Accedi all’Archivio online
Esplora l’Archivio online per trovare fonti e materiali. Seleziona la tipologia di supporto documentale che più ti interessa e inserisci le parole chiave della tua ricerca.
    Seleziona una delle seguenti categorie:
  • Documenti
  • Fotografie
  • Disegni e manifesti
  • Audiovisivi
  • Pubblicazioni e riviste
  • Tutti
Assistenza alla consultazione
Per richiedere la consultazione del materiale conservato nell’Archivio Storico e nelle Biblioteche della Fondazione Pirelli al fine di studi e ricerche e conoscere le modalità di utilizzo dei materiali per prestiti e mostre, compila il seguente modulo.
Riceverai una mail di conferma dell'avvenuta ricezione della richiesta e sarai ricontattato.
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Seleziona il grado di istruzione della scuola di appartenenza
Back
Scuola Primaria
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.

Dichiaro di avere preso visione dell’informativa relativa al trattamento dei miei dati personali, e autorizzo la Fondazione Pirelli al trattamento dei miei dati personali per l’invio, anche a mezzo e-mail, di comunicazioni relative ad iniziative/convegni organizzati dalla Fondazione Pirelli..

Back
Scuole secondarie di I grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Scuole secondarie di II grado
Percorsi Fondazione Pirelli Educational
Lasciate i vostri dati per essere ricontattati dallo staff di Fondazione Pirelli Educational e concordare le date del percorso.
Back
Università
Percorsi Fondazione Pirelli Educational

Vuoi organizzare un percorso personalizzato con i tuoi studenti? Per informazioni e prenotazioni scrivi a universita@fondazionepirelli.org

Visita la Fondazione
Per informazioni sulle attività della Fondazione e l’accessiblità agli spazi
contattare il numero 0264423971 o scrivere a visite@fondazionepirelli.org

Le strategie di Draghi sull’ambiente e l’economia green e blue delle imprese

“America’s better future. No carbon and no blackouts”, è il titolo dell’inchiesta di copertina di “The Economist”, per un’inchiesta sui temi dell’energia pulita e affidabile e sulla scelta della presidenza Biden di avviare un ambizioso tentativo di affrontare il cambiamento climatico. Finalmente. Nel momento in cui lo slogan di sintesi della nuova politica Usa è “America is back” al posto dell’arrogante e conflittuale “Maga” (“Make America Great Again”) dell’era Trump e quel “back” ha subito indicato il ritorno agli accordi di Parigi sulla sostenibilità, ecco che si ripropongono sistematicamente, sulla scena internazionale, i grandi temi dell’ambiente e dell’abbattimento degli squilibri economici e sociali.

L’eco del nuovo corso sta anche nella concordanza dei discorsi tra il presidente Usa Joe Biden, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e la Cancelliera tedesca Angela Merkel al G7 della scorsa settimana. Salute e clima sono in primo piano. E c’è un riconoscimento corale sull’importanza del nuovo corso politico in Italia per rafforzare le strategie della Ue in questa direzione. “Con Draghi l’Italia è più virtuosa e può spostare gli equilibri in Europa”, ha confermato il Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni (”La Stampa”, 22 febbraio). D’altronde, Mario Draghi, nelle sue dichiarazioni programmatiche in Parlamento, è stato esemplare sulle responsabilità europee verso le nuove generazioni: “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”.

Le scelte di governo per il Recovery Plan sono abbastanza coerenti, sia nelle indicazioni strategiche sia nella definizione dell’apparato operativo per decidere come investire su green economy e digital economy e come affrontare, dopo una troppo lunga stagione di disattenzione politica e di scarso senso di responsabilità, i temi delle riforme (pubblica amministrazione, fisco, giustizia, lavoro, scuola, ricerca). Proprio quei cambiamenti necessari a fermare il ciclo della bassa crescita italiana e a costruire le basi di un futuro migliore per le generazioni dei nostri figli e nipoti.

La riprova sta in alcune scelte chiave che riguardano i ruoli di governo. L’attuazione del Recovery Plan ben incardinato negli uffici, densi di competenze, del Ministero dell’Economia affidato alle salde e affidabili mani di un ministro come Daniele Franco. Il ministero della Transizione Digitale affidato a Vittorio Colao, manager di esperienza internazionale e quello della Transizione Ecologica a Roberto Cingolani, scienziato con grandi capacità di gestione (lo ha dimostrato all’Istituto Italiano di Tecnologia) e una solida cultura d’impresa (un’esperienza ai vertici di Leonardo). E, infine il ministero alle Infrastrutture e ai Trasporti affidato a Enrico Giovannini, grande esperto di sviluppo sostenibile e già con una solida esperienza di governo. Sono tutte scelte che dicono che possiamo ragionevolmente aspettarci una stagione riformista chiara ed efficace. Alle forze politiche, la responsabilità di agevolare e, perché no?, arricchire questo tentativo.

Per quel che riguarda le imprese italiane, siamo di fronte a un’occasione straordinaria, per insistere sulle strategie già avviate da tempo sulla sostenibilità come leva fondamentale per rafforzare la propria competitività e accelerarne l’implementazione, adesso in un quadro politico finalmente favorevole.

