Milano smart, tra grattacieli e business district, va in cerca di migliori equilibri sociali e culturali
Uno sguardo che si rivolga oggi su Milano, curioso e spregiudicato (nel senso etimologo del termine: privo di pregiudizi, cioè), non può non cogliere uno straordinario fervore di iniziative. Immobiliari e urbanistiche, oltre che finanziarie e imprenditoriali. Progetti, idee, investimenti. Per una città che ama definirsi smart (qualunque cosa voglia dire: tecnologicamente sofisticata e furba, intelligente ed elegante, sostenibile e aperta al futuro). Per una metropoli comunque strategicamente al centro di uno straordinario rettangolo produttivo tra i più dinamici dell’Europa, lungo i due assi autostradali A1/A4, dal Nord continentale al Mediterraneo, dall’Ovest atlantico all’Est proiettato verso l’Asia. Una metropoli, d’altronde, fedele al suo nome: Mediolanum, Medium Terrae.
Quali iniziative? Basta scorrere le cronache dei giornali per averne frequenti aggiornamenti. La partenza del progetto della Magnifica Fabbrica, i nuovi laboratori del Teatro alla Scala e del Parco della Lambretta, finanziati con i fondi del Pnrr là dove sorgevano gli stabilimenti della Innocenti a Lambrate, luogo simbolo del boom economico (leggere “Gli anni del nostro incanto” di Giuseppe Lupo, Marsilio, per averne un solido ricordo o una suggestiva idea). Oppure il trasferimento di Metanopoli, gli uffici della Snam Eni (metanodotti) voluti da Enrico Mattei nei primi anni Cinquanta, dal sud di San Donato al nuovo quartiere high tech a Porta Romana-Vettabia, là dove ci sono già la Fondazione Prada e i palazzi del business district Symbiosis e dove sorgeranno il nuovo Villaggio Olimpico in vista delle gare di Milano-Cortina 2026, uno snodo di trasporti urbani da “Smart Station” e una “Foresta sospesa”, una lunga “passeggiata verde” ispirata all’High Line di New York.
In pieno centro storico, proprio accanto a piazza Sant’Ambrogio, partono i lavori di ristrutturazione della ex caserma di polizia “Garibaldi”, che diventerà il nuovo campus green dell’Università Cattolica. E vanno avanti le operazioni per dodici nuovi grattacieli, tra cantieri già aperti e progetti approvati, a Lampugnano e a Porta Nuova (dove c’è già l’appuntito grattacielo Unicredit di Cesar Pelli su piazza Gae Aulenti ed è stato appena ultimato il “Nido verticale”, la Torre Unipol progettata da Mario Cucinella), mentre Stefano Boeri disegna una nuova distesa da “bosco verticale” che si allunga sui terreni della ex stazione ferroviaria di Porta Genova).
Nel cuore di Milano, a poche centinaia di metri dal Duomo e dall’Università Statale (ospitata nel magnifico ex Ospedale Maggiore rinascimentale, progettato dall’architetto Filarete in via Festa del Perdono), vanno verso il completamento gli impegnativi lavori di ristrutturazione di un edificio simbolo, la Torre Velasca. Tutt’attorno, un’elegante isola pedonale, che coinvolgerà anche il palazzo di Assolombarda, progettato nei primi anni Sessanta da Gio Ponti, l’architetto del Grattacielo Pirelli.
Guardando a queste relazioni tra storia e innovazione, tradizione e cambiamento, ha proprio ragione, dunque, Francesco Micheli, uomo di finanza e di cultura, quando propone di candidare il centro storico di Milano come “patrimonio Unesco” (Corriere della Sera, 1 giugno): un “patrimonio dell’umanità” da preservare, valorizzare e su cui dunque continuare a investire.
