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Milano tra il dopo Expo e l’uso delle ex stazioni Fs: si ridisegnano ruolo e funzioni da metropoli steam

L’Expo è un successo, per Milano, “locomotiva d’Italia”. Il dopo Expo potrà rafforzarlo, se la metropoli avrà l’intelligenza e la volontà di continuare a insistere sulla riqualificazione del suo territorio, sulla capacità d’attrarre investimenti, intelligenze e “talenti”, sul rafforzamento d’una sua specifica cultura d’impresa giocata sull’innovazione, la ricerca, le ibridazioni dei saperi, cioè su una “cultura politecnica” che, vale la pena ripeterlo, deve essere sempre più steam (l’acronimo di successo lanciato da Assolombarda), capace cioè di fondarsi sui cinque pilastri di science, technology, engineering, arts e mathematics, originale e articolata sintesi di conoscenze e competenze umanistiche e scientifiche. Ci sono segnali importanti, in questa direzione.

Partiamo appunto dal dopo Expo. Si è riaperto, di recente, il dibattito pubblico (soprattutto sulle colonne del “Corriere della Sera”) sul futuro dell’area, per metterne a frutto le caratteristiche: la posizione centrale rispetto alle espansioni delle funzioni metropolitane, i collegamenti con metrò, ferrovie e autostrade, rispetto ai principali aereoporti e ai territori di Milano e Torino cardini d’imprese, servizi, centri di ricerca e conoscenza, le infrastrutture efficienti e qualificate dal punto di vista hi tech, etc. Farne un luogo d’insediamenti di ricerca, formazione e innovazione, attorno alle facoltà scientifiche dell’Università statale e delle imprese innovative, propongono l’Università e Assolombarda, con consensi crescenti, in pieno spirito steam, appunto (con spazi anche per un grande Centro internazionale sull’Alimentazione, sostenuto da Livia Pomodoro, ex presidente del Tribunale di Milano). “Trasformare quel luogo in un parco multi-tematico della conoscenza e dell’innovazione, che unisca ricerca e lavoro, così come ipotizzato dallo studio di pre-fattibilità di Cassa Depositi e Prestiti”, sostiene il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, d’accordo con la sostanza delle proposte Statale-Assolombarda e aggiungendo: “Senza dimenticare il Padiglione della società civile che rimarrà come sede permanente delle Ong, del volontariato e del ‘terzo settore’. Sono oltre 60 le associazioni che hanno già aderito ed è un numero destinato a salire”. I temi di Expo, insomma, “saranno così al centro dell’attenzione di tutti anche nei prossimi anni”.

C’è una seconda occasione, per insistere sulla ridefinizione e sul rilancio di funzioni e ruoli di Milano: la riqualificazione degli ex scali ferroviari. 1,25 milioni di metri quadri di terreni, da via Farini a Greco-Breda, da Lambrate a Rogoredo, da Porta Romana a Porta Genova e a San Cristoforo, una cintura d’ aree in cui varare “piani di recupero” per verde, servizi, housing sociale, edilizia residenziale di lusso e commerciale, attività terziarie innovative legate soprattutto a moda e design (appunto dalle parti di Porta Genova, già cuore di insediamenti e manifestazioni legate al salone del Mobile e all’arredamento d’avanguardia). Il Comune ha varato, in giunta, l’accordo di programma con Regione Lombardia e Ferrovie dello Stato: “Uno dei più grandi progetti di rigenerazione urbana presentati in Italia da molti anni”, sostiene l’assessore milanese all’Urbanistica Alessandro Balducci. Una grande sfida progettuale e imprenditoriale, che investe in pieno anche la pubblica amministrazione, la cultura, le forse economiche e sociali che sono in grado di pensare a un miglior futuro della “grande Milano”. Smart City e steam ne possono essere le chiavi di lavoro.

Ci sono già delle esperienze positive, cui fare riferimento. La recente riqualificazione e il rilancio di Porta Nuova, attorno a piazza Gae Aulenti e ai grattacieli come il palazzo Unicredit progettato da Cesar Pelli e il “Bosco verticale” di Stefano Boeri (una delle “anime” di Milano che ha contribuito alla crescente popolarità internazionale della città). O, facendo un passo indietro negli anni, la riqualificazione della Bicocca, dalle fabbriche Pirelli a un complesso insediamento di terziario produttivo, servizi, formazione, ricerca, cultura.

Milano, insomma, nel tempo, s’è più volte dimostrata capace di ripensarsi e rilanciarsi, utilizzando bene territorio, competenze, intraprendenza, in un dialogo spesso difficile ma comunque alla fine sinergico tra amministrazione pubblica, imprese, cultura. Adesso, si tratta di fare tesoro delle lezioni del passato. E mostrare contemporaneamente lo sguardo lungo d’una metropoli che “vuole volare, per far volare l’Italia”.

