“Mobilitazione industriale”
Nel racconto delle fabbriche durante la guerra, un aspetto poco esplorato della cultura italiana del produrre
Fabbriche in guerra. Cultura del produrre applicata alle armi, ma anche a tutto quello che può servire ad un soldato di fronte alla battaglia. Aspetto non troppo conosciuto dell’industria, anche quella italiana, quello delle fabbriche alle prese con le necessità di produzione (e di efficienza) dettate da una guerra è tutto da indagare, anche da parte di chi (imprenditore o manager), oggi si trova a gestire l’industria 4.0. E’ una questione di consapevolezza del passato, di radici del presente, di attenzione a chi ci ha preceduti. E’ importante allora leggere “Industriarsi per vincere. Le imprese e la Grande Guerra” curato da Andrea Pozzetta e pubblicato da poche settimane.
Il libro è un saggio fatto di parole e di immagini, dove le prime rincorrono le seconde e le seconde le prime, in un susseguirsi di ritratti di fabbriche, ma soprattutto di vite di donne e uomini, che nel corso della Grande Guerra hanno combattuto nelle retrovie e cioè nella produzione bellica.
Quello raccontato è un inedito percorso iconografico sulla straordinaria mobilitazione tecnica e produttiva delle aziende italiane nell’emergenza della Grande Guerra. Borracce, gavette e carne in scatola per il rancio, panni di lana per le divise in grigioverde, munizioni, vanghe, piccozze e mezzi di trasporto, dalle biciclette alle navi e agli aerei, raccontano la quotidianità del conflitto attraverso documenti, cartoline e fotografie storiche. Questi oggetti e strumenti, divenuti veri e propri simboli degli italiani in guerra, hanno costruito l’identità collettiva di generazioni di soldati e di civili impegnati nel fronte interno. La manifestazione concreta di una cultura d’impresa che è, come scrive Alessandro Barbero nella presentazione del libro, non solo “un viaggio della memoria ma una riflessione critica sull’Italia della prima guerra mondiale: l’Italia dei nostri nonni e bisnonni, impegnata in quello che è rimasto fino ad oggi lo sforzo più immane che il Paese abbia mai dovuto affrontare”.
Il racconto contenuto nel libro inizia così dalla descrizione del “cantiere della mobilitazione industriale”, per poi passare subito ad approfondire le relazioni fra cultura d’impresa, ricerca scientifica ed esigenze di guerra. Sono quindi descritti alcuni aspetti particolari come quelli della produzione tessile e alimentare, e poi quelli della produzione di cannoni e di grandi armamenti, così come quelli degli oggetti della “quotidianità della guerra”; senza dimenticare le fabbriche metalmeccaniche, aeronautiche e navali.
E’ una particolare cultura del produrre, certo, ma pur sempre un orgoglio d’impresa ciò che viene descritto nel libro curato da Andrea Pozzetta, che trova poi evoluzioni importanti. “L’innovazione e la sperimentazione tecnica – viene spiegato -, permettono, da un lato, il successo di settori in pieno sviluppo come l’aeronautica, l’automobilismo o l’ingegneria meccanica, influenzando, dopo la guerra, la vita civile e i consumi di tutti gli italiani. Dall’altro lato, si diffondono nelle officine e negli stabilimenti industriali i primi embrionali strumenti di previdenza sociale, si attuano i primi tavoli di concertazione tra sindacati e industria, mentre le donne, per la prima volta, fanno ingresso massiccio nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro”.
“Industriarsi per vincere” è un libro da leggere con attenzione, anche per capire attraverso quali inaspettati percorsi l’industria italiana è arrivata fino ad oggi, e senza dimenticare di guardare negli occhi le centinaia di persone i cui sguardi emergono come altrettanti moniti per l’oggi.
