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La “fabbrica degli attori” va in scena a Milano per raccontare ai giovani l’impresa e il lavoro  

Raccontare l’impresa. I suoi valori, i ritmi, la storia, il futuro. Riconoscerne e farne conoscere le caratteristiche di cardine dell’identità italiana, con l’attitudine a “fare, fare bene e fare del bene”, per continuare così a essere la seconda manifattura europea, subito dopo la Germania. Impresa come lavoro, benessere, innovazione, comunità. E racconto come rappresentazione di valori e cardine di un vero e proprio “orgoglio industriale” su cui fondare il nostro sviluppo sostenibile.

Servono, per farlo, tutti i linguaggi più adatti a una capacità narrativa contemporanea. I film e i video, di autori che entrano in fabbriche e laboratori con occhi curiosi. Le opere di scrittura (selezionate, per esempio, da tre anni, dal “Premio per la letteratura d’impresa” organizzato da ItalyPost). Le fotografie (esemplari le rassegne alla Fondazione Mast di Bologna, ispirata da una grande imprenditrice come Isabella Seragnoli). Le opere d’arte contemporanea (come documentano le istallazioni di Gian Maria Tosatti “Ritratti” e “NOw/here” attualmente all’HangarBicocca, “una luce sull’epoca dell’industria”, secondo “Il Sole24Ore” del 2 aprile, con rimandi a Kounellis, Burri e Tàpies). O, ancora, la musica, come “Il Canto della fabbrica” dell’Orchestra da Camera Italiana diretta da Salvatore Accardo, ispirato dai ritmi dello stabilimento Pirelli di Settimo Torinese progettato da Renzo Piano. E, per stare sull’attualità, il teatro.

Come mostra “L’Umana Impresa” ovvero “La fabbrica degli attori” in scena ieri sera al Teatro Franco Parenti di Milano, con la regia di Stefano De Luca: Sala Grande pienissima, applausi ripetuti e insistenti. Ne parleremo meglio tra poco.

Ecco, appunto, il teatro. Già, tempo fa, “L’impresa va in scena” era stato il filo conduttore della Settimana della Cultura d’impresa organizzata da Confindustria e Museimpresa nell’autunno del 2015, con rappresentazioni nei teatri di dieci città italiane. Un paio d’anni prima, al Piccolo Teatro, la regista Serena Sinigaglia aveva diretto “Settimo, la fabbrica e il lavoro”, uno spettacolo costruito su ore di testimonianze di operai, tecnici e ingeneri dello stabilimento di Pirelli.

Poi, nel tempo, c’è stato un numero crescente di altre iniziative, tutte ispirate dall’idea dei legami forti che corrono tra l’intraprendere e il rappresentare, tra la manifattura industriale e l’abilità artigiana dei creatori di scenari e costumi, tra il laboratorio di ricerca e il laboratorio teatrale, con la diffusa consapevolezza che sia l’impresa sia il teatro vanno vissuti come “comunità” (lo documentano, per esempio, anche gli impegni di famiglie imprenditoriali per promuovere e sostenere teatri, come avevano fatto i Falck, i Borletti e i Pirelli per la nascita del Piccolo Teatro di Milano).

Andrée Shammah, animatrice del Teatro Parenti, al rapporto fra teatro e impresa, agli incroci culturali, crede profondamente. E, oltre che considerare appunto “impresa” l’impegno di chi fa vivere un teatro, e insistere sull’idea del “laboratorio”, enuncia altre parole comuni. Come, per esempio, condivisione e contagio: “cum” e “tangere”. Contagioso, infatti, lo spirito del teatro verso il suo pubblico che ha valore quando è partecipe. Contagiosa, la tendenza all’innovazione e alla partecipazione, anche in fabbrica: senza partecipazione, appunto, non c’è alcuna competitività e dunque non c’è futuro.

Il gioco delle coincidenze rafforza le relazioni. C’era, un tempo, una fabbrica di bulloni, proprio in via Pier Lombardo, dove adesso sorge il Teatro Parenti. “Ci sono, qui, forse, degli spiritelli che ispirano i luoghi e ne influenzano l’anima”, sorride Andrée Shammah. Spiritelli industriosi.

Torniamo, allora, a “L’Umana Impresa”. La rappresentazione è il risultato di un lungo lavorìo seminariale di un gruppo di sei giovani attori (Tobia Dal Corso Polzot, Elia Galeotti, Lorenzo Giovannetti, Claudia Grassi, Edoardo Rivoira ed Emilia Tiburzi), guidati da un regista-maestro, Stefano De Luca e con la drammaturgia di Veronica Del Vecchio (abile anche a far rivivere testi di Dino Buzzati e Leonardo Sinisgalli).

Tra ricerche d’archivio alla Fondazione Pirelli, testimonianze, incontri nei laboratori di “ricerca e sviluppo” ad alta tecnologia industriale, gli attori hanno cercato di costruire una rappresentazione dei 150 anni della storia della Pirelli, partendo dalla figura del fondatore, Giovan Battista Pirelli. E, contemporaneamente, si sono messi alla prova nella costruzione di gruppo, come squadra impegnata in attività di ricerca e traduzione su un palcoscenico.

