L’avventura dell’industria italiana
La cultura delle imprese si fa anche per mezzo della loro storia. Anzi, l’insieme della cultura – cioè del sentire, dei principi, dei vincoli e delle aspirazioni -, del complesso dell’industria di un Paese, si fonda anche sull’evoluzione, sui passi fatti e anche sugli errori commessi in precedenza. Per l’impresa, capire il passato è altrettanto fondamentale che comprendere il presente e programmare il futuro.Per questo serve leggere (o rileggere), “L’Italia delle fabbriche” di Giuseppe Berta. Si tratta di un volume scritto bene, un racconto della storia dell’industria italiana nel Novecento, la vicenda di (come dice lo stesso autore nel sottotitolo), della parabola di fabbriche, uomini e macchine che hanno fatto tanta parte dell’Italia del secolo scorso. E che sono alla base dell’Italia di oggi e della sua industria.
Il libro ha accompagnato Berta lungo diversi anni e adesso si presenta in una quarta edizione con un epilogo aggiornato quasi a ieri e molti inserimenti lungo tutto il testo. “L’Italia delle fabbriche – scrive all’inizio del volume l’autore -, era stata, nell’esperienza di chi l’aveva abitata, essenzialmente questo: linearità di comportamenti collettivi scanditi da un ritmo interno continuo e regolare, che assegnava loro una condizione di certezza e di prevedibilità su cui costruire consuetudini di vita, relazioni di appartenenza, sfere di azione pubblica. Ma per molti di essi aveva significato anche un modo d’intendere e di realizzare una società moderna (…)”. Alla fine del secolo scorso, però, questa Italia “delle fabbriche non esisteva più”. Proprio per capire come si è arrivati all’oggi, Berta racconta l’evoluzione di quell’Italia per mezzo dei suoi protagonisti (imprenditori, sindacati, operai, associazioni d’impresa), spiegando i passaggi cruciali, gli errori commessi, le conquiste fatte. E’ la storia dell’industrialismo all’italiana, cioè, come spiega lo stesso Berta, di quella “spinta a fare dell’industria la chiave di volta dello sviluppo e a mobilitare e incanalare nella sua direzione tutte le risorse e le energie disponibili (…)”. Suddiviso in tre parti (gli archetipi dell’industrialismo, la sua stagione matura e lo sfaldarsi del tutto), il volume non è un freddo manuale universitario ma qualcosa di molto di più. Dalle parole di Berta tornano in vita gli albori dell’industria italiana con protagonisti fieri come Giovanni Agnelli e Adriano Olivetti alle prese con il fordismo e con le provocazioni provenienti dagli Usa; ma sono in primo piano anche i concetti di fabbrica e organizzazione aziendale viste non come “macchine” ma come “organismi biologici” e quelli di sindacato come “impresa”. Si delineano, poi, le figure d’impresa milanesi e quelle torinesi (Pirelli e ancora Agnelli). Ed emerge, poi, la figura di Angelo Costa che vede l’imprenditore “sempre proteso verso l’avvenire” e l’operaio, per sua natura, “preoccupato soprattutto dell’oggi”; e quella di Enrico Mattei con la sua visione delle attività industriali pubbliche come “battistrada nello sviluppo italiano”. Berta non rinuncia, fra l’altro, a scavare negli errori commessi, nei travagli attraversati negli anni dall’industrialismo nazionale, nei dibattiti all’interno di Confindustria (il Rapporto Pirelli), e nelle più importanti aziende italiane, nelle amarezze dei protagonisti all’indomani dell’Autunno Caldo del ’69.
Da buon storico, l’autore arriva a delineare bene il declino dell’industrialismo nostrano ma anche a dire “eppure , nonostante tutto, l’Italia industriale e produttiva , pur anomala, continuava a esistere”. E non solo, perché pur trasformata in qualcosa di diverso, l’industria italiana di oggi – secondo Berta -, può ancora rappresentare una risorsa per il Paese vivendo una sorta di “nuova rivoluzione industriale” fatta di flessibilità , duttilità e paradigmi tecnologici diversi da prima. Con nuove sfide da affrontare ma che è assolutamente possibile vincere.
Il volume di poco più di 270 pagine si legge quasi d’un fiato e vale la pena farlo.
