfondire gli ostacoli e le determinanti dell’innovazione in Europa e quindi ad una serie di conclusioni ma soprattutto evidenziando la necessità di valutare con attenzione cosa adottare lungo un cammino di innovazione. “L’open innovation – scrive Logozzo -, a volte potrebbe essere uno strumento conveniente e chirurgico per esternalizzare idee anche durante periodi difficili, ma altre volte potrebbe rappresentare un cosiddetto sunk cost per l’organizzazione che adotta questo modello di business. Infatti, l’errore più grande che si potrebbe commettere con l’OI è quello di sperperare dove non ce ne sarebbe bisogno. In altre parole, cercando di raggiungere obiettivi eseguendo un metodo senza capire il motivo per il quale lo si sta facendo. Closed e open innovation esistono entrambe per un motivo, conoscere questi motivi aiuterebbe le organizzazioni a bilanciarle in modo uniforme, ottenendo il meglio da entrambi i mondi”.

La ricerca di Emanuela Logozzo è un onesto e utile “punto” della situazione su un tema in evoluzione.

Open Innovation. La globalizzazione dell’innovazione

Emanuela Logozzo

Tesi, Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche, Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management, 2020

 

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