Una vera e propria “fabbrica degli attori”, appunto, per parlare di un’iniziativa che, come la manifattura, si muove tra passato e futuro. Un’opera aperta, di sperimentazione, fondata su otto parole chiave: Materie, Fabbrica, Macchina, Teatro, Strada, Mondi, Natura, Futuro. Ma anche una indagine formativa sui molteplici significati del vocabolo “impresa”, sulle logiche che stanno dietro alla cultura industriale e ai processi di produzione nel corso del cambiamento di tempi, tecnologie, metodi, condizioni lavorative, mercati. E una riflessione a più voci sulla relazione tra consapevolezza storica e sfide contemporanee, sulla forza della memoria come condizione di competitività aziendale, sulla “metamorfosi” messa in movimento dai processi produttivi e sociali.

Su mercati globali difficili e selettivi, infatti, l’identità di un prodotto e di un servizio, il racconto della storia e le testimonianze d’innovazione nel corso del tempo sono fattori che rafforzano la capacità di reggere la concorrenza.

Va in scena, insomma, un tema per gran tempo poco considerato dalle rappresentazioni teatrali, quello dei valori dell’intraprendenza e del lavoro, anche per dire alle nuove generazioni che l’impresa è un luogo straordinario in cui poter realizzare i loro progetti e le loro ambizioni.

L’anteprima, a metà della scorsa settimana, è stata provata davanti a un pubblico particolare, 450 ragazze e ragazzi di 16-18 anni degli istituti tecnici milanesi: “Ne sono usciti profondamente affascinati – dicono i responsabili della Fondazione Pirelli – grazie alla scoperta di un mondo, quello industriale, che non conoscevano, denso com’è di tecnologie digitali, sfide professionali, orizzonti di opportunità personali e professionali”. E, nel caso di Pirelli, anche un universo in cui i prodotti ad alta tecnologia si legano alle competizioni sportive, a cominciare dalla Formula 1 e a una cultura d’avanguardia sulla sostenibilità ambientale e sociale, sulla comunicazione, sulle relazioni tra scienza e società.

L’ambizione, adesso, è “fare vedere ‘L’Umana Impresa’ ad altre scuole, agli studenti universitari del Politecnico e della Bocconi e, dopo Milano, portarlo in altre città”. Mettere ancora in scena l’intraprendenza. E continuare a costruire “una storia al futuro”.

Raccontare l’impresa. I suoi valori, i ritmi, la storia, il futuro. Riconoscerne e farne conoscere le caratteristiche di cardine dell’identità italiana, con l’attitudine a “fare, fare bene e fare del bene”, per continuare così a essere la seconda manifattura europea, subito dopo la Germania. Impresa come lavoro, benessere, innovazione, comunità. E racconto come rappresentazione di valori e cardine di un vero e proprio “orgoglio industriale” su cui fondare il nostro sviluppo sostenibile.

Servono, per farlo, tutti i linguaggi più adatti a una capacità narrativa contemporanea. I film e i video, di autori che entrano in fabbriche e laboratori con occhi curiosi. Le opere di scrittura (selezionate, per esempio, da tre anni, dal “Premio per la letteratura d’impresa” organizzato da ItalyPost). Le fotografie (esemplari le rassegne alla Fondazione Mast di Bologna, ispirata da una grande imprenditrice come Isabella Seragnoli). Le opere d’arte contemporanea (come documentano le istallazioni di Gian Maria Tosatti “Ritratti” e “NOw/here” attualmente all’HangarBicocca, “una luce sull’epoca dell’industria”, secondo “Il Sole24Ore” del 2 aprile, con rimandi a Kounellis, Burri e Tàpies). O, ancora, la musica, come “Il Canto della fabbrica” dell’Orchestra da Camera Italiana diretta da Salvatore Accardo, ispirato dai ritmi dello stabilimento Pirelli di Settimo Torinese progettato da Renzo Piano. E, per stare sull’attualità, il teatro.

Come mostra “L’Umana Impresa” ovvero “La fabbrica degli attori” in scena ieri sera al Teatro Franco Parenti di Milano, con la regia di Stefano De Luca: Sala Grande pienissima, applausi ripetuti e insistenti. Ne parleremo meglio tra poco.

Ecco, appunto, il teatro. Già, tempo fa, “L’impresa va in scena” era stato il filo conduttore della Settimana della Cultura d’impresa organizzata da Confindustria e Museimpresa nell’autunno del 2015, con rappresentazioni nei teatri di dieci città italiane. Un paio d’anni prima, al Piccolo Teatro, la regista Serena Sinigaglia aveva diretto “Settimo, la fabbrica e il lavoro”, uno spettacolo costruito su ore di testimonianze di operai, tecnici e ingeneri dello stabilimento di Pirelli.

