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L’impresa felice

Le imprese che funzionano meglio, quelle che fanno più profitti, sono anche quelle in cui è alto il tasso di empatia. Imprese felici, insomma; dove si lavora bene, dove i ruoli ci sono e sono chiari ma le gerarchie hanno una forma particolare. Organizzazioni dove, soprattutto, accanto alle regole dell’economia, pare ve ne siano altre.

Per capire di più è bello leggere “L’impresa empatica” di Serena Baldassarre (consulente di formazione manageriale), e Gian Paolo Bonani (docente di Comunicazione d’Impresa presso l’Università La Sapienza di Roma). I due hanno scritto un volumetto di poco più di 150 pagine da leggere quasi d’un fiato (anche tenendo conto che non è un libro di avventure), e che parte dalla dichiarazione di un obiettivo: “Mostrare che l’impresa può essere luogo di buone intenzioni, di buone azioni e di soddisfazione personali e collettive”. E non solo, perché il volume “vuole suggerire i principi di un comportamento insieme ragionevole e gentile per condurre le unità produttive verso il successo economico”. Profitto e felicità di tutti. Traguardo quasi inconcepibile che, spiegano i due autori nelle prime pagine del volume, può essere raggiunto applicando all’organizzazione d’impresa le regole dell’empatia e della tenerezza, dell’ascolto e della comprensione, della comunicazione corretta e del coinvolgimento personale.

Il volume quindi inizia parlando di “resilienze di successo” per passare poi ad esaminare  i connotati della “mente empatica al comando” di un’azienda per arrivare ad esaminare le caratteristiche dell’organizzazione che impara e quindi comunica correttamente. La prima parte, poi, si chiude parlando delle modalità di allestimento dei gruppi di lavoro che seguano l’approccio perno dell’intero libro. La seconda parte, invece, parla di strumenti per costruire l’impresa empatica: l’ascolto, il discorso e la scrittura efficace.

Libro per certi versi radicale e di rottura degli schemi, “L’impresa empatica” va accolto con attenzione, anche critica, ma va certamente letto. Deve, per esempio, far pensare in ogni senso un passaggio che dice tutto sull’approccio al tema da parte dei due autori: “Bisogna riconoscere la legittimità della leggerezza edonistica allo stesso tempo della dura esigenza del costruire con ragione e strumenti forti. Mai perdendo di vista la gentilezza, mai dimenticando la centralità della tenerezza”. Applicare tutto questo a molte realtà d’impresa e di fabbrica dell’oggi, pare certamente complesso. Ma ci si può con buona ragione provare.

L’impresa empatica. Persone che sanno comunicare

S. Baldassarre, G. P. Bonani

Franco Angeli, 2015

Le imprese che funzionano meglio, quelle che fanno più profitti, sono anche quelle in cui è alto il tasso di empatia. Imprese felici, insomma; dove si lavora bene, dove i ruoli ci sono e sono chiari ma le gerarchie hanno una forma particolare. Organizzazioni dove, soprattutto, accanto alle regole dell’economia, pare ve ne siano altre.

Per capire di più è bello leggere “L’impresa empatica” di Serena Baldassarre (consulente di formazione manageriale), e Gian Paolo Bonani (docente di Comunicazione d’Impresa presso l’Università La Sapienza di Roma). I due hanno scritto un volumetto di poco più di 150 pagine da leggere quasi d’un fiato (anche tenendo conto che non è un libro di avventure), e che parte dalla dichiarazione di un obiettivo: “Mostrare che l’impresa può essere luogo di buone intenzioni, di buone azioni e di soddisfazione personali e collettive”. E non solo, perché il volume “vuole suggerire i principi di un comportamento insieme ragionevole e gentile per condurre le unità produttive verso il successo economico”. Profitto e felicità di tutti. Traguardo quasi inconcepibile che, spiegano i due autori nelle prime pagine del volume, può essere raggiunto applicando all’organizzazione d’impresa le regole dell’empatia e della tenerezza, dell’ascolto e della comprensione, della comunicazione corretta e del coinvolgimento personale.

Il volume quindi inizia parlando di “resilienze di successo” per passare poi ad esaminare  i connotati della “mente empatica al comando” di un’azienda per arrivare ad esaminare le caratteristiche dell’organizzazione che impara e quindi comunica correttamente. La prima parte, poi, si chiude parlando delle modalità di allestimento dei gruppi di lavoro che seguano l’approccio perno dell’intero libro. La seconda parte, invece, parla di strumenti per costruire l’impresa empatica: l’ascolto, il discorso e la scrittura efficace.

Libro per certi versi radicale e di rottura degli schemi, “L’impresa empatica” va accolto con attenzione, anche critica, ma va certamente letto. Deve, per esempio, far pensare in ogni senso un passaggio che dice tutto sull’approccio al tema da parte dei due autori: “Bisogna riconoscere la legittimità della leggerezza edonistica allo stesso tempo della dura esigenza del costruire con ragione e strumenti forti. Mai perdendo di vista la gentilezza, mai dimenticando la centralità della tenerezza”. Applicare tutto questo a molte realtà d’impresa e di fabbrica dell’oggi, pare certamente complesso. Ma ci si può con buona ragione provare.

L’impresa empatica. Persone che sanno comunicare

S. Baldassarre, G. P. Bonani

Franco Angeli, 2015

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