La città che cresce. La “città che sale”, giocando con la memoria delle opere di Umberto Boccioni e degli altri futuristi, in una delle stagioni più fervide della storia milanese, all’inizio del Novecento delle fabbriche e della scienza. Ma anche la città che si allarga e si pensa “grande”, metropolitana, aperta. Come testimonia il progetto di Milano-Sesto, una delle maggiori ristrutturazioni immobiliari d’Europa sulle ex Acciaierie Falck, un progetto da 5 miliardi di valore per ospitare servizi, uffici, una “città della salute”, spazi verdi, impianti sportivi ed edifici da housing sociale, con un occhio di particolare attenzione per gli studenti.
“La città va allargata, più servizi in periferia”, sostiene Regina De Albertis, presidentessa di Assimpredil Ance, l’associazione delle imprese edili di Milano, Monza e Brianza”. Ma “senza svuotare la città”, aggiunge Gabriele Pasqui, docente di Politiche Urbane al Politecnico, preoccupato per la carenza di scelte di politica urbanistica che evitino che il centro ampio della città sia abbandonato alle sole logiche di un “mercato” che, facendo salire i prezzi di abitazioni, negozi e uffici, renda Milano, anche al di là della cerchia delle Mura spagnole, un posto esclusivo per alti redditi. Il rischio da evitare è l’emarginazione e l’espulsione di persone dei ceti medi e popolari, rompendo quella miscela sociale che da sempre è stata la caratteristica positiva di una civitas produttiva e inclusiva, competitiva e solidale, forte per industria e finanza ma anche per cultura, ricerca, innovazione e accoglienza.
Eccola, dunque, la Milano in movimento. Con le opportunità, qui maggiori che nel resto d’Italia. E con i problemi (di costo delle case e della vita in generale, rischi speculativi, euforia da “mille luci” che nascondono nuove e vecchie povertà, violenza diffusa, disagio crescente, fratture negli antichi e solidi patti sociali di convivenza, etc. di cui abbiamo più volte parlato in questi blog, con l’ultimo, dedicato alla Milano principale città universitaria italiana, proprio la scorsa settimana).
Il Comune, con il sindaco Beppe Sala e la Regione Lombardia, con il Governatore Attilio Fontana, cercano un dialogo produttivo, al di là delle differenti appartenenze politiche, su servizi, stimoli agli investimenti, strumenti efficaci di governo del territorio.La buona politica e l’efficienza amministrazione sono indispensabili.
Ma proprio di fronte a tanto dinamismo e a una così acuta serie di questioni economiche e sociali, serve di più. Un incremento dell’attitudine, comunque diffusa, al dialogo tra pubblico e privato, istituzioni e imprese, coinvolgendo anche tutto il mondo del “terzo settore”, dal volontariato alle organizzazioni sociali. E la diffusione e l’approfondimento di un dibattito sincero sul futuro sostenibile di Milano, considerandola come “metropoli”, “città grande”, “città aperta” o anche “città infinita”, come ama dire un sociologo acuto, Aldo Bonomi, proprio secondo lo schema del territorio della “macro-regione A1/A4” di cui abbiamo detto.
Milano dialogante, Milano hub di conoscenza, intraprendenza, innovazione, sostenibilità. Non tanto Milano locomotiva, né tantomeno “città Stato”, facendo leva sui tanti primati. Ma Milano cuore delle relazioni e delle interconnessioni. Nella capacità di tenere insieme metropoli e provincia, territori diversi, culture europee e mediterranee.
Ci sono in corso iniziative significative, da approfondire. Per esempio, il rilancio del Nord Ovest, il tradizionale “triangolo industriale” fra Milano, Torino e Genova, su cui stanno lavorando le associazioni imprenditoriali delle tre città, approfondendone gli intrecci produttivi, culturali e sociali, consapevoli che il muoversi insieme amplifica stanziamenti ed effetti positivi degli investimenti del Pnrr. O, anche, la scelta del Centro Studi Grande Milano, presieduto da Daniela Mainini (un circuito di relazioni tra imprenditori, professionisti, personalità delle istituzioni e della cultura) di attribuire un’onorificenza da “ambasciatori” al sindaco di Bergamo Giorgio Gori e a quello di Genova Marco Bucci. Nel segno di rapporti e dialoghi, scelte comuni e iniziative da promuovere. In un campo di gioco comune: l’Europa.