I dati del Rapporto GreenItaly, curato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, documentano che negli ultimi cinque anni 435mila imprese, pur avendo il core business in attività tradizionali, hanno avviato un “riconversione verde”, insistendo sulle energie rinnovabili (proprio quelle ricordate anche per gli Usa dall’inchiesta di “The Economist” citata all’inizio), sul basso impatto ambientale sui territori, sul riciclo dei rifiuti e su altre indicazioni da “economia circolare”. E “ci sono più di tre milioni di italiane e italiani che lavorano nell’industria che rispetta l’ambiente, la sicurezza, la qualità della vita”, aggiunge Ermete Realacci, presidente di Symbola.

Il percorso di sostenibilità, appunto, consente a parecchie aziende di stare ai primi posti delle classifiche internazionali e di rafforzare la propria competitività sui mercati globali. Ci sono, per esempio, cinque grandi italiane tra le Top 50 dei Seal Business Award: Enel, Leonardo, Pirelli, Snam e Terna (la classifica misura le prestazioni in termini di “Sustainability, Enviromental Achievement e Leadership”). E sempre Pirelli è “Gold Class” per il settore automotive del Sustainability Year Book 2021 di S&P, mentre in altri settori sono premiate Enel, Poste Italiane, Prysmian, Telecom, Moncler, Hera e, ancora, Leonardo, Saipem e Terna.

Per tutte, ognuna secondo la propria storia, le specializzazioni tecnologiche e la particolare cultura d’impresa, vale una scelta fatta da tempo: insistere sull’innovazione, legando in modo originale la dimensione del “digitale” con quella della sostenibilità ambientale e sociale. Proprio quel percorso che adesso il governo Draghi mette al centro della propria attenzione, con la collaborazione aperta dei ministeri della Transizione, sia ecologica e digitale.

L’incrocio tra digital e green economy, tra green e blue, può consentire, grazie anche agli investimenti sostenuti dai fondi del Recovery Plan, di affrontare con nuove speranze di successo alcuni dei nodi più complessi della struttura industriale italiana. La questione dell’acciaio e della crisi dell’Ilva, per esempio. Danieli, Leonardo e Saipem hanno appena stretto un’alleanza (“Il Sole24Ore”, 19 febbraio) per avviare processi di “siderurgia green”, senza l’uso del carbone. Una strategia che può migliorare anche la posizione competitiva dell’acciaio italiano sui mercati globali.

Sta proprio qui un’indicazione interessante che sta maturando durante i lavori del B20 presieduto da Emma Marcegaglia, l’organizzazione del mondo imprenditoriale e finanziario legato al G20 in corso, a guida italiana.  Il contributo delle nostre imprese agli ambienti internazionali del business sta negli esempi delle pratiche virtuose che nel tempo hanno rafforzato la nostra manifattura e i servizi collegati: impegnarsi nella sostenibilità ambientale e sociale non per un’operazione opportunistica di green washing o per operazioni di comunicazione e di marketing, ma come parte essenziale di una lungimirante strategia produttiva, di una scelta di qualità che guarda ai mercati ricchi di consumatori sensibili ai temi ambientali, alla finanza attenta agli investimenti sostenibili e ai valori e agli interessi di tutti gli stakeholders che hanno rapporti con l’impresa e incidono sul suo valore, la credibilità, l’attendibilità, la reputazione. L’Italia delle imprese che sanno fare, e fare bene.

“America’s better future. No carbon and no blackouts”, è il titolo dell’inchiesta di copertina di “The Economist”, per un’inchiesta sui temi dell’energia pulita e affidabile e sulla scelta della presidenza Biden di avviare un ambizioso tentativo di affrontare il cambiamento climatico. Finalmente. Nel momento in cui lo slogan di sintesi della nuova politica Usa è “America is back” al posto dell’arrogante e conflittuale “Maga” (“Make America Great Again”) dell’era Trump e quel “back” ha subito indicato il ritorno agli accordi di Parigi sulla sostenibilità, ecco che si ripropongono sistematicamente, sulla scena internazionale, i grandi temi dell’ambiente e dell’abbattimento degli squilibri economici e sociali.

L’eco del nuovo corso sta anche nella concordanza dei discorsi tra il presidente Usa Joe Biden, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e la Cancelliera tedesca Angela Merkel al G7 della scorsa settimana. Salute e clima sono in primo piano. E c’è un riconoscimento corale sull’importanza del nuovo corso politico in Italia per rafforzare le strategie della Ue in questa direzione. “Con Draghi l’Italia è più virtuosa e può spostare gli equilibri in Europa”, ha confermato il Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni (”La Stampa”, 22 febbraio). D’altronde, Mario Draghi, nelle sue dichiarazioni programmatiche in Parlamento, è stato esemplare sulle responsabilità europee verso le nuove generazioni: “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”.

