La letteratura d’impresa sull’Italia in movimento per raccontare lavoro, creatività e innovazione
Raccontare l’impresa per raccontare l’Italia. Dare voce alle donne e agli uomini protagonisti delle storie di fabbrica, dei laboratori industriali, dei cantieri, delle reti in cui s’intrecciano produzioni e servizi, degli spazi in cui, ogni giorno, si inventano nuovi modi di fare le cose. E così dare dignità di rappresentazione alle persone di un paese attivo, impegnato a cambiare e migliorare, tutto il contrario dello stereotipo dell’”Italia alle vongole”, dell’Italietta pigra, conformista, familista e clientelare. Gli stereotipi, si sa, hanno una base di verità, ma finiscono per essere una distorsione profonda dei modi prevalenti di vivere e di essere di un popolo, di una comunità, di una nazione. Ecco, l’Italia dell’impresa, probabilmente, somiglia un po’ di più all’Italia vera che non la maschera lazzarona e furbastra. L’attitudine a intraprendere è ben altro che l’improntitudine dell’arrangiarsi.
L’Italia, infatti, è territorio di creatività, di imprese che, nonostante tutto, investono, crescono, innovano, conquistano posizioni di rilievo sui mercati internazionali. E sono proprio queste imprese a tenere insieme competitività e inclusione sociale, memoria storica e tecnologie d’avanguardia. Costruiscono benessere, creano lavoro. Sono uno dei motori principali del cambiamento. Ecco, queste nostre imprese meritano di essere considerate un cardine per i programmi del Recovery Fund della Ue su green economy e digital economy. E sollecitano un racconto migliore di quello che purtroppo, da gran tempo, è diffuso in larghi settori dell’opinione pubblica, ambienti politici compresi. Hanno bisogno, insomma, di una più adeguata rappresentazione.
Nasce proprio da queste considerazioni l’idea di un “Premio Letteratura d’impresa”, promosso da ItalyPost, per valorizzare quelle opere che raccontano, in modo originale, il mondo dell’industria e dei servizi, il legame tra lavoro e territori, la capacità del “fare, fare bene e fare del bene”, la spinta al rinnovamento del Paese attraverso i processi economici e l’evoluzione delle tecnologie. Per dare spazio alla diffusione dei valori positivi della cultura d’impresa, cardine fondamentale per lo sviluppo sostenibile dell’Italia, nel contesto europeo.
La risposta di autori ed editori, già per questa prima edizione, è stata molto positiva. Una sessantina i libri arrivati alla giuria, numerose le richieste di informazioni e chiarimenti, rilevanti le attenzioni dei media. Dai venti titoli selezionati da una commissione tecnica, la giuria (composta da personalità dell’economia e della cultura) ne ha indicati cinque, che adesso vanno ad affrontare la prova più difficile: la lettura, il giudizio e infine il voto della giuria popolare (duecento persone), con la proclamazione del vincitore al Festival Città Impresa di Bergamo, nel maggio prossimo.
In attesa, alcune cose si possono già dire. I venti libri della prima selezione sono tutti di qualità e descrivono e documentano bene problemi, tensioni, caratteristiche di un mondo economico in evoluzione, quasi una metamorfosi . Sono saggi, biografie, inchieste, opere che tengono insieme elementi di vita vissuta con strutture narrative tipiche della fiction. E nella loro scelta la giuria non si è fermata sulle questioni di genere letterario e di stile (i generi, da tempo, si mescolano) ma ha privilegiato incisività, leggibilità e soprattutto capacità di rappresentare la complessità del panorama economico e imprenditoriale contemporaneo.
Sono caratteristiche esaltate dai titoli arrivati alla cinquina finale: “Fabbrica Futuro” di Marco Bentivogli e Diodato Pirone, Egea; “Fronte di scavo” di Sara Loffredi, Einaudi; “La classe avversa” di Alberto Albertini, Hacca Edizioni, “Instant Moda” di Andrea Batilla, Edizioni Gribaudo e “Questioni di Stilo” di Cesare Verona, Giunti.
