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L’Italia ritrova fiducia e ripresa, ma il risparmio ancora non alimenta consumi e nuovi investimenti

“La storia siamo noi. Nessuno si senta escluso”. La citazione di una delle canzoni più poetiche e intense di Francesco De Gregori segna il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica. Ed è quanto mai utile per insistere sui valori dell’impegno comune in tempi di crisi, sul senso di responsabilità necessario per costruire, come comunità, un futuro migliore, più equilibrato e sostenibile. L’Italia, nonostante cadute, ombre ed errori, ha affrontato tutto sommato bene la pandemia. Adesso bisogna fare i conti con la ripresa. E Mattarella sottolinea la necessità della fiducia, valorizza le scelte positive già fatte dagli italiani, dalle istituzioni, dalle imprese. “Il Paese non è fermo”, dice. E ancora: “L’Italia, la nostra Patria, ha le carte in regola per farcela”.

Il riferimento storico è a quel dopoguerra in cui, nonostante “le macerie materiali e morali”, si ricomincia a vivere e progettare futuro. Il 2 giugno di 75 anni fa, le votazioni per il referendum su monarca o repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente. Vince la Repubblica, si archivia l’infausta stagione d’una monarchia gravemente compromessa con il fascismo, le leggi razziali e la guerra e si comincia a lavorare per una Costituzione pienamente democratica, densa di una impegnativa serie di indicazioni programmatiche sui diritti, i doveri, le responsabilità. Si avvia la ricostruzione (“Prima le fabbriche, poi le case”, concordano il presidente di Confindustria Angelo Costa e il leader della Cgil Giuseppe Di Vittorio: il primato dell’intraprendenza e del lavoro). E, pur tra pesanti conflitti politici e sociali (è tempo di “guerra fredda”) si pongono le basi di quello che, negli anni Cinquanta e Sessanta, sarà il boom economico, stimolato anche dalla nascita dell’Europa come mercato comune e come comunità ricca di valori politici, che mantengono ancora adesso una solida attualità.

Oggi il quadro economico, sociale e soprattutto politico è ben diverso dal dopoguerra. Ma l’opportuno richiamo del presidente Mattarella a quel periodo serve a sottolineare come e quanto l’Italia, in condizioni di emergenza, abbia sempre saputo dare il meglio di sé, di fronte a disastri naturali, terrorismo, violenza mafiosa, gravi recessioni.

Fiducia, dunque. Migliora l’indice di fiducia delle famiglie e quello delle imprese (ne abbiamo parlato nel blog della settimana scorsa). E la crescita economica, quest’anno, sarà del 4,7% e nel 2022 del 4,4%, secondo i calcoli dell’Istat (“Industria e consumi, l’Italia ritrova fiducia e la ripresa accelera”, scrive “la Repubblica”, 5 giugno). E non mancano previsioni di un aumento del 5%, su cui il governo Draghi mostra un certo ottimismo. Le imprese industriali da tempo hanno ricominciato a produrre ed esportare (“Ordini, export e fiducia. Dalla Lombardia la spinta per il Paese”, titola “Il Sole24Ore”, 6 giugno). E per la prossima estate le imprese del commercio e del turismo leggono segnali che fanno ben sperare in un avvio di ripresa.

Le ragioni della fiducia sono fondate. Guardando sia al quadro sanitario della risposta alla pandemia sia al quadro economico. La campagna di vaccinazione, dopo le incertezze iniziali, va avanti con determinazione, efficienza ed efficacia (utilissimo, il coordinamento del generale Figliuolo). Il governo mostra grande impegno nella definizione e nell’approvazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa secondo le indicazioni Ue, ritenendo che entro l’estate arriverà la prima rata dei 200 miliardi di finanziamenti e prestiti dell’Italia. Le riforme in cantiere (giustizia, pubblica amministrazione, lavoro, scuola) trovano naturalmente contrasti e ostacoli, dati anche i diversi interessi e i conflitti identitari tra i partiti delle coalizione di governo (con vecchie tentazioni di assistenzialismo e spesa pubblica per cercare consenso). Ma si è visto finora che il presidente del Consiglio Draghi riesce a trovare e imporre un punto positivo di mediazione.

Rassicurante è anche l’autorevolezza italiana, in crescita proprio nelle sedi Ue, in un momento in cui l’Europa sta ridiscutendo il proprio ruolo, le proprie regole, il senso della propria grande responsabilità sul palcoscenico mondiale (e Draghi si conferma punto di riferimento di primo piano).