Le scelte di governo per il Recovery Plan sono abbastanza coerenti, sia nelle indicazioni strategiche sia nella definizione dell’apparato operativo per decidere come investire su green economy e digital economy e come affrontare, dopo una troppo lunga stagione di disattenzione politica e di scarso senso di responsabilità, i temi delle riforme (pubblica amministrazione, fisco, giustizia, lavoro, scuola, ricerca). Proprio quei cambiamenti necessari a fermare il ciclo della bassa crescita italiana e a costruire le basi di un futuro migliore per le generazioni dei nostri figli e nipoti.

La riprova sta in alcune scelte chiave che riguardano i ruoli di governo. L’attuazione del Recovery Plan ben incardinato negli uffici, densi di competenze, del Ministero dell’Economia affidato alle salde e affidabili mani di un ministro come Daniele Franco. Il ministero della Transizione Digitale affidato a Vittorio Colao, manager di esperienza internazionale e quello della Transizione Ecologica a Roberto Cingolani, scienziato con grandi capacità di gestione (lo ha dimostrato all’Istituto Italiano di Tecnologia) e una solida cultura d’impresa (un’esperienza ai vertici di Leonardo). E, infine il ministero alle Infrastrutture e ai Trasporti affidato a Enrico Giovannini, grande esperto di sviluppo sostenibile e già con una solida esperienza di governo. Sono tutte scelte che dicono che possiamo ragionevolmente aspettarci una stagione riformista chiara ed efficace. Alle forze politiche, la responsabilità di agevolare e, perché no?, arricchire questo tentativo.

Per quel che riguarda le imprese italiane, siamo di fronte a un’occasione straordinaria, per insistere sulle strategie già avviate da tempo sulla sostenibilità come leva fondamentale per rafforzare la propria competitività e accelerarne l’implementazione, adesso in un quadro politico finalmente favorevole.

I dati del Rapporto GreenItaly, curato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, documentano che negli ultimi cinque anni 435mila imprese, pur avendo il core business in attività tradizionali, hanno avviato un “riconversione verde”, insistendo sulle energie rinnovabili (proprio quelle ricordate anche per gli Usa dall’inchiesta di “The Economist” citata all’inizio), sul basso impatto ambientale sui territori, sul riciclo dei rifiuti e su altre indicazioni da “economia circolare”. E “ci sono più di tre milioni di italiane e italiani che lavorano nell’industria che rispetta l’ambiente, la sicurezza, la qualità della vita”, aggiunge Ermete Realacci, presidente di Symbola.

Il percorso di sostenibilità, appunto, consente a parecchie aziende di stare ai primi posti delle classifiche internazionali e di rafforzare la propria competitività sui mercati globali. Ci sono, per esempio, cinque grandi italiane tra le Top 50 dei Seal Business Award: Enel, Leonardo, Pirelli, Snam e Terna (la classifica misura le prestazioni in termini di “Sustainability, Enviromental Achievement e Leadership”). E sempre Pirelli è “Gold Class” per il settore automotive del Sustainability Year Book 2021 di S&P, mentre in altri settori sono premiate Enel, Poste Italiane, Prysmian, Telecom, Moncler, Hera e, ancora, Leonardo, Saipem e Terna.

Per tutte, ognuna secondo la propria storia, le specializzazioni tecnologiche e la particolare cultura d’impresa, vale una scelta fatta da tempo: insistere sull’innovazione, legando in modo originale la dimensione del “digitale” con quella della sostenibilità ambientale e sociale. Proprio quel percorso che adesso il governo Draghi mette al centro della propria attenzione, con la collaborazione aperta dei ministeri della Transizione, sia ecologica e digitale.

L’incrocio tra digital e green economy, tra green e blue, può consentire, grazie anche agli investimenti sostenuti dai fondi del Recovery Plan, di affrontare con nuove speranze di successo alcuni dei nodi più complessi della struttura industriale italiana. La questione dell’acciaio e della crisi dell’Ilva, per esempio. Danieli, Leonardo e Saipem hanno appena stretto un’alleanza (“Il Sole24Ore”, 19 febbraio) per avviare processi di “siderurgia green”, senza l’uso del carbone. Una strategia che può migliorare anche la posizione competitiva dell’acciaio italiano sui mercati globali.

Sta proprio qui un’indicazione interessante che sta maturando durante i lavori del B20 presieduto da Emma Marcegaglia, l’organizzazione del mondo imprenditoriale e finanziario legato al G20 in corso, a guida italiana.  Il contributo delle nostre imprese agli ambienti internazionali del business sta negli esempi delle pratiche virtuose che nel tempo hanno rafforzato la nostra manifattura e i servizi collegati: impegnarsi nella sostenibilità ambientale e sociale non per un’operazione opportunistica di green washing o per operazioni di comunicazione e di marketing, ma come parte essenziale di una lungimirante strategia produttiva, di una scelta di qualità che guarda ai mercati ricchi di consumatori sensibili ai temi ambientali, alla finanza attenta agli investimenti sostenibili e ai valori e agli interessi di tutti gli stakeholders che hanno rapporti con l’impresa e incidono sul suo valore, la credibilità, l’attendibilità, la reputazione. L’Italia delle imprese che sanno fare, e fare bene.

CIAO, COME POSSO AIUTARTI?