L’imprenditore continua ad essere un enigma
Rileggere il libro di Giuseppe Berta sull’imprenditorialità per comprendere meglio la realtà
“Un conto è stare sul ponte di comando di una nave di proprietà d’altri, un altro è costruire la nave, metterla in mare e saper navigare”. E’ la sintesi pressoché perfetta, affidata ad una intervista ad Avvenire nel 2020, della figura dell’imprenditore così come delineata da Giuseppe Berta – scomparso pochi giorni fa – per anni docente di Storia contemporanea alla Bocconi di Milano ma anche attento conoscitore del sistema delle imprese italiane. L’imprenditore che ha “un sogno” (per dirla con un termine caro ad alcuni altri storici d’impresa) e che riesce a realizzarlo, a farlo realtà, soffrendo e gioendo, riuscendo a scegliere i collaboratori più adatti al caso suo, coordinarli, farli crescere e crescere con questi.
Berta ha dedicato, in particolare, un libro a questa figura e alla sua specifica cultura – “L’enigma dell’imprenditore (e il destino dell’impresa)” – che si caratterizza a partire dal titolo. Come ogni buon libro, infatti, questa fatica letteraria di Berta (una delle tante) non fornisce certezze e parla di un “enigma” per il quale, al più, indica strumenti utili alla sua comprensione. E lega, subito appunto dal titolo, la figura dell’imprenditore al destino della sua creatura: l’impresa.
Destino che, leggendo il libro, si delinea prima dal punto di vista storico e poi sulla base della contemporaneità (valida ancora oggi a qualche anno dalla pubblicazione). L’imprenditore così, viene descritto a partire dalla metà del Settecento, quando questa figura è rappresentata come motore del processo economico, per passare poi all’Ottocento e al Novecento, quando l’imprenditore diventa innovatore fino ad essere anche organizzatore e manager. Per arrivare all’oggi, in un mondo in cui le nuove tecnologie, la digitalizzazione, la complessità e la velocità appaiono essere i nuovi vincoli e le nuove opportunità per l’impresa.
Così, la figura dell’imprenditore e della sua cultura, è per Berta occasione per raccontare l’evoluzione dell’impresa e del capitalismo (che nelle ultime pagine viene indicato come “delle piattaforme” piuttosto che dei singoli). Un racconto che, come si diceva, non fornisce soluzioni preconfezionate, ma strumenti per capire. Tutto con una scrittura che si fa leggere, a tratti forse non semplicissima ma assolutamente comprensibile. Un libro da leggere – e rileggere –, un libro che fa pensare e che non a caso si conclude con una domanda. Giuseppe Berta, infatti, parlando dell’imprenditorialità dell’oggi le cui fortune dipendono dalle tecnologie così come dai circuiti finanziari, scrive di “una miscela che apparentemente può alimentare all’infinito le opportunità e il numero dei nuovi imprenditori. Ma fino a quando?”.
L’enigma dell’imprenditore (e il destino dell’impresa)
Giuseppe Berta
il Mulino, 2018


Rileggere il libro di Giuseppe Berta sull’imprenditorialità per comprendere meglio la realtà
“Un conto è stare sul ponte di comando di una nave di proprietà d’altri, un altro è costruire la nave, metterla in mare e saper navigare”. E’ la sintesi pressoché perfetta, affidata ad una intervista ad Avvenire nel 2020, della figura dell’imprenditore così come delineata da Giuseppe Berta – scomparso pochi giorni fa – per anni docente di Storia contemporanea alla Bocconi di Milano ma anche attento conoscitore del sistema delle imprese italiane. L’imprenditore che ha “un sogno” (per dirla con un termine caro ad alcuni altri storici d’impresa) e che riesce a realizzarlo, a farlo realtà, soffrendo e gioendo, riuscendo a scegliere i collaboratori più adatti al caso suo, coordinarli, farli crescere e crescere con questi.
Berta ha dedicato, in particolare, un libro a questa figura e alla sua specifica cultura – “L’enigma dell’imprenditore (e il destino dell’impresa)” – che si caratterizza a partire dal titolo. Come ogni buon libro, infatti, questa fatica letteraria di Berta (una delle tante) non fornisce certezze e parla di un “enigma” per il quale, al più, indica strumenti utili alla sua comprensione. E lega, subito appunto dal titolo, la figura dell’imprenditore al destino della sua creatura: l’impresa.
Destino che, leggendo il libro, si delinea prima dal punto di vista storico e poi sulla base della contemporaneità (valida ancora oggi a qualche anno dalla pubblicazione). L’imprenditore così, viene descritto a partire dalla metà del Settecento, quando questa figura è rappresentata come motore del processo economico, per passare poi all’Ottocento e al Novecento, quando l’imprenditore diventa innovatore fino ad essere anche organizzatore e manager. Per arrivare all’oggi, in un mondo in cui le nuove tecnologie, la digitalizzazione, la complessità e la velocità appaiono essere i nuovi vincoli e le nuove opportunità per l’impresa.
Così, la figura dell’imprenditore e della sua cultura, è per Berta occasione per raccontare l’evoluzione dell’impresa e del capitalismo (che nelle ultime pagine viene indicato come “delle piattaforme” piuttosto che dei singoli). Un racconto che, come si diceva, non fornisce soluzioni preconfezionate, ma strumenti per capire. Tutto con una scrittura che si fa leggere, a tratti forse non semplicissima ma assolutamente comprensibile. Un libro da leggere – e rileggere –, un libro che fa pensare e che non a caso si conclude con una domanda. Giuseppe Berta, infatti, parlando dell’imprenditorialità dell’oggi le cui fortune dipendono dalle tecnologie così come dai circuiti finanziari, scrive di “una miscela che apparentemente può alimentare all’infinito le opportunità e il numero dei nuovi imprenditori. Ma fino a quando?”.
L’enigma dell’imprenditore (e il destino dell’impresa)
Giuseppe Berta
il Mulino, 2018