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Milano accogliente per banchieri d’affari e imprese hi tech: parte la “Città della Scienza”

Arrivano a Milano anche i banchieri della Goldman Sachs: 150 persone, nell’arco d’un paio d’anni, per cercare di cogliere tutte le opportunità d’una metropoli in straordinaria espansione, come piazza imprenditoriale e finanziaria di livello europeo. Lavoreranno in un grande palazzo in via Santa Margherita, a pochi passi dalla Galleria Vittorio Emanuele e dalla Scala. E la loro scelta conferma il giudizio del “Financial Times”, l’autorevole quotidiano economico britannico, proprio in occasione della grande festa dei 150 anni della Galleria, a metà settembre: Milano rinata come capitale finanziaria d’Italia. Un’affermazione in linea con il parere del “New York Times” durante i fasti dell’Expo 2015: “Milan, the place to be”.

Milano non ha avuto la sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, battuta al sorteggio da Amsterdam, un bussolotto beffardo (ma ad Amsterdam il palazzo in cui ospitare uffici e laboratori è ancora in costruzione e sarà pronto solo alla fine del 2019, mentre a Milano sarebbe stato già utilizzabile il “Pirellone”). Eppure, l’attrattività della metropoli resta forte. E sono in tanti, tra gli amministratori locali, gli imprenditori e le personalità d’una vivace e intraprendente società civile, a insistere perché Milano rilanci ruolo e opportunità d’insediamento per attività industriali, finanziarie, culturali, di studio e ricerca.

Città sempre più accogliente, infatti. Ed elenco lungo d’imprese in arrivo. Goldman, marchio bancario prestigioso, è uno tra tanti. E gli altri? Bayer, Novartis, Sanofi, Glaxo, Celgeni, nel settore chimico e farmaceutico, attratti dalla forza d’una città di alto livello per tutto il mondo della “life sciences”. E forse anche gli americani del Medical Center della Pittsburgh University, insieme al fondo d’investimenti Neuberger Berman, che stanno sondando le possibilità d’un intervento per lo Ieo  e il Monzino (i centri d’eccellenza di oncologia e cardiologia, i cui azionisti, Mediobanca in testa, sono però restii a interventi che ne modifichino la natura “no profit”).

Nel mondo hi tech, ecco Amazon in viale Monte Grappa, nell’area di Porta Nuova, grattacieli d’avanguardia (a cominciare dalla sede Unicredit progettata da Cesar Pelli e dal “Bosco Verticale” di Stefano Boeri), vicino alle sedi di altri colossi dell’information technology, Samsung, Google e la Microsoft House nella nuova costruzione della Fondazione Feltrinelli progettata da Herzog & De Meuron, centro di cultura e innovazione. E Apple, con un megastore firmato dall’archistar Norman Foster.

Arriva pure Starbucks, in piena Piazza Cordusio, un tempo crocevia di banche e assicurazioni, per uno dei suoi maggiori investimenti europei. E poi ancora la Luiss, che cerca di trovare uno spazio milanese nell’offerta formativa qualificata di grandi università, come la Bocconi, il Politecnico, la Cattolica, la Statale e la Bicocca. E una lunga fila di centri di ricerca, aziende, che confermano il peso di Milano come città preferita dalle multinazionali: 3.600 le società a proprietà estera già attive, con un fatturato di 168 miliardi, un terzo di tutto il fatturato delle imprese internazionali in Italia, una cifra destinata a crescere.

Anche gli investitori cinesi guardano a Milano con occhio di particolare attenzione, considerando la metropoli come cardine dell’ambizioso progetto “Belt and Road Iniziative”, la “nuova Via della Seta” tra Oriente e Occidente (quasi cinquecento persone, la scorsa settimana, riunite in Assolombarda, per ascoltare idee e progetti di Chen Siquing, chairman di Bank of China e presidente, insieme a Marco Tronchetti Provera, del Business Forum Italia-Cina).

“Milano sta diventando più interessante di Londra”, sentenza Daniel Libeskind, grande architetto, autore di una delle “tre torri” che caratterizzano l’area di CityLife, “Il Curvo” (le altre sono “Il Dritto” di Arata Isozaki e “Lo Storto” di Zaha Hadid, che firma anche parecchie delle abitazioni di lusso nella zona). “Milano portale per l’Europa”, insiste Libeskind.