L’Expo è un successo, per Milano, “locomotiva d’Italia”. Il dopo Expo potrà rafforzarlo, se la metropoli avrà l’intelligenza e la volontà di continuare a insistere sulla riqualificazione del suo territorio, sulla capacità d’attrarre investimenti, intelligenze e “talenti”, sul rafforzamento d’una sua specifica cultura d’impresa giocata sull’innovazione, la ricerca, le ibridazioni dei saperi, cioè su una “cultura politecnica” che, vale la pena ripeterlo, deve essere sempre più steam (l’acronimo di successo lanciato da Assolombarda), capace cioè di fondarsi sui cinque pilastri di science, technology, engineering, arts e mathematics, originale e articolata sintesi di conoscenze e competenze umanistiche e scientifiche. Ci sono segnali importanti, in questa direzione.

Partiamo appunto dal dopo Expo. Si è riaperto, di recente, il dibattito pubblico (soprattutto sulle colonne del “Corriere della Sera”) sul futuro dell’area, per metterne a frutto le caratteristiche: la posizione centrale rispetto alle espansioni delle funzioni metropolitane, i collegamenti con metrò, ferrovie e autostrade, rispetto ai principali aereoporti e ai territori di Milano e Torino cardini d’imprese, servizi, centri di ricerca e conoscenza, le infrastrutture efficienti e qualificate dal punto di vista hi tech, etc. Farne un luogo d’insediamenti di ricerca, formazione e innovazione, attorno alle facoltà scientifiche dell’Università statale e delle imprese innovative, propongono l’Università e Assolombarda, con consensi crescenti, in pieno spirito steam, appunto (con spazi anche per un grande Centro internazionale sull’Alimentazione, sostenuto da Livia Pomodoro, ex presidente del Tribunale di Milano). “Trasformare quel luogo in un parco multi-tematico della conoscenza e dell’innovazione, che unisca ricerca e lavoro, così come ipotizzato dallo studio di pre-fattibilità di Cassa Depositi e Prestiti”, sostiene il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, d’accordo con la sostanza delle proposte Statale-Assolombarda e aggiungendo: “Senza dimenticare il Padiglione della società civile che rimarrà come sede permanente delle Ong, del volontariato e del ‘terzo settore’. Sono oltre 60 le associazioni che hanno già aderito ed è un numero destinato a salire”. I temi di Expo, insomma, “saranno così al centro dell’attenzione di tutti anche nei prossimi anni”.

C’è una seconda occasione, per insistere sulla ridefinizione e sul rilancio di funzioni e ruoli di Milano: la riqualificazione degli ex scali ferroviari. 1,25 milioni di metri quadri di terreni, da via Farini a Greco-Breda, da Lambrate a Rogoredo, da Porta Romana a Porta Genova e a San Cristoforo, una cintura d’ aree in cui varare “piani di recupero” per verde, servizi, housing sociale, edilizia residenziale di lusso e commerciale, attività terziarie innovative legate soprattutto a moda e design (appunto dalle parti di Porta Genova, già cuore di insediamenti e manifestazioni legate al salone del Mobile e all’arredamento d’avanguardia). Il Comune ha varato, in giunta, l’accordo di programma con Regione Lombardia e Ferrovie dello Stato: “Uno dei più grandi progetti di rigenerazione urbana presentati in Italia da molti anni”, sostiene l’assessore milanese all’Urbanistica Alessandro Balducci. Una grande sfida progettuale e imprenditoriale, che investe in pieno anche la pubblica amministrazione, la cultura, le forse economiche e sociali che sono in grado di pensare a un miglior futuro della “grande Milano”. Smart City e steam ne possono essere le chiavi di lavoro.

Ci sono già delle esperienze positive, cui fare riferimento. La recente riqualificazione e il rilancio di Porta Nuova, attorno a piazza Gae Aulenti e ai grattacieli come il palazzo Unicredit progettato da Cesar Pelli e il “Bosco verticale” di Stefano Boeri (una delle “anime” di Milano che ha contribuito alla crescente popolarità internazionale della città). O, facendo un passo indietro negli anni, la riqualificazione della Bicocca, dalle fabbriche Pirelli a un complesso insediamento di terziario produttivo, servizi, formazione, ricerca, cultura.

Milano, insomma, nel tempo, s’è più volte dimostrata capace di ripensarsi e rilanciarsi, utilizzando bene territorio, competenze, intraprendenza, in un dialogo spesso difficile ma comunque alla fine sinergico tra amministrazione pubblica, imprese, cultura. Adesso, si tratta di fare tesoro delle lezioni del passato. E mostrare contemporaneamente lo sguardo lungo d’una metropoli che “vuole volare, per far volare l’Italia”.

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