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La qualità non basta più, il brand nemmeno

Sapienza produttiva, certamente. Qualità eccelsa, ovviamente. Stile inconfondibile, naturalmente. Ma, di fronte ad una concorrenza sempre più sfrenata, ad una competitività che deve essere globale, a mercati schizofrenici e a modelli di consumo imprevedibili, tutto questo non basta più. Occorre essere organizzati in maniera diversa e, soprattutto, non solo all’interno dello stabilimento ma anche al di fuori, creando una rete di relazioni impensabile fino a poco tempo fa.

Detta in altro modo, se il cosiddetto brand e la qualità dei prodotti rischiano di non essere più sufficienti a garantire competitività, occorre far leva anche su altro. Ma come? E su cosa?

Una strada è il miglioramento dei processi di supply chain management (SCM). Per capire come fare e come è già stato fatto, basta leggere uno degli ultimi lavori di Raffaele Secchi, ricercatore e docente presso il Dipartimento di Management dell’università Bocconi di Milano. Nelle 300 pagine circa di “Supply chain management e made in Italy” – questo il titolo del volume -, non si trova però semplicemente la teoria, ma nove casi pratici corrispondenti ad altrettante aziende. Si tratta di: Barilla, Granarolo, Lavazza, B&B Italia, Elica, Poltrona Frau Group, Loro Piana, Luxottica, Piquadro. Tutte – come si vede – imprese nostrane che hanno sperimentato, in vario modo, il contributo dei processi di supply chain management alla loro competitività.

Il nocciolo del lavoro è semplice. L’adozione di prassi di integrazione dei processi e lo sviluppo di logiche di collaborazione con gli attori a monte e a valle della supply chain, consente di consolidare in misura significativa la competitività aziendale. Come lo si scopre leggendo il libro.

In definitiva, brand e qualità del prodotto sono ancora il punto di forza del Made in Italy, ma per difendere la competitività nei mercati internazionali non è più possibile trascurare una terza leva: l’organizzazione dei processi di supply chain management: modelli di eccellenza anche oltre i confini dei settori food, design e fashion.

Supply chain management e made in Italy. Lezioni da nove casi di eccellenza

Raffaele Secchi

Egea, 2012

Sapienza produttiva, certamente. Qualità eccelsa, ovviamente. Stile inconfondibile, naturalmente. Ma, di fronte ad una concorrenza sempre più sfrenata, ad una competitività che deve essere globale, a mercati schizofrenici e a modelli di consumo imprevedibili, tutto questo non basta più. Occorre essere organizzati in maniera diversa e, soprattutto, non solo all’interno dello stabilimento ma anche al di fuori, creando una rete di relazioni impensabile fino a poco tempo fa.

Detta in altro modo, se il cosiddetto brand e la qualità dei prodotti rischiano di non essere più sufficienti a garantire competitività, occorre far leva anche su altro. Ma come? E su cosa?

Una strada è il miglioramento dei processi di supply chain management (SCM). Per capire come fare e come è già stato fatto, basta leggere uno degli ultimi lavori di Raffaele Secchi, ricercatore e docente presso il Dipartimento di Management dell’università Bocconi di Milano. Nelle 300 pagine circa di “Supply chain management e made in Italy” – questo il titolo del volume -, non si trova però semplicemente la teoria, ma nove casi pratici corrispondenti ad altrettante aziende. Si tratta di: Barilla, Granarolo, Lavazza, B&B Italia, Elica, Poltrona Frau Group, Loro Piana, Luxottica, Piquadro. Tutte – come si vede – imprese nostrane che hanno sperimentato, in vario modo, il contributo dei processi di supply chain management alla loro competitività.

Il nocciolo del lavoro è semplice. L’adozione di prassi di integrazione dei processi e lo sviluppo di logiche di collaborazione con gli attori a monte e a valle della supply chain, consente di consolidare in misura significativa la competitività aziendale. Come lo si scopre leggendo il libro.

In definitiva, brand e qualità del prodotto sono ancora il punto di forza del Made in Italy, ma per difendere la competitività nei mercati internazionali non è più possibile trascurare una terza leva: l’organizzazione dei processi di supply chain management: modelli di eccellenza anche oltre i confini dei settori food, design e fashion.

Supply chain management e made in Italy. Lezioni da nove casi di eccellenza

Raffaele Secchi

Egea, 2012

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