Mercato e regole, senza invasioni della “cattiva politica”
Cultura d’impresa. Come cultura del mercato. E dunque (ecco un passaggio essenziale) come cultura delle regole, della competizione fair, della trasparenza, del merito. Una cultura dove democrazia e capitalismo si incontrano virtuosamente. Non è lezione accademica. Ma pratica possibile, già vista e vissuta nella storia e nella contemporaneità, ostacolata certo, ma tutta da difendere e riaffermare. Per ribadire i concetti, qui si usano le parole di un bravo giornalista, Pierluigi Battista, in un recente articolo (20 gennaio 2013) sul Corriere della Sera: “C’è ancora l’idea, molto diffusa tra i più convinti vessilliferi della ‘questione morale“, che il mercato sia il luogo dell’immoralità e dell’avidità e che dunque ogni proposta di restituire al mercato ciò che è stato usurpato dell’intermediazione politica non possa che aggravare i termini di un’urgente ‘questione morale’”. E’ stata invece proprio una certa intermediazione politica (talvolta con la complicità delle imprese peggiori) a stravolgere l’economia italiana, fare esplodere i costi delle opere e delle forniture pubbliche (distorcendo il mercato), pesare con la corruzione sullo spreco delle risorse pubbliche, impedire una buona selezione competitiva delle imprese. Insiste Battista: “E’ il mercato regolato dalle leggi, ma non asfissiato da una politica avida e intrusiva, a diminuire l’occasione per i partiti di ottenere qualcosa in cambio di autorizzazioni e appalti che non dovrebbero essere concessioni magnanime di un potere pubblico, questo sì sregolato e invadente, ma diritti. Diritti dei singoli. Diritti dei cittadini. Diritti degli imprenditori che non devono essere costretti a chiedere favori. Questa è la vera ‘questione morale’: considerare del tutto ovvio che sia elargito come un favore ciò che un cittadino dovrebbe e potrebbe esercitare come un diritto”. “Meno Stato e più mercato”, si usa dire. Non si tratta di questo. Ma di avere un migliore Stato che regola e controlla, un mercato più trasparente ed efficiente. E di imprese che maturino una migliore cultura della concorrenza, dei diritti, dei doveri.
Cultura d’impresa. Come cultura del mercato. E dunque (ecco un passaggio essenziale) come cultura delle regole, della competizione fair, della trasparenza, del merito. Una cultura dove democrazia e capitalismo si incontrano virtuosamente. Non è lezione accademica. Ma pratica possibile, già vista e vissuta nella storia e nella contemporaneità, ostacolata certo, ma tutta da difendere e riaffermare. Per ribadire i concetti, qui si usano le parole di un bravo giornalista, Pierluigi Battista, in un recente articolo (20 gennaio 2013) sul Corriere della Sera: “C’è ancora l’idea, molto diffusa tra i più convinti vessilliferi della ‘questione morale“, che il mercato sia il luogo dell’immoralità e dell’avidità e che dunque ogni proposta di restituire al mercato ciò che è stato usurpato dell’intermediazione politica non possa che aggravare i termini di un’urgente ‘questione morale’”. E’ stata invece proprio una certa intermediazione politica (talvolta con la complicità delle imprese peggiori) a stravolgere l’economia italiana, fare esplodere i costi delle opere e delle forniture pubbliche (distorcendo il mercato), pesare con la corruzione sullo spreco delle risorse pubbliche, impedire una buona selezione competitiva delle imprese. Insiste Battista: “E’ il mercato regolato dalle leggi, ma non asfissiato da una politica avida e intrusiva, a diminuire l’occasione per i partiti di ottenere qualcosa in cambio di autorizzazioni e appalti che non dovrebbero essere concessioni magnanime di un potere pubblico, questo sì sregolato e invadente, ma diritti. Diritti dei singoli. Diritti dei cittadini. Diritti degli imprenditori che non devono essere costretti a chiedere favori. Questa è la vera ‘questione morale’: considerare del tutto ovvio che sia elargito come un favore ciò che un cittadino dovrebbe e potrebbe esercitare come un diritto”. “Meno Stato e più mercato”, si usa dire. Non si tratta di questo. Ma di avere un migliore Stato che regola e controlla, un mercato più trasparente ed efficiente. E di imprese che maturino una migliore cultura della concorrenza, dei diritti, dei doveri.