Milano cantiere, insomma. Tra i più dinamici non solo in Italia ma anche nel panorama delle maggiori città europee. Sono finiti i tempi delle speculazioni immobiliari alla Ligresti, frenesia edilizia da “palazzinari” pur se ben collegati ai centri del potere finanziario lombardo. E si sta invece nel cuore d’una straordinaria prospettiva di ridisegno della metropoli, nell’incrocio tra “economia della conoscenza”, scienza, ricerca, manifattura hi tech, servizi, tra “smart city” ed economia sociale dell’inclusione e della qualità della vita.

La trasformazione di Milano ha come cardine Human Technopole, la nuova “Città della Scienza”, sulle aree ex Expo, la cui gestione è stata appena affidata, dopo una gara internazionale, agli australiani di Leand Lease e al cui “masterplan” sta lavorando Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab al Mit (il Massachussetts institute of Technology) di Boston, progettando nuove tecnologie, socialità e mobilità sostenibile per “il più grande parco scientifico e tecnologico d’Italia”: sedi universitarie, laboratori, imprese, un ospedale d’avanguardia (il Galeazzi) ma anche housing sociale, centri culturali e moltissimo verde. Tutto molto “smart”, appunto.

Altre aree sono essenziali al ridisegno e al rilancio di Milano: la “Città della Salute” a Sesto San Giovani, l’area dell’Ortomercato ma soprattutto i vasti spazi dei sette scali ferroviari. Cosa farne? Il dibattito è aperto. Si tratta di sfruttare, nell’arco dei prossimi dieci anni, le opportunità legate a una straordinaria opportunità urbanistica, ma anche agli sviluppi dell’economia “digital” e alle innovazioni di “Industry4.0”, con gli incroci tra manifattura, servizi, logistica, “internet delle cose”, formazione, inedite prospettive di relazioni e socialità. Processi complessi, naturalmente. Densi di conflitti e contraddizioni. E non privi di rischi (Milano è attrattiva non solo per capitali d’investimento e intelligenze, ma anche per interessi mafiosi, come mostrano le mani lunghe e avide di ‘ndrangheta e Cosa Nostra). Ma anche processi di grande interesse e stimolanti prospettive. Da saper governare bene, nella tradizione, peraltro molto milanese, della collaborazione tra pubblico e privato, istituzioni e imprese.

Milano metamorfosi, in un’efficace sintesi. Nel cuore dell’Europa, lungo gli assi tra Ovest ed Est e Nord e Mediterraneo.

Arrivano a Milano anche i banchieri della Goldman Sachs: 150 persone, nell’arco d’un paio d’anni, per cercare di cogliere tutte le opportunità d’una metropoli in straordinaria espansione, come piazza imprenditoriale e finanziaria di livello europeo. Lavoreranno in un grande palazzo in via Santa Margherita, a pochi passi dalla Galleria Vittorio Emanuele e dalla Scala. E la loro scelta conferma il giudizio del “Financial Times”, l’autorevole quotidiano economico britannico, proprio in occasione della grande festa dei 150 anni della Galleria, a metà settembre: Milano rinata come capitale finanziaria d’Italia. Un’affermazione in linea con il parere del “New York Times” durante i fasti dell’Expo 2015: “Milan, the place to be”.

Milano non ha avuto la sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, battuta al sorteggio da Amsterdam, un bussolotto beffardo (ma ad Amsterdam il palazzo in cui ospitare uffici e laboratori è ancora in costruzione e sarà pronto solo alla fine del 2019, mentre a Milano sarebbe stato già utilizzabile il “Pirellone”). Eppure, l’attrattività della metropoli resta forte. E sono in tanti, tra gli amministratori locali, gli imprenditori e le personalità d’una vivace e intraprendente società civile, a insistere perché Milano rilanci ruolo e opportunità d’insediamento per attività industriali, finanziarie, culturali, di studio e ricerca.

Città sempre più accogliente, infatti. Ed elenco lungo d’imprese in arrivo. Goldman, marchio bancario prestigioso, è uno tra tanti. E gli altri? Bayer, Novartis, Sanofi, Glaxo, Celgeni, nel settore chimico e farmaceutico, attratti dalla forza d’una città di alto livello per tutto il mondo della “life sciences”. E forse anche gli americani del Medical Center della Pittsburgh University, insieme al fondo d’investimenti Neuberger Berman, che stanno sondando le possibilità d’un intervento per lo Ieo  e il Monzino (i centri d’eccellenza di oncologia e cardiologia, i cui azionisti, Mediobanca in testa, sono però restii a interventi che ne modifichino la natura “no profit”).