(Foto Getty Images)
Uno sguardo che si rivolga oggi su Milano, curioso e spregiudicato (nel senso etimologo del termine: privo di pregiudizi, cioè), non può non cogliere uno straordinario fervore di iniziative. Immobiliari e urbanistiche, oltre che finanziarie e imprenditoriali. Progetti, idee, investimenti. Per una città che ama definirsi smart (qualunque cosa voglia dire: tecnologicamente sofisticata e furba, intelligente ed elegante, sostenibile e aperta al futuro). Per una metropoli comunque strategicamente al centro di uno straordinario rettangolo produttivo tra i più dinamici dell’Europa, lungo i due assi autostradali A1/A4, dal Nord continentale al Mediterraneo, dall’Ovest atlantico all’Est proiettato verso l’Asia. Una metropoli, d’altronde, fedele al suo nome: Mediolanum, Medium Terrae.
Quali iniziative? Basta scorrere le cronache dei giornali per averne frequenti aggiornamenti. La partenza del progetto della Magnifica Fabbrica, i nuovi laboratori del Teatro alla Scala e del Parco della Lambretta, finanziati con i fondi del Pnrr là dove sorgevano gli stabilimenti della Innocenti a Lambrate, luogo simbolo del boom economico (leggere “Gli anni del nostro incanto” di Giuseppe Lupo, Marsilio, per averne un solido ricordo o una suggestiva idea). Oppure il trasferimento di Metanopoli, gli uffici della Snam Eni (metanodotti) voluti da Enrico Mattei nei primi anni Cinquanta, dal sud di San Donato al nuovo quartiere high tech a Porta Romana-Vettabia, là dove ci sono già la Fondazione Prada e i palazzi del business district Symbiosis e dove sorgeranno il nuovo Villaggio Olimpico in vista delle gare di Milano-Cortina 2026, uno snodo di trasporti urbani da “Smart Station” e una “Foresta sospesa”, una lunga “passeggiata verde” ispirata all’High Line di New York.
In pieno centro storico, proprio accanto a piazza Sant’Ambrogio, partono i lavori di ristrutturazione della ex caserma di polizia “Garibaldi”, che diventerà il nuovo campus green dell’Università Cattolica. E vanno avanti le operazioni per dodici nuovi grattacieli, tra cantieri già aperti e progetti approvati, a Lampugnano e a Porta Nuova (dove c’è già l’appuntito grattacielo Unicredit di Cesar Pelli su piazza Gae Aulenti ed è stato appena ultimato il “Nido verticale”, la Torre Unipol progettata da Mario Cucinella), mentre Stefano Boeri disegna una nuova distesa da “bosco verticale” che si allunga sui terreni della ex stazione ferroviaria di Porta Genova).
Nel cuore di Milano, a poche centinaia di metri dal Duomo e dall’Università Statale (ospitata nel magnifico ex Ospedale Maggiore rinascimentale, progettato dall’architetto Filarete in via Festa del Perdono), vanno verso il completamento gli impegnativi lavori di ristrutturazione di un edificio simbolo, la Torre Velasca. Tutt’attorno, un’elegante isola pedonale, che coinvolgerà anche il palazzo di Assolombarda, progettato nei primi anni Sessanta da Gio Ponti, l’architetto del Grattacielo Pirelli.
Guardando a queste relazioni tra storia e innovazione, tradizione e cambiamento, ha proprio ragione, dunque, Francesco Micheli, uomo di finanza e di cultura, quando propone di candidare il centro storico di Milano come “patrimonio Unesco” (Corriere della Sera, 1 giugno): un “patrimonio dell’umanità” da preservare, valorizzare e su cui dunque continuare a investire.
La città che cresce. La “città che sale”, giocando con la memoria delle opere di Umberto Boccioni e degli altri futuristi, in una delle stagioni più fervide della storia milanese, all’inizio del Novecento delle fabbriche e della scienza. Ma anche la città che si allarga e si pensa “grande”, metropolitana, aperta. Come testimonia il progetto di Milano-Sesto, una delle maggiori ristrutturazioni immobiliari d’Europa sulle ex Acciaierie Falck, un progetto da 5 miliardi di valore per ospitare servizi, uffici, una “città della salute”, spazi verdi, impianti sportivi ed edifici da housing sociale, con un occhio di particolare attenzione per gli studenti.