Il primo è un’indagine sulle trasformazioni del più grande gruppo automobilistico italiano, soprattutto nella stagione della guida profondamente innovativa di Sergio Marchionne, attentissimo ai mercati globali, alla qualità dei prodotti, alla produttività del lavoro e alle relazioni con gli investitori internazionali. Il secondo ricostruisce la straordinaria vicenda del tunnel attraverso il Monte Bianco, nei primi anni Sessanta, un capolavoro ingegneristico e costruttivo della migliore tradizione italiana, un esempio per i tempi di realizzazione e per l’efficienza dei risultati (un esempio che vale ancora oggi). Il terzo guarda l’impresa dall’interno, attraverso le traversie e i cambiamenti che investono ruoli e competenze, scatenano paure e conflitti, alimentano sogni. Il quarto libro analizza e descrive con originalità il mondo che vive tra la moda e l’industria tessile, con un occhio di particolare attenzione alla creatività e al dinamismo del tessuto di piccole e medie imprese, tipico del Nord Est. Il quinto ripercorre la storia di un grande marchio italiano, con testimonianze di grande interesse sulle evoluzioni di un’impresa familiare che sfida il tempo e lega a un prodotto antico – una penna stilografica – le più nuove tecnologie di produzione e le più sofisticate strategie di marketing.
Sono tutte vicende esemplari del fare impresa e delle relazioni che si stringono, attraverso l’impresa, tra la ricerca e la produzione, tra il mondo del lavoro e i territori di riferimento, tra la creatività e la severità dell’esecuzione dei programmi, tra i progetti immaginati e la loro trasformazione in realtà. Messe insieme, queste narrazioni sono uno straordinario, efficace racconto di un’Italia in movimento. Che merita, soprattutto in tempi di crisi generale, ascolto e attenzione.
(Nell’immagine: Fulvio Bianconi, interno di fabbrica Pirelli, 1957)
Raccontare l’impresa per raccontare l’Italia. Dare voce alle donne e agli uomini protagonisti delle storie di fabbrica, dei laboratori industriali, dei cantieri, delle reti in cui s’intrecciano produzioni e servizi, degli spazi in cui, ogni giorno, si inventano nuovi modi di fare le cose. E così dare dignità di rappresentazione alle persone di un paese attivo, impegnato a cambiare e migliorare, tutto il contrario dello stereotipo dell’”Italia alle vongole”, dell’Italietta pigra, conformista, familista e clientelare. Gli stereotipi, si sa, hanno una base di verità, ma finiscono per essere una distorsione profonda dei modi prevalenti di vivere e di essere di un popolo, di una comunità, di una nazione. Ecco, l’Italia dell’impresa, probabilmente, somiglia un po’ di più all’Italia vera che non la maschera lazzarona e furbastra. L’attitudine a intraprendere è ben altro che l’improntitudine dell’arrangiarsi.
L’Italia, infatti, è territorio di creatività, di imprese che, nonostante tutto, investono, crescono, innovano, conquistano posizioni di rilievo sui mercati internazionali. E sono proprio queste imprese a tenere insieme competitività e inclusione sociale, memoria storica e tecnologie d’avanguardia. Costruiscono benessere, creano lavoro. Sono uno dei motori principali del cambiamento. Ecco, queste nostre imprese meritano di essere considerate un cardine per i programmi del Recovery Fund della Ue su green economy e digital economy. E sollecitano un racconto migliore di quello che purtroppo, da gran tempo, è diffuso in larghi settori dell’opinione pubblica, ambienti politici compresi. Hanno bisogno, insomma, di una più adeguata rappresentazione.