Industriarsi per vincere. Le imprese e la Grande Guerra
Andrea Pozzetta (a cura di)
Interlinea, 2018


Nel racconto delle fabbriche durante la guerra, un aspetto poco esplorato della cultura italiana del produrre
Fabbriche in guerra. Cultura del produrre applicata alle armi, ma anche a tutto quello che può servire ad un soldato di fronte alla battaglia. Aspetto non troppo conosciuto dell’industria, anche quella italiana, quello delle fabbriche alle prese con le necessità di produzione (e di efficienza) dettate da una guerra è tutto da indagare, anche da parte di chi (imprenditore o manager), oggi si trova a gestire l’industria 4.0. E’ una questione di consapevolezza del passato, di radici del presente, di attenzione a chi ci ha preceduti. E’ importante allora leggere “Industriarsi per vincere. Le imprese e la Grande Guerra” curato da Andrea Pozzetta e pubblicato da poche settimane.
Il libro è un saggio fatto di parole e di immagini, dove le prime rincorrono le seconde e le seconde le prime, in un susseguirsi di ritratti di fabbriche, ma soprattutto di vite di donne e uomini, che nel corso della Grande Guerra hanno combattuto nelle retrovie e cioè nella produzione bellica.
Quello raccontato è un inedito percorso iconografico sulla straordinaria mobilitazione tecnica e produttiva delle aziende italiane nell’emergenza della Grande Guerra. Borracce, gavette e carne in scatola per il rancio, panni di lana per le divise in grigioverde, munizioni, vanghe, piccozze e mezzi di trasporto, dalle biciclette alle navi e agli aerei, raccontano la quotidianità del conflitto attraverso documenti, cartoline e fotografie storiche. Questi oggetti e strumenti, divenuti veri e propri simboli degli italiani in guerra, hanno costruito l’identità collettiva di generazioni di soldati e di civili impegnati nel fronte interno. La manifestazione concreta di una cultura d’impresa che è, come scrive Alessandro Barbero nella presentazione del libro, non solo “un viaggio della memoria ma una riflessione critica sull’Italia della prima guerra mondiale: l’Italia dei nostri nonni e bisnonni, impegnata in quello che è rimasto fino ad oggi lo sforzo più immane che il Paese abbia mai dovuto affrontare”.
Il racconto contenuto nel libro inizia così dalla descrizione del “cantiere della mobilitazione industriale”, per poi passare subito ad approfondire le relazioni fra cultura d’impresa, ricerca scientifica ed esigenze di guerra. Sono quindi descritti alcuni aspetti particolari come quelli della produzione tessile e alimentare, e poi quelli della produzione di cannoni e di grandi armamenti, così come quelli degli oggetti della “quotidianità della guerra”; senza dimenticare le fabbriche metalmeccaniche, aeronautiche e navali.
E’ una particolare cultura del produrre, certo, ma pur sempre un orgoglio d’impresa ciò che viene descritto nel libro curato da Andrea Pozzetta, che trova poi evoluzioni importanti. “L’innovazione e la sperimentazione tecnica – viene spiegato -, permettono, da un lato, il successo di settori in pieno sviluppo come l’aeronautica, l’automobilismo o l’ingegneria meccanica, influenzando, dopo la guerra, la vita civile e i consumi di tutti gli italiani. Dall’altro lato, si diffondono nelle officine e negli stabilimenti industriali i primi embrionali strumenti di previdenza sociale, si attuano i primi tavoli di concertazione tra sindacati e industria, mentre le donne, per la prima volta, fanno ingresso massiccio nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro”.
“Industriarsi per vincere” è un libro da leggere con attenzione, anche per capire attraverso quali inaspettati percorsi l’industria italiana è arrivata fino ad oggi, e senza dimenticare di guardare negli occhi le centinaia di persone i cui sguardi emergono come altrettanti moniti per l’oggi.
Industriarsi per vincere. Le imprese e la Grande Guerra
Andrea Pozzetta (a cura di)
Interlinea, 2018