Nel mondo hi tech, ecco Amazon in viale Monte Grappa, nell’area di Porta Nuova, grattacieli d’avanguardia (a cominciare dalla sede Unicredit progettata da Cesar Pelli e dal “Bosco Verticale” di Stefano Boeri), vicino alle sedi di altri colossi dell’information technology, Samsung, Google e la Microsoft House nella nuova costruzione della Fondazione Feltrinelli progettata da Herzog & De Meuron, centro di cultura e innovazione. E Apple, con un megastore firmato dall’archistar Norman Foster.

Arriva pure Starbucks, in piena Piazza Cordusio, un tempo crocevia di banche e assicurazioni, per uno dei suoi maggiori investimenti europei. E poi ancora la Luiss, che cerca di trovare uno spazio milanese nell’offerta formativa qualificata di grandi università, come la Bocconi, il Politecnico, la Cattolica, la Statale e la Bicocca. E una lunga fila di centri di ricerca, aziende, che confermano il peso di Milano come città preferita dalle multinazionali: 3.600 le società a proprietà estera già attive, con un fatturato di 168 miliardi, un terzo di tutto il fatturato delle imprese internazionali in Italia, una cifra destinata a crescere.

Anche gli investitori cinesi guardano a Milano con occhio di particolare attenzione, considerando la metropoli come cardine dell’ambizioso progetto “Belt and Road Iniziative”, la “nuova Via della Seta” tra Oriente e Occidente (quasi cinquecento persone, la scorsa settimana, riunite in Assolombarda, per ascoltare idee e progetti di Chen Siquing, chairman di Bank of China e presidente, insieme a Marco Tronchetti Provera, del Business Forum Italia-Cina).

“Milano sta diventando più interessante di Londra”, sentenza Daniel Libeskind, grande architetto, autore di una delle “tre torri” che caratterizzano l’area di CityLife, “Il Curvo” (le altre sono “Il Dritto” di Arata Isozaki e “Lo Storto” di Zaha Hadid, che firma anche parecchie delle abitazioni di lusso nella zona). “Milano portale per l’Europa”, insiste Libeskind.

Milano cantiere, insomma. Tra i più dinamici non solo in Italia ma anche nel panorama delle maggiori città europee. Sono finiti i tempi delle speculazioni immobiliari alla Ligresti, frenesia edilizia da “palazzinari” pur se ben collegati ai centri del potere finanziario lombardo. E si sta invece nel cuore d’una straordinaria prospettiva di ridisegno della metropoli, nell’incrocio tra “economia della conoscenza”, scienza, ricerca, manifattura hi tech, servizi, tra “smart city” ed economia sociale dell’inclusione e della qualità della vita.

La trasformazione di Milano ha come cardine Human Technopole, la nuova “Città della Scienza”, sulle aree ex Expo, la cui gestione è stata appena affidata, dopo una gara internazionale, agli australiani di Leand Lease e al cui “masterplan” sta lavorando Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab al Mit (il Massachussetts institute of Technology) di Boston, progettando nuove tecnologie, socialità e mobilità sostenibile per “il più grande parco scientifico e tecnologico d’Italia”: sedi universitarie, laboratori, imprese, un ospedale d’avanguardia (il Galeazzi) ma anche housing sociale, centri culturali e moltissimo verde. Tutto molto “smart”, appunto.

Altre aree sono essenziali al ridisegno e al rilancio di Milano: la “Città della Salute” a Sesto San Giovani, l’area dell’Ortomercato ma soprattutto i vasti spazi dei sette scali ferroviari. Cosa farne? Il dibattito è aperto. Si tratta di sfruttare, nell’arco dei prossimi dieci anni, le opportunità legate a una straordinaria opportunità urbanistica, ma anche agli sviluppi dell’economia “digital” e alle innovazioni di “Industry4.0”, con gli incroci tra manifattura, servizi, logistica, “internet delle cose”, formazione, inedite prospettive di relazioni e socialità. Processi complessi, naturalmente. Densi di conflitti e contraddizioni. E non privi di rischi (Milano è attrattiva non solo per capitali d’investimento e intelligenze, ma anche per interessi mafiosi, come mostrano le mani lunghe e avide di ‘ndrangheta e Cosa Nostra). Ma anche processi di grande interesse e stimolanti prospettive. Da saper governare bene, nella tradizione, peraltro molto milanese, della collaborazione tra pubblico e privato, istituzioni e imprese.

Milano metamorfosi, in un’efficace sintesi. Nel cuore dell’Europa, lungo gli assi tra Ovest ed Est e Nord e Mediterraneo.

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