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Lavoro da conciliare a tutto tondo

Una ricerca appena pubblicata ragiona sulle diverse possibilità d’uso dello smart-working

Conciliare vita e lavoro, famiglia e ricerca di un reddito. Ore passate in ufficio e in fabbrica, una volta, che, adesso, si diversificano, cambiano aspetto e contenuto, si smaterializzano, mutano di sede. Tutto per effetto del generale cambiamento dei tempi, ma anche di quanto accade. Ad iniziare dalla pandemia di Covid-19 che ha radicalmente cambiato l’organizzazione del lavoro per molte realtà produttive. Rimane un dato di fondo: la conciliazione famiglia-lavoro si sviluppa comunque all’interno di biografie personali e professionali che cambiano nel tempo, soprattutto in relazione alle diverse fasi della vita.
Conciliare vita e lavoro, tuttavia, rimane l’obiettivo di tutti. Ed è su questa base che si è sviluppata la ricerca “Conciliazione famiglia e lavoro tra smart-working e diversity management. Una riflessione su pratiche e nuove semantiche” di Claudia Santoni e Isabella Crespi pubblicata in queste settimane.
L’assunto dal quale Santoni e Crespi sono partite è semplice: le strategie e le pratiche di conciliazione sono efficaci solo in quanto in grado di adattarsi alle transizioni del ciclo di vita familiare e ai processi evolutivi dell’organizzazione del lavoro, soprattutto in termini tecnologici.

L’indagine, quindi, prende in considerazione lo smart-working visto come uno strumento innovativo, che garantisce un sistema di flessibilità temporale e spaziale – facilitato anche dalla recente normativa – che punta sulla libertà del lavoratore di auto-organizzarsi entro obiettivi concordati.
Fin qui tutto bene. Le due ricercatrici, tuttavia, osservano che alcune dimensioni di disuguaglianza e difficoltà di accesso a questi strumenti evidenziano la necessità di una revisione ed estensione del loro significato e delle modalità applicative. In altri termini, anche nell’uso dello smart-working permangono differenze di cui è necessario tenere conto. Il tema della differenziazione e della flessibilità degli strumenti operativi a partire dalle risorse e dalle specificità dei lavoratori – viene quindi spiegato -, si riflette nell’approccio di diversity management. L’analisi della conciliazione famiglia-lavoro e dello smart-working, rispetto all’approccio di diversity management, diventa, spiegano quindi Santoni e Crespi, una possibile nuova pratica per mostrare come luoghi di lavoro più attenti al tema del welfare mirato ai bisogni e alle differenze tra le persone possano garantire una maggiore efficacia politiche di riconciliazione.
Più in generale, la ricerca pone in evidenza un tema: la cultura e l’organizzazione d’impresa che accolgono nuovi strumenti di lavoro, devono anche tenere conto delle diverse possibilità d’uso degli stessi.

Conciliazione famiglia e lavoro tra smart-working e diversity management. Una riflessione su pratiche e nuove semantiche
Claudia Santoni, Isabella Crespi
Autonomie locali e servizi sociali, 1/2022

Una ricerca appena pubblicata ragiona sulle diverse possibilità d’uso dello smart-working

Conciliare vita e lavoro, famiglia e ricerca di un reddito. Ore passate in ufficio e in fabbrica, una volta, che, adesso, si diversificano, cambiano aspetto e contenuto, si smaterializzano, mutano di sede. Tutto per effetto del generale cambiamento dei tempi, ma anche di quanto accade. Ad iniziare dalla pandemia di Covid-19 che ha radicalmente cambiato l’organizzazione del lavoro per molte realtà produttive. Rimane un dato di fondo: la conciliazione famiglia-lavoro si sviluppa comunque all’interno di biografie personali e professionali che cambiano nel tempo, soprattutto in relazione alle diverse fasi della vita.
Conciliare vita e lavoro, tuttavia, rimane l’obiettivo di tutti. Ed è su questa base che si è sviluppata la ricerca “Conciliazione famiglia e lavoro tra smart-working e diversity management. Una riflessione su pratiche e nuove semantiche” di Claudia Santoni e Isabella Crespi pubblicata in queste settimane.
L’assunto dal quale Santoni e Crespi sono partite è semplice: le strategie e le pratiche di conciliazione sono efficaci solo in quanto in grado di adattarsi alle transizioni del ciclo di vita familiare e ai processi evolutivi dell’organizzazione del lavoro, soprattutto in termini tecnologici.

L’indagine, quindi, prende in considerazione lo smart-working visto come uno strumento innovativo, che garantisce un sistema di flessibilità temporale e spaziale – facilitato anche dalla recente normativa – che punta sulla libertà del lavoratore di auto-organizzarsi entro obiettivi concordati.
Fin qui tutto bene. Le due ricercatrici, tuttavia, osservano che alcune dimensioni di disuguaglianza e difficoltà di accesso a questi strumenti evidenziano la necessità di una revisione ed estensione del loro significato e delle modalità applicative. In altri termini, anche nell’uso dello smart-working permangono differenze di cui è necessario tenere conto. Il tema della differenziazione e della flessibilità degli strumenti operativi a partire dalle risorse e dalle specificità dei lavoratori – viene quindi spiegato -, si riflette nell’approccio di diversity management. L’analisi della conciliazione famiglia-lavoro e dello smart-working, rispetto all’approccio di diversity management, diventa, spiegano quindi Santoni e Crespi, una possibile nuova pratica per mostrare come luoghi di lavoro più attenti al tema del welfare mirato ai bisogni e alle differenze tra le persone possano garantire una maggiore efficacia politiche di riconciliazione.
Più in generale, la ricerca pone in evidenza un tema: la cultura e l’organizzazione d’impresa che accolgono nuovi strumenti di lavoro, devono anche tenere conto delle diverse possibilità d’uso degli stessi.

Conciliazione famiglia e lavoro tra smart-working e diversity management. Una riflessione su pratiche e nuove semantiche
Claudia Santoni, Isabella Crespi
Autonomie locali e servizi sociali, 1/2022

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