Innovazione “distruttiva”
Condensata in un libro l’origine e l’evoluzione della disruptive innovation
Arrivare prima degli altri. Essere più veloci. Riuscire a conquistare prima il mercato che, poi, sarà quello vincente. Non bisogna negarlo, sono questi alcuni dei traguardi che le imprese si devono porre. Perché, accanto agli impegni di responsabilità sociale e di consapevolezza del proprio ruolo nel territorio in cui la fabbrica vive, l’azienda deve avere come traguardo anche il miglior bilancio possibile.
“Disruptive innovation: economia e cultura dell’era delle start-up” di Fabio Meneghini, appena pubblicato in edizione digitale, analizza e racconta la storia di una delle basi teoriche che sostengono questo tipo di comportamenti: il concetto di disruptive technology coniato nel 1995 da Clayton M. Christensen nel suo articolo Disruptive Technologies: Catching the Wave. Christensen insegnava alla Harvard University e, probabilmente senza aspettarselo, con quell’articolo diede il via ad una sorta di “scuola” di gestione d’impresa improntata sull’idea che nei mercati vince chi riesce a distruggere l’avversario, cioè chi, appunto, riesce ad individuare meglio il percorso più adatto per raggiungere la meta più importante attraverso l’uso di tecnologie che ne “distruggono” la capacità offensiva. Quell’articolo divenne un mantra per la generazione dei pionieri di Internet, da Steve Jobs a Jeff Bezos e a Larry Page. Tanto che la disruptive technology spesso è sovrapposta alle tecnologie digitali e ad Internet.
Oggi Meneghini – economista, manager, esperto di strategie d’impresa -, riprende e analizza quell’intervento unendolo agli sviluppi di cultura d’impresa che ha provocato e al dibattito che ha generato. L’autore, quindi, racconta il cambiamento avvenuto nella gestione d’impresa, i mutamenti nei mercati, l’avvento della cosiddetta digital economy, il significato di Internet per le imprese, il rapporto fra nuove imprese e manifattura, tutto seguendo l’evoluzione delle interpretazioni del concetto di disruptive technology. Ma non solo. Meneghini, infatti, completa il suo scritto con un altro saggio dello stesso Christensen e con il testo scritto da Jill Lepore, collega ad Harvard di Christensen, che contrasta le tesi dell’articolo del ’95.
Scrive l’autore: “(…) il lavoro di Christensen ha il pregio di fornire, anche per l’Europa, una chiave di lettura dei radicali processi di trasformazione che stanno percorrendo gran parte dei settori industriali e dei servizi in tutto il mondo, compreso il nostro continente”; e poi: “(…) anche grazie al dibattito che intorno a questa teoria si è sviluppato, posiamo oggi beneficiare di parecchi suggerimenti e valutazioni che ci aiutano sen’altro a riflettere sulle trasformazioni che l’economia e le imprese hanno vissuto nell’ultimo ventennio e i cui effetti disruptive sembrano essersi tutt’altro che esauriti”.
Il libro di Meneghini non è sempre di facile lettura. Per seguirne il ragionamento occorre attenzione. Ma si tratta di un buone esercizio mentale, valido per ogni imprenditore e manager che voglia rendersi conto più da vicino di che cosa ha ereditato.
Disruptive innovation: economia e cultura dell’era delle strat-up
Fabio Meneghini
goWare, 2016
Condensata in un libro l’origine e l’evoluzione della disruptive innovation
Arrivare prima degli altri. Essere più veloci. Riuscire a conquistare prima il mercato che, poi, sarà quello vincente. Non bisogna negarlo, sono questi alcuni dei traguardi che le imprese si devono porre. Perché, accanto agli impegni di responsabilità sociale e di consapevolezza del proprio ruolo nel territorio in cui la fabbrica vive, l’azienda deve avere come traguardo anche il miglior bilancio possibile.
“Disruptive innovation: economia e cultura dell’era delle start-up” di Fabio Meneghini, appena pubblicato in edizione digitale, analizza e racconta la storia di una delle basi teoriche che sostengono questo tipo di comportamenti: il concetto di disruptive technology coniato nel 1995 da Clayton M. Christensen nel suo articolo Disruptive Technologies: Catching the Wave. Christensen insegnava alla Harvard University e, probabilmente senza aspettarselo, con quell’articolo diede il via ad una sorta di “scuola” di gestione d’impresa improntata sull’idea che nei mercati vince chi riesce a distruggere l’avversario, cioè chi, appunto, riesce ad individuare meglio il percorso più adatto per raggiungere la meta più importante attraverso l’uso di tecnologie che ne “distruggono” la capacità offensiva. Quell’articolo divenne un mantra per la generazione dei pionieri di Internet, da Steve Jobs a Jeff Bezos e a Larry Page. Tanto che la disruptive technology spesso è sovrapposta alle tecnologie digitali e ad Internet.
Oggi Meneghini – economista, manager, esperto di strategie d’impresa -, riprende e analizza quell’intervento unendolo agli sviluppi di cultura d’impresa che ha provocato e al dibattito che ha generato. L’autore, quindi, racconta il cambiamento avvenuto nella gestione d’impresa, i mutamenti nei mercati, l’avvento della cosiddetta digital economy, il significato di Internet per le imprese, il rapporto fra nuove imprese e manifattura, tutto seguendo l’evoluzione delle interpretazioni del concetto di disruptive technology. Ma non solo. Meneghini, infatti, completa il suo scritto con un altro saggio dello stesso Christensen e con il testo scritto da Jill Lepore, collega ad Harvard di Christensen, che contrasta le tesi dell’articolo del ’95.
Scrive l’autore: “(…) il lavoro di Christensen ha il pregio di fornire, anche per l’Europa, una chiave di lettura dei radicali processi di trasformazione che stanno percorrendo gran parte dei settori industriali e dei servizi in tutto il mondo, compreso il nostro continente”; e poi: “(…) anche grazie al dibattito che intorno a questa teoria si è sviluppato, posiamo oggi beneficiare di parecchi suggerimenti e valutazioni che ci aiutano sen’altro a riflettere sulle trasformazioni che l’economia e le imprese hanno vissuto nell’ultimo ventennio e i cui effetti disruptive sembrano essersi tutt’altro che esauriti”.
Il libro di Meneghini non è sempre di facile lettura. Per seguirne il ragionamento occorre attenzione. Ma si tratta di un buone esercizio mentale, valido per ogni imprenditore e manager che voglia rendersi conto più da vicino di che cosa ha ereditato.
Disruptive innovation: economia e cultura dell’era delle strat-up
Fabio Meneghini
goWare, 2016