“La città va allargata, più servizi in periferia”, sostiene Regina De Albertis, presidentessa di Assimpredil Ance, l’associazione delle imprese edili di Milano, Monza e Brianza”. Ma “senza svuotare la città”, aggiunge Gabriele Pasqui, docente di Politiche Urbane al Politecnico, preoccupato per la carenza di scelte di politica urbanistica che evitino che il centro ampio della città sia abbandonato alle sole logiche di un “mercato” che, facendo salire i prezzi di abitazioni, negozi e uffici, renda Milano, anche al di là della cerchia delle Mura spagnole, un posto esclusivo per alti redditi. Il rischio da evitare è l’emarginazione e l’espulsione di persone dei ceti medi e popolari, rompendo quella miscela sociale che da sempre è stata la caratteristica positiva di una civitas produttiva e inclusiva, competitiva e solidale, forte per industria e finanza ma anche per cultura, ricerca, innovazione e accoglienza.
Eccola, dunque, la Milano in movimento. Con le opportunità, qui maggiori che nel resto d’Italia. E con i problemi (di costo delle case e della vita in generale, rischi speculativi, euforia da “mille luci” che nascondono nuove e vecchie povertà, violenza diffusa, disagio crescente, fratture negli antichi e solidi patti sociali di convivenza, etc. di cui abbiamo più volte parlato in questi blog, con l’ultimo, dedicato alla Milano principale città universitaria italiana, proprio la scorsa settimana).
Il Comune, con il sindaco Beppe Sala e la Regione Lombardia, con il Governatore Attilio Fontana, cercano un dialogo produttivo, al di là delle differenti appartenenze politiche, su servizi, stimoli agli investimenti, strumenti efficaci di governo del territorio.La buona politica e l’efficienza amministrazione sono indispensabili.
Ma proprio di fronte a tanto dinamismo e a una così acuta serie di questioni economiche e sociali, serve di più. Un incremento dell’attitudine, comunque diffusa, al dialogo tra pubblico e privato, istituzioni e imprese, coinvolgendo anche tutto il mondo del “terzo settore”, dal volontariato alle organizzazioni sociali. E la diffusione e l’approfondimento di un dibattito sincero sul futuro sostenibile di Milano, considerandola come “metropoli”, “città grande”, “città aperta” o anche “città infinita”, come ama dire un sociologo acuto, Aldo Bonomi, proprio secondo lo schema del territorio della “macro-regione A1/A4” di cui abbiamo detto.
Milano dialogante, Milano hub di conoscenza, intraprendenza, innovazione, sostenibilità. Non tanto Milano locomotiva, né tantomeno “città Stato”, facendo leva sui tanti primati. Ma Milano cuore delle relazioni e delle interconnessioni. Nella capacità di tenere insieme metropoli e provincia, territori diversi, culture europee e mediterranee.
Ci sono in corso iniziative significative, da approfondire. Per esempio, il rilancio del Nord Ovest, il tradizionale “triangolo industriale” fra Milano, Torino e Genova, su cui stanno lavorando le associazioni imprenditoriali delle tre città, approfondendone gli intrecci produttivi, culturali e sociali, consapevoli che il muoversi insieme amplifica stanziamenti ed effetti positivi degli investimenti del Pnrr. O, anche, la scelta del Centro Studi Grande Milano, presieduto da Daniela Mainini (un circuito di relazioni tra imprenditori, professionisti, personalità delle istituzioni e della cultura) di attribuire un’onorificenza da “ambasciatori” al sindaco di Bergamo Giorgio Gori e a quello di Genova Marco Bucci. Nel segno di rapporti e dialoghi, scelte comuni e iniziative da promuovere. In un campo di gioco comune: l’Europa.
(Foto Getty Images)