Restano comunque alcuni punti di incertezza, che dicono che il recupero di fiducia è parziale e, per certi versi, timido. Un indice cui guardare con attenzione è quello del risparmio. La propensione al risparmio delle famiglie, nel 2020, è salito al 15,8%, quasi il doppio del 2019. E la tendenza è andata avanti anche nei primi mesi del ‘21: soldi fermi sottratti a consumi e piccoli investimenti, per timore di incertezze nell’immediato futuro, che riguardano lavoro, salute, avvenire dei figli (le nostre famiglie continuano a essere un gigantesco ammortizzatore sociale per le nuove generazioni).

Anche parecchie imprese, quelle attive e in buona salute, hanno molta liquidità ferma in portafoglio, in attesa di avere chiaro il quadro delle scelte di governo sulla transizione digitale e su quella ecologica, prima di investire in sostenibilità ambientale e sociale e in innovazione (asset fondamentali di competitività).

Il quadro potrebbe essere riassunto così: la ripresa è avviata, ma non sta dispiegando tutta la sua forza e, nonostante la crescita del clima di fiducia, larga parte degli italiani vorrebbero avere le idee più chiare, essere più sicuri sul proprio futuro.

Le parole di speranza e di fiducia che arrivano sia dal Quirinale che da Palazzo Chigi, da una finalmente autorevole e attiva presidenza del Consiglio, sono fondamentali. Tocca anche ai partiti fare la loro parte, nel rassicurare l’opinione pubblica. Litigiosità interne sia al centro destra che al centro sinistra e tensioni interne alle singole forze politiche non sono purtroppo in sintonia con il grave momento che stiamo attraversando e con i bisogni di fondo della grande maggioranza degli italiani.

S’intravvede comunque un altro buon segnale all’orizzonte. Il presidente del Consiglio Draghi ha fatto sapere, in più di un’occasione, di guardare all’orizzonte del 2023, come termine del proprio mandato. E’ una buona notizia, un’indicazione rassicurante. C’è il tempo di incardinare bene le riforme in programma per modernizzare l’Italia e per avviare la spesa dei fondi del Recovery Plan: investimenti per lo sviluppo e la qualità della vita e del palco, produttività e competitività. La fiducia, nonostante tutto, si può rafforzare.

“La storia siamo noi. Nessuno si senta escluso”. La citazione di una delle canzoni più poetiche e intense di Francesco De Gregori segna il discorso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica. Ed è quanto mai utile per insistere sui valori dell’impegno comune in tempi di crisi, sul senso di responsabilità necessario per costruire, come comunità, un futuro migliore, più equilibrato e sostenibile. L’Italia, nonostante cadute, ombre ed errori, ha affrontato tutto sommato bene la pandemia. Adesso bisogna fare i conti con la ripresa. E Mattarella sottolinea la necessità della fiducia, valorizza le scelte positive già fatte dagli italiani, dalle istituzioni, dalle imprese. “Il Paese non è fermo”, dice. E ancora: “L’Italia, la nostra Patria, ha le carte in regola per farcela”.

Il riferimento storico è a quel dopoguerra in cui, nonostante “le macerie materiali e morali”, si ricomincia a vivere e progettare futuro. Il 2 giugno di 75 anni fa, le votazioni per il referendum su monarca o repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente. Vince la Repubblica, si archivia l’infausta stagione d’una monarchia gravemente compromessa con il fascismo, le leggi razziali e la guerra e si comincia a lavorare per una Costituzione pienamente democratica, densa di una impegnativa serie di indicazioni programmatiche sui diritti, i doveri, le responsabilità. Si avvia la ricostruzione (“Prima le fabbriche, poi le case”, concordano il presidente di Confindustria Angelo Costa e il leader della Cgil Giuseppe Di Vittorio: il primato dell’intraprendenza e del lavoro). E, pur tra pesanti conflitti politici e sociali (è tempo di “guerra fredda”) si pongono le basi di quello che, negli anni Cinquanta e Sessanta, sarà il boom economico, stimolato anche dalla nascita dell’Europa come mercato comune e come comunità ricca di valori politici, che mantengono ancora adesso una solida attualità.

Oggi il quadro economico, sociale e soprattutto politico è ben diverso dal dopoguerra. Ma l’opportuno richiamo del presidente Mattarella a quel periodo serve a sottolineare come e quanto l’Italia, in condizioni di emergenza, abbia sempre saputo dare il meglio di sé, di fronte a disastri naturali, terrorismo, violenza mafiosa, gravi recessioni.

