Misurare l’impatto sociale di un’impresa
Una ricerca presentata al Colloquio scientifico sull’impresa sociale 2019 fornisce gli elementi conoscitivi di base per valutare le relazioni fra azienda e territorio
Impresa e territorio legati a filo doppio. Tanto da dare vita ad organizzazioni che fino a poco tempo fa non esistevano. Strutture economiche ma anche sociali; comunità di produzione con il profitto come fine ultimo, ma anche sistemi di rapporti sociali nei quali il profitto si accompagna ad altro (di pari importanza). E’ spesso sulle organizzazioni ibride che si punta per riagguantare lo sviluppo. E sono queste strutture che vale la pena di conoscere meglio.
Ad un obiettivo del genere ci hanno pensato Paolo Biancone, Silvana Secinaro, Valerio Brescia, e Daniel Iannaci (dell’Università degli studi di Torino – Dipartimento di Management), con la ricerca “La misurazione dell’impatto sociale nelle organizzazioni ibride” presentata al XIII Colloquio scientifico sull’impresa sociale nello scorso maggio a Roma.
L’indagine parte da un presupposto che nasce dall’osservazione della realtà: far fronte alle sfide proposte oggi a livello sociale ed economico implica, scrivono i quattro, “un sistema imprenditoriale inclusivo, ovvero dove le imprese sono driver di inclusione economica e sociale per i territori in cui si inseriscono con il loro agire”. Ma non solo. Per gli autori infatti se “prima dell’avvento della globalizzazione la competizione riguardava le singole imprese o i singoli gruppi d’impresa, che potevano uscirne vincitori o perdenti, ciò che sta succedendo oggi è che il destino delle imprese è legato a quello del loro territorio”.
A condizioni nuove, si risponde quindi con organizzazioni nuove. E’ qui che il gruppo di lavoro coordinato da Paolo Biancone individua la categoria delle organizzazioni ibride intese come “modelli imprenditoriali votati a tenere insieme la mission sociale con attività di natura commerciale”. Si tratta cioè di “modelli che fanno del sociale un asset strategico per rigenerare risorse di diversa natura: umane, mediante lo sviluppo di nuova conoscenza e nuove competenze; economiche, attraverso la possibilità di aggregare una molteplicità di tipologie di fonti proprio in virtù della natura ibrida dell’organizzazione; fisiche, legate cioè al processo di trasformazione di spazi in luoghi, dove la relazionalità diventa l’ingrediente fondamentale per la buona riuscita del processo”.
Ciò che però è necessario fare, consiste nella misurazione e valutazione degli effetti economici di tutto questo. Ma per raggiungere un obiettivo di questo genere, è necessario mettere a punto strumenti nuovi sia di indagine che di comunicazione.
Biancone e gli altri ricercatori – dopo un inquadramento dell’ambito teorico e reale del tema -, individuano il Popular Financial Reporting – Bilancio POP, inteso ad oggi come uno dei più efficaci strumenti in grado di misurare l’impatto economico-finanziario-azionario e sociale di un’organizzazione ibrida, rispondendo alle esigenze di conoscenza e trasparenza delle parti interessate.
La ricerca di Biancone, Secinaro, Brescia e Iannaci affronta un tema complesso della realtà economica odierna, ma – seppur con un linguaggio decisamente tecnico -, riesce a presentarne ai lettori attenti gli aspetti salienti in modo chiaro.
Misurare l’impatto sociale di un’impresa
Paolo Biancone, Silvana Secinaro, Valerio Brescia, Daniel Iannaci Università degli studi di Torino – Dipartimento di Management)
Paper, XIII Colloquio scientifico sull’impresa sociale, Roma, maggio 2019.
Una ricerca presentata al Colloquio scientifico sull’impresa sociale 2019 fornisce gli elementi conoscitivi di base per valutare le relazioni fra azienda e territorio
Impresa e territorio legati a filo doppio. Tanto da dare vita ad organizzazioni che fino a poco tempo fa non esistevano. Strutture economiche ma anche sociali; comunità di produzione con il profitto come fine ultimo, ma anche sistemi di rapporti sociali nei quali il profitto si accompagna ad altro (di pari importanza). E’ spesso sulle organizzazioni ibride che si punta per riagguantare lo sviluppo. E sono queste strutture che vale la pena di conoscere meglio.
Ad un obiettivo del genere ci hanno pensato Paolo Biancone, Silvana Secinaro, Valerio Brescia, e Daniel Iannaci (dell’Università degli studi di Torino – Dipartimento di Management), con la ricerca “La misurazione dell’impatto sociale nelle organizzazioni ibride” presentata al XIII Colloquio scientifico sull’impresa sociale nello scorso maggio a Roma.
L’indagine parte da un presupposto che nasce dall’osservazione della realtà: far fronte alle sfide proposte oggi a livello sociale ed economico implica, scrivono i quattro, “un sistema imprenditoriale inclusivo, ovvero dove le imprese sono driver di inclusione economica e sociale per i territori in cui si inseriscono con il loro agire”. Ma non solo. Per gli autori infatti se “prima dell’avvento della globalizzazione la competizione riguardava le singole imprese o i singoli gruppi d’impresa, che potevano uscirne vincitori o perdenti, ciò che sta succedendo oggi è che il destino delle imprese è legato a quello del loro territorio”.
A condizioni nuove, si risponde quindi con organizzazioni nuove. E’ qui che il gruppo di lavoro coordinato da Paolo Biancone individua la categoria delle organizzazioni ibride intese come “modelli imprenditoriali votati a tenere insieme la mission sociale con attività di natura commerciale”. Si tratta cioè di “modelli che fanno del sociale un asset strategico per rigenerare risorse di diversa natura: umane, mediante lo sviluppo di nuova conoscenza e nuove competenze; economiche, attraverso la possibilità di aggregare una molteplicità di tipologie di fonti proprio in virtù della natura ibrida dell’organizzazione; fisiche, legate cioè al processo di trasformazione di spazi in luoghi, dove la relazionalità diventa l’ingrediente fondamentale per la buona riuscita del processo”.
Ciò che però è necessario fare, consiste nella misurazione e valutazione degli effetti economici di tutto questo. Ma per raggiungere un obiettivo di questo genere, è necessario mettere a punto strumenti nuovi sia di indagine che di comunicazione.
Biancone e gli altri ricercatori – dopo un inquadramento dell’ambito teorico e reale del tema -, individuano il Popular Financial Reporting – Bilancio POP, inteso ad oggi come uno dei più efficaci strumenti in grado di misurare l’impatto economico-finanziario-azionario e sociale di un’organizzazione ibrida, rispondendo alle esigenze di conoscenza e trasparenza delle parti interessate.
La ricerca di Biancone, Secinaro, Brescia e Iannaci affronta un tema complesso della realtà economica odierna, ma – seppur con un linguaggio decisamente tecnico -, riesce a presentarne ai lettori attenti gli aspetti salienti in modo chiaro.
Misurare l’impatto sociale di un’impresa
Paolo Biancone, Silvana Secinaro, Valerio Brescia, Daniel Iannaci Università degli studi di Torino – Dipartimento di Management)
Paper, XIII Colloquio scientifico sull’impresa sociale, Roma, maggio 2019.