Poi, nel tempo, c’è stato un numero crescente di altre iniziative, tutte ispirate dall’idea dei legami forti che corrono tra l’intraprendere e il rappresentare, tra la manifattura industriale e l’abilità artigiana dei creatori di scenari e costumi, tra il laboratorio di ricerca e il laboratorio teatrale, con la diffusa consapevolezza che sia l’impresa sia il teatro vanno vissuti come “comunità” (lo documentano, per esempio, anche gli impegni di famiglie imprenditoriali per promuovere e sostenere teatri, come avevano fatto i Falck, i Borletti e i Pirelli per la nascita del Piccolo Teatro di Milano).

Andrée Shammah, animatrice del Teatro Parenti, al rapporto fra teatro e impresa, agli incroci culturali, crede profondamente. E, oltre che considerare appunto “impresa” l’impegno di chi fa vivere un teatro, e insistere sull’idea del “laboratorio”, enuncia altre parole comuni. Come, per esempio, condivisione e contagio: “cum” e “tangere”. Contagioso, infatti, lo spirito del teatro verso il suo pubblico che ha valore quando è partecipe. Contagiosa, la tendenza all’innovazione e alla partecipazione, anche in fabbrica: senza partecipazione, appunto, non c’è alcuna competitività e dunque non c’è futuro.

Il gioco delle coincidenze rafforza le relazioni. C’era, un tempo, una fabbrica di bulloni, proprio in via Pier Lombardo, dove adesso sorge il Teatro Parenti. “Ci sono, qui, forse, degli spiritelli che ispirano i luoghi e ne influenzano l’anima”, sorride Andrée Shammah. Spiritelli industriosi.

Torniamo, allora, a “L’Umana Impresa”. La rappresentazione è il risultato di un lungo lavorìo seminariale di un gruppo di sei giovani attori (Tobia Dal Corso Polzot, Elia Galeotti, Lorenzo Giovannetti, Claudia Grassi, Edoardo Rivoira ed Emilia Tiburzi), guidati da un regista-maestro, Stefano De Luca e con la drammaturgia di Veronica Del Vecchio (abile anche a far rivivere testi di Dino Buzzati e Leonardo Sinisgalli).

Tra ricerche d’archivio alla Fondazione Pirelli, testimonianze, incontri nei laboratori di “ricerca e sviluppo” ad alta tecnologia industriale, gli attori hanno cercato di costruire una rappresentazione dei 150 anni della storia della Pirelli, partendo dalla figura del fondatore, Giovan Battista Pirelli. E, contemporaneamente, si sono messi alla prova nella costruzione di gruppo, come squadra impegnata in attività di ricerca e traduzione su un palcoscenico.

Una vera e propria “fabbrica degli attori”, appunto, per parlare di un’iniziativa che, come la manifattura, si muove tra passato e futuro. Un’opera aperta, di sperimentazione, fondata su otto parole chiave: Materie, Fabbrica, Macchina, Teatro, Strada, Mondi, Natura, Futuro. Ma anche una indagine formativa sui molteplici significati del vocabolo “impresa”, sulle logiche che stanno dietro alla cultura industriale e ai processi di produzione nel corso del cambiamento di tempi, tecnologie, metodi, condizioni lavorative, mercati. E una riflessione a più voci sulla relazione tra consapevolezza storica e sfide contemporanee, sulla forza della memoria come condizione di competitività aziendale, sulla “metamorfosi” messa in movimento dai processi produttivi e sociali.

Su mercati globali difficili e selettivi, infatti, l’identità di un prodotto e di un servizio, il racconto della storia e le testimonianze d’innovazione nel corso del tempo sono fattori che rafforzano la capacità di reggere la concorrenza.

Va in scena, insomma, un tema per gran tempo poco considerato dalle rappresentazioni teatrali, quello dei valori dell’intraprendenza e del lavoro, anche per dire alle nuove generazioni che l’impresa è un luogo straordinario in cui poter realizzare i loro progetti e le loro ambizioni.

L’anteprima, a metà della scorsa settimana, è stata provata davanti a un pubblico particolare, 450 ragazze e ragazzi di 16-18 anni degli istituti tecnici milanesi: “Ne sono usciti profondamente affascinati – dicono i responsabili della Fondazione Pirelli – grazie alla scoperta di un mondo, quello industriale, che non conoscevano, denso com’è di tecnologie digitali, sfide professionali, orizzonti di opportunità personali e professionali”. E, nel caso di Pirelli, anche un universo in cui i prodotti ad alta tecnologia si legano alle competizioni sportive, a cominciare dalla Formula 1 e a una cultura d’avanguardia sulla sostenibilità ambientale e sociale, sulla comunicazione, sulle relazioni tra scienza e società.

L’ambizione, adesso, è “fare vedere ‘L’Umana Impresa’ ad altre scuole, agli studenti universitari del Politecnico e della Bocconi e, dopo Milano, portarlo in altre città”. Mettere ancora in scena l’intraprendenza. E continuare a costruire “una storia al futuro”.

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