Fiducia, dunque. Migliora l’indice di fiducia delle famiglie e quello delle imprese (ne abbiamo parlato nel blog della settimana scorsa). E la crescita economica, quest’anno, sarà del 4,7% e nel 2022 del 4,4%, secondo i calcoli dell’Istat (“Industria e consumi, l’Italia ritrova fiducia e la ripresa accelera”, scrive “la Repubblica”, 5 giugno). E non mancano previsioni di un aumento del 5%, su cui il governo Draghi mostra un certo ottimismo. Le imprese industriali da tempo hanno ricominciato a produrre ed esportare (“Ordini, export e fiducia. Dalla Lombardia la spinta per il Paese”, titola “Il Sole24Ore”, 6 giugno). E per la prossima estate le imprese del commercio e del turismo leggono segnali che fanno ben sperare in un avvio di ripresa.

Le ragioni della fiducia sono fondate. Guardando sia al quadro sanitario della risposta alla pandemia sia al quadro economico. La campagna di vaccinazione, dopo le incertezze iniziali, va avanti con determinazione, efficienza ed efficacia (utilissimo, il coordinamento del generale Figliuolo). Il governo mostra grande impegno nella definizione e nell’approvazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa secondo le indicazioni Ue, ritenendo che entro l’estate arriverà la prima rata dei 200 miliardi di finanziamenti e prestiti dell’Italia. Le riforme in cantiere (giustizia, pubblica amministrazione, lavoro, scuola) trovano naturalmente contrasti e ostacoli, dati anche i diversi interessi e i conflitti identitari tra i partiti delle coalizione di governo (con vecchie tentazioni di assistenzialismo e spesa pubblica per cercare consenso). Ma si è visto finora che il presidente del Consiglio Draghi riesce a trovare e imporre un punto positivo di mediazione.

Rassicurante è anche l’autorevolezza italiana, in crescita proprio nelle sedi Ue, in un momento in cui l’Europa sta ridiscutendo il proprio ruolo, le proprie regole, il senso della propria grande responsabilità sul palcoscenico mondiale (e Draghi si conferma punto di riferimento di primo piano).

Restano comunque alcuni punti di incertezza, che dicono che il recupero di fiducia è parziale e, per certi versi, timido. Un indice cui guardare con attenzione è quello del risparmio. La propensione al risparmio delle famiglie, nel 2020, è salito al 15,8%, quasi il doppio del 2019. E la tendenza è andata avanti anche nei primi mesi del ‘21: soldi fermi sottratti a consumi e piccoli investimenti, per timore di incertezze nell’immediato futuro, che riguardano lavoro, salute, avvenire dei figli (le nostre famiglie continuano a essere un gigantesco ammortizzatore sociale per le nuove generazioni).

Anche parecchie imprese, quelle attive e in buona salute, hanno molta liquidità ferma in portafoglio, in attesa di avere chiaro il quadro delle scelte di governo sulla transizione digitale e su quella ecologica, prima di investire in sostenibilità ambientale e sociale e in innovazione (asset fondamentali di competitività).

Il quadro potrebbe essere riassunto così: la ripresa è avviata, ma non sta dispiegando tutta la sua forza e, nonostante la crescita del clima di fiducia, larga parte degli italiani vorrebbero avere le idee più chiare, essere più sicuri sul proprio futuro.

Le parole di speranza e di fiducia che arrivano sia dal Quirinale che da Palazzo Chigi, da una finalmente autorevole e attiva presidenza del Consiglio, sono fondamentali. Tocca anche ai partiti fare la loro parte, nel rassicurare l’opinione pubblica. Litigiosità interne sia al centro destra che al centro sinistra e tensioni interne alle singole forze politiche non sono purtroppo in sintonia con il grave momento che stiamo attraversando e con i bisogni di fondo della grande maggioranza degli italiani.

S’intravvede comunque un altro buon segnale all’orizzonte. Il presidente del Consiglio Draghi ha fatto sapere, in più di un’occasione, di guardare all’orizzonte del 2023, come termine del proprio mandato. E’ una buona notizia, un’indicazione rassicurante. C’è il tempo di incardinare bene le riforme in programma per modernizzare l’Italia e per avviare la spesa dei fondi del Recovery Plan: investimenti per lo sviluppo e la qualità della vita e del palco, produttività e competitività. La fiducia, nonostante tutto, si può rafforzare.

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