L’Italia delle fabbriche. La parabola dell’industrialismo nel Novecento
Giuseppe Berta
Il Mulino, 2013
La cultura delle imprese si fa anche per mezzo della loro storia. Anzi, l’insieme della cultura – cioè del sentire, dei principi, dei vincoli e delle aspirazioni -, del complesso dell’industria di un Paese, si fonda anche sull’evoluzione, sui passi fatti e anche sugli errori commessi in precedenza. Per l’impresa, capire il passato è altrettanto fondamentale che comprendere il presente e programmare il futuro.Per questo serve leggere (o rileggere), “L’Italia delle fabbriche” di Giuseppe Berta. Si tratta di un volume scritto bene, un racconto della storia dell’industria italiana nel Novecento, la vicenda di (come dice lo stesso autore nel sottotitolo), della parabola di fabbriche, uomini e macchine che hanno fatto tanta parte dell’Italia del secolo scorso. E che sono alla base dell’Italia di oggi e della sua industria.
Il libro ha accompagnato Berta lungo diversi anni e adesso si presenta in una quarta edizione con un epilogo aggiornato quasi a ieri e molti inserimenti lungo tutto il testo. “L’Italia delle fabbriche – scrive all’inizio del volume l’autore -, era stata, nell’esperienza di chi l’aveva abitata, essenzialmente questo: linearità di comportamenti collettivi scanditi da un ritmo interno continuo e regolare, che assegnava loro una condizione di certezza e di prevedibilità su cui costruire consuetudini di vita, relazioni di appartenenza, sfere di azione pubblica. Ma per molti di essi aveva significato anche un modo d’intendere e di realizzare una società moderna (…)”. Alla fine del secolo scorso, però, questa Italia “delle fabbriche non esisteva più”. Proprio per capire come si è arrivati all’oggi, Berta racconta l’evoluzione di quell’Italia per mezzo dei suoi protagonisti (imprenditori, sindacati, operai, associazioni d’impresa), spiegando i passaggi cruciali, gli errori commessi, le conquiste fatte. E’ la storia dell’industrialismo all’italiana, cioè, come spiega lo stesso Berta, di quella “spinta a fare dell’industria la chiave di volta dello sviluppo e a mobilitare e incanalare nella sua direzione tutte le risorse e le energie disponibili (…)”. Suddiviso in tre parti (gli archetipi dell’industrialismo, la sua stagione matura e lo sfaldarsi del tutto), il volume non è un freddo manuale universitario ma qualcosa di molto di più. Dalle parole di Berta tornano in vita gli albori dell’industria italiana con protagonisti fieri come Giovanni Agnelli e Adriano Olivetti alle prese con il fordismo e con le provocazioni provenienti dagli Usa; ma sono in primo piano anche i concetti di fabbrica e organizzazione aziendale viste non come “macchine” ma come “organismi biologici” e quelli di sindacato come “impresa”. Si delineano, poi, le figure d’impresa milanesi e quelle torinesi (Pirelli e ancora Agnelli). Ed emerge, poi, la figura di Angelo Costa che vede l’imprenditore “sempre proteso verso l’avvenire” e l’operaio, per sua natura, “preoccupato soprattutto dell’oggi”; e quella di Enrico Mattei con la sua visione delle attività industriali pubbliche come “battistrada nello sviluppo italiano”. Berta non rinuncia, fra l’altro, a scavare negli errori commessi, nei travagli attraversati negli anni dall’industrialismo nazionale, nei dibattiti all’interno di Confindustria (il Rapporto Pirelli), e nelle più importanti aziende italiane, nelle amarezze dei protagonisti all’indomani dell’Autunno Caldo del ’69.
Da buon storico, l’autore arriva a delineare bene il declino dell’industrialismo nostrano ma anche a dire “eppure , nonostante tutto, l’Italia industriale e produttiva , pur anomala, continuava a esistere”. E non solo, perché pur trasformata in qualcosa di diverso, l’industria italiana di oggi – secondo Berta -, può ancora rappresentare una risorsa per il Paese vivendo una sorta di “nuova rivoluzione industriale” fatta di flessibilità , duttilità e paradigmi tecnologici diversi da prima. Con nuove sfide da affrontare ma che è assolutamente possibile vincere.
Il volume di poco più di 270 pagine si legge quasi d’un fiato e vale la pena farlo.
L’Italia delle fabbriche. La parabola dell’industrialismo nel Novecento
Giuseppe Berta
Il Mulino, 2013