Nasce proprio da queste considerazioni l’idea di un “Premio Letteratura d’impresa”, promosso da ItalyPost, per valorizzare quelle opere che raccontano, in modo originale, il mondo dell’industria e dei servizi, il legame tra lavoro e territori, la capacità del “fare, fare bene e fare del bene”, la spinta al rinnovamento del Paese attraverso i processi economici e l’evoluzione delle tecnologie. Per dare spazio alla diffusione dei valori positivi della cultura d’impresa, cardine fondamentale per lo sviluppo sostenibile dell’Italia, nel contesto europeo.
La risposta di autori ed editori, già per questa prima edizione, è stata molto positiva. Una sessantina i libri arrivati alla giuria, numerose le richieste di informazioni e chiarimenti, rilevanti le attenzioni dei media. Dai venti titoli selezionati da una commissione tecnica, la giuria (composta da personalità dell’economia e della cultura) ne ha indicati cinque, che adesso vanno ad affrontare la prova più difficile: la lettura, il giudizio e infine il voto della giuria popolare (duecento persone), con la proclamazione del vincitore al Festival Città Impresa di Bergamo, nel maggio prossimo.
In attesa, alcune cose si possono già dire. I venti libri della prima selezione sono tutti di qualità e descrivono e documentano bene problemi, tensioni, caratteristiche di un mondo economico in evoluzione, quasi una metamorfosi . Sono saggi, biografie, inchieste, opere che tengono insieme elementi di vita vissuta con strutture narrative tipiche della fiction. E nella loro scelta la giuria non si è fermata sulle questioni di genere letterario e di stile (i generi, da tempo, si mescolano) ma ha privilegiato incisività, leggibilità e soprattutto capacità di rappresentare la complessità del panorama economico e imprenditoriale contemporaneo.
Sono caratteristiche esaltate dai titoli arrivati alla cinquina finale: “Fabbrica Futuro” di Marco Bentivogli e Diodato Pirone, Egea; “Fronte di scavo” di Sara Loffredi, Einaudi; “La classe avversa” di Alberto Albertini, Hacca Edizioni, “Instant Moda” di Andrea Batilla, Edizioni Gribaudo e “Questioni di Stilo” di Cesare Verona, Giunti.
Il primo è un’indagine sulle trasformazioni del più grande gruppo automobilistico italiano, soprattutto nella stagione della guida profondamente innovativa di Sergio Marchionne, attentissimo ai mercati globali, alla qualità dei prodotti, alla produttività del lavoro e alle relazioni con gli investitori internazionali. Il secondo ricostruisce la straordinaria vicenda del tunnel attraverso il Monte Bianco, nei primi anni Sessanta, un capolavoro ingegneristico e costruttivo della migliore tradizione italiana, un esempio per i tempi di realizzazione e per l’efficienza dei risultati (un esempio che vale ancora oggi). Il terzo guarda l’impresa dall’interno, attraverso le traversie e i cambiamenti che investono ruoli e competenze, scatenano paure e conflitti, alimentano sogni. Il quarto libro analizza e descrive con originalità il mondo che vive tra la moda e l’industria tessile, con un occhio di particolare attenzione alla creatività e al dinamismo del tessuto di piccole e medie imprese, tipico del Nord Est. Il quinto ripercorre la storia di un grande marchio italiano, con testimonianze di grande interesse sulle evoluzioni di un’impresa familiare che sfida il tempo e lega a un prodotto antico – una penna stilografica – le più nuove tecnologie di produzione e le più sofisticate strategie di marketing.
Sono tutte vicende esemplari del fare impresa e delle relazioni che si stringono, attraverso l’impresa, tra la ricerca e la produzione, tra il mondo del lavoro e i territori di riferimento, tra la creatività e la severità dell’esecuzione dei programmi, tra i progetti immaginati e la loro trasformazione in realtà. Messe insieme, queste narrazioni sono uno straordinario, efficace racconto di un’Italia in movimento. Che merita, soprattutto in tempi di crisi generale, ascolto e attenzione.
(Nell’immagine: Fulvio Bianconi, interno di fabbrica Pirelli, 1957)