Leggi romanzi se vuoi fare l’ingegnere
“Leggi romanzi se vuoi fare l’ingegnere”. Così, in un bel titolo a effetto, “La Stampa” del 10 gennaio sintetizza le scelte recenti fatte da prestigiose università americane, Harvard e Princeton, Stanford e Yale, di introdurre dei corsi di letteratura per gli studenti di economia, ingegneria, medicina e materie scientifiche varie. Rivalutazione della letteratura, dunque, per capire un po’ meglio le persone, le civiltà diverse, il mondo. E stimolo a cercare nuove sintesi, tra culture umanistiche e culture scientifiche. Se è vero, come sosteneva Mallarmè, che “il mondo è fatto per finire in un bel libro”, allora proprio alla buona letteratura bisogna imparare a guardare con maggior attenzione e rispetto, anche per gestire un’impresa, portare avanti un progetto di ricerca, costruire nuovi paradigmi economici e scientifici, in tempi di sperimentazione di originali strade d’uscita dalla Grande Crisi. E’ importante, la scelta, proprio perché viene dagli Usa, paese attratto dalle tendenze alla iperspecializzazione settoriale. Ne risulta confermata la qualità della cultura europea, abituata alla complessità e della sua stessa cultura d’impresa, più incline ad adattarsi in modo creativo alle pieghe di ambienti diversi, rispetto alla rigida determinazione al dominio delle culture angosassoni. E d’altronde i Politecnici di Milano e Torino e le “grandes écoles” francesi hanno scelto da tempo di fare studiare, accanto alle materie specialistiche di ingegneria, anche filosofia, scrittura, teatro. Le tecnologie. E le relazioni. Il cannocchiale di Galileo e le sue riflessioni sul senso del mondo in cambiamento. L’energia atomica. E le sue implicazioni morali. Le evoluzioni del web. E le conseguenze sulla diffusione della cultura, la partecipazione o la solitudine, l’accelerazione degli affari o l’ipotetico rallentamento della consapevolezza delle mediazioni di interessi e valori, il sale di una buona democrazia. Conclude Paolo Bertinetti su “La Stampa”: “La letteratura è ‘utile’ per fare bene cose che nulla hanno a che fare con la letteratura. Ma possiamo aggiungere che è utile in sé, non solo per imparare a scrivere frasi in modo corretto, ma per imparare a conoscere l’uomo e il mondo. La letteratura è comunicazione dell’esperienza. E coloro che insegnano letteratura, insegnando a leggere ciò che forse resterebbe ignorato, aiutano la letteratura a esercitare questo suo senso profondo”.
“Leggi romanzi se vuoi fare l’ingegnere”. Così, in un bel titolo a effetto, “La Stampa” del 10 gennaio sintetizza le scelte recenti fatte da prestigiose università americane, Harvard e Princeton, Stanford e Yale, di introdurre dei corsi di letteratura per gli studenti di economia, ingegneria, medicina e materie scientifiche varie. Rivalutazione della letteratura, dunque, per capire un po’ meglio le persone, le civiltà diverse, il mondo. E stimolo a cercare nuove sintesi, tra culture umanistiche e culture scientifiche. Se è vero, come sosteneva Mallarmè, che “il mondo è fatto per finire in un bel libro”, allora proprio alla buona letteratura bisogna imparare a guardare con maggior attenzione e rispetto, anche per gestire un’impresa, portare avanti un progetto di ricerca, costruire nuovi paradigmi economici e scientifici, in tempi di sperimentazione di originali strade d’uscita dalla Grande Crisi. E’ importante, la scelta, proprio perché viene dagli Usa, paese attratto dalle tendenze alla iperspecializzazione settoriale. Ne risulta confermata la qualità della cultura europea, abituata alla complessità e della sua stessa cultura d’impresa, più incline ad adattarsi in modo creativo alle pieghe di ambienti diversi, rispetto alla rigida determinazione al dominio delle culture angosassoni. E d’altronde i Politecnici di Milano e Torino e le “grandes écoles” francesi hanno scelto da tempo di fare studiare, accanto alle materie specialistiche di ingegneria, anche filosofia, scrittura, teatro. Le tecnologie. E le relazioni. Il cannocchiale di Galileo e le sue riflessioni sul senso del mondo in cambiamento. L’energia atomica. E le sue implicazioni morali. Le evoluzioni del web. E le conseguenze sulla diffusione della cultura, la partecipazione o la solitudine, l’accelerazione degli affari o l’ipotetico rallentamento della consapevolezza delle mediazioni di interessi e valori, il sale di una buona democrazia. Conclude Paolo Bertinetti su “La Stampa”: “La letteratura è ‘utile’ per fare bene cose che nulla hanno a che fare con la letteratura. Ma possiamo aggiungere che è utile in sé, non solo per imparare a scrivere frasi in modo corretto, ma per imparare a conoscere l’uomo e il mondo. La letteratura è comunicazione dell’esperienza. E coloro che insegnano letteratura, insegnando a leggere ciò che forse resterebbe ignorato, aiutano la letteratura a esercitare questo suo senso profondo”.