Nuove imprese postcapitalistiche
Come può cambiare la cultura del produrre: la sintesi nel libro di un giornalista economico
L’impresa deve cambiare con la società che la circonda. Per esistere, deve accettare nuove sfide, mettersi in gioco, mutare organizzazione, trasformare la stessa cultura seguendo la quale produce e crea valore. E’ un modo diverso dal passato di vedere l’attività imprenditoriale e il farsi dell’organizzazione aziendale. Ma per imprenditori e manager è l’unico modo ammissibile per pensare – davvero -, di avere un futuro.
Leggere “Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro” di Paul Mason appena pubblicato in Italia, serve per mettere in discussione tutti i paradigmi consolidati e quindi per gettare le basi del cambiamento anche all’interno delle organizzazioni della produzione. Si tratta di una lettura che non troverà tutti d’accordo e che comunque creerà “problemi” anche per chi è più vicino alla linea di pensiero dell’autore. Certamente le pagine di Mason contengono un messaggio serio, a tratti inquietante, spesso difficile da cogliere immediatamente, su come si è trasformato il modo di produrre: dal tradizionale sistema industriale capitalistico a quanto vediamo oggi e, soprattutto, a quanto potrebbe essere fra qualche anno: il postcapitalismo, appunto.
Dopo una densa introduzione – che di fatto sintetizza tutto il libro -, Mason suddivide il suo argomentare in tre parti ben delimitate: la prima tratta “della crisi e di come ci siamo arrivati”, la seconda delinea i tratti essenziali del postcapitalismo, la terza racconta della transizione dell’oggi da un sistema all’altro.
Mason, da buon giornalista economico (lavora per l’emittente inglese Channel 4), scrive in maniera ficcante e scorrevole; argomenta e racconta, passa in rassegna il meglio della letteratura economica classica e analizza bene la cronaca degli ultimi anni. E soprattutto non si limita a distruggere quanto di negativo scorge nella storia del sistema industriale occidentale, ma propone, fin dalle prime pagine, ciò che a suo parere sarebbe opportuno creare per consentire un sistema produttivo e sociale diverso, nuovo, migliore.
Tutto ovviamente parte dalla fotografia dell’oggi. La crisi economica scoppiata nel 2008 – viene spiegato -, si è trasformata in una crisi sociale e infine in un autentico sconvolgimento dell’ordine mondiale. Andare verso il meglio, tuttavia, è possibile. Partendo dalle nuove tecnologie messe a disposizione: l’informatica, il cambiamento dei meccanismi di mercato, la produzione collaborativa.
“Oggi – scrive nelle prime pagine Mason -, l’intera società è una fabbrica, e le reti di comunicazione vitali per il lavoro quotidiano e per il profitto brulicano di sapere condiviso e di malcontento. Oggi è la rete, come la fabbrica duecento anni fa, che «non può essere messa a tacere e dispersa»”. Mason quindi sviluppa il suo pensiero in maniera sciolta e comprensibile, fornendo delle immagini che fanno capire molto. “Un aereo di linea sembra una tecnologia vecchia – scrive a metà del volume -. Ma, dalla struttura atomica delle pale del motore al ciclo di progettazione condensato, fino al flusso di dati che invia alla sede centrale della flotta cui appartiene, trabocca di informatica. Questo fenomeno, che fonde mondo virtuale e mondo reale, è visibile in molti settori: motori di automobili il cui rendimento fisico è dettato da un chip di silicio, pianoforti digitali in grado di scegliere il suono più adatto fra migliaia di campioni di pianoforti reali in base alla forza con cui si premono i tasti. Oggi guardiamo film fatti di pixel invece che di granelli di celluloide, e che contengono intere scene in cui nulla di reale viene inquadrato da una telecamera. Nelle catene di montaggio delle automobili, ogni componente ha un suo codice a barre: quello che fanno gli esseri umani, fra i sibili e i ronzii dei robot, è ordinato e verificato dall’algoritmo di un computer. Il rapporto fra lavoro fisico e informazione è cambiato”.
“Postcapitalismo” davvero non troverà tutti d’accordo. Ma è forse proprio questa una delle funzioni principali di ogni buona analisi della realtà: creare dibattito per capire meglio. E non è forse un caso che negli ultimi passaggi del libro ci si trovi scritto: “Dobbiamo essere utopisti senza vergogna. Gli imprenditori più in gam ba del capitalismo degli albori erano esattamente così, come tutti i pionieri della liberazione umana”.
Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro
Paul Mason
Il Saggiatore, 2016


Come può cambiare la cultura del produrre: la sintesi nel libro di un giornalista economico
L’impresa deve cambiare con la società che la circonda. Per esistere, deve accettare nuove sfide, mettersi in gioco, mutare organizzazione, trasformare la stessa cultura seguendo la quale produce e crea valore. E’ un modo diverso dal passato di vedere l’attività imprenditoriale e il farsi dell’organizzazione aziendale. Ma per imprenditori e manager è l’unico modo ammissibile per pensare – davvero -, di avere un futuro.
Leggere “Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro” di Paul Mason appena pubblicato in Italia, serve per mettere in discussione tutti i paradigmi consolidati e quindi per gettare le basi del cambiamento anche all’interno delle organizzazioni della produzione. Si tratta di una lettura che non troverà tutti d’accordo e che comunque creerà “problemi” anche per chi è più vicino alla linea di pensiero dell’autore. Certamente le pagine di Mason contengono un messaggio serio, a tratti inquietante, spesso difficile da cogliere immediatamente, su come si è trasformato il modo di produrre: dal tradizionale sistema industriale capitalistico a quanto vediamo oggi e, soprattutto, a quanto potrebbe essere fra qualche anno: il postcapitalismo, appunto.
Dopo una densa introduzione – che di fatto sintetizza tutto il libro -, Mason suddivide il suo argomentare in tre parti ben delimitate: la prima tratta “della crisi e di come ci siamo arrivati”, la seconda delinea i tratti essenziali del postcapitalismo, la terza racconta della transizione dell’oggi da un sistema all’altro.
Mason, da buon giornalista economico (lavora per l’emittente inglese Channel 4), scrive in maniera ficcante e scorrevole; argomenta e racconta, passa in rassegna il meglio della letteratura economica classica e analizza bene la cronaca degli ultimi anni. E soprattutto non si limita a distruggere quanto di negativo scorge nella storia del sistema industriale occidentale, ma propone, fin dalle prime pagine, ciò che a suo parere sarebbe opportuno creare per consentire un sistema produttivo e sociale diverso, nuovo, migliore.
Tutto ovviamente parte dalla fotografia dell’oggi. La crisi economica scoppiata nel 2008 – viene spiegato -, si è trasformata in una crisi sociale e infine in un autentico sconvolgimento dell’ordine mondiale. Andare verso il meglio, tuttavia, è possibile. Partendo dalle nuove tecnologie messe a disposizione: l’informatica, il cambiamento dei meccanismi di mercato, la produzione collaborativa.
“Oggi – scrive nelle prime pagine Mason -, l’intera società è una fabbrica, e le reti di comunicazione vitali per il lavoro quotidiano e per il profitto brulicano di sapere condiviso e di malcontento. Oggi è la rete, come la fabbrica duecento anni fa, che «non può essere messa a tacere e dispersa»”. Mason quindi sviluppa il suo pensiero in maniera sciolta e comprensibile, fornendo delle immagini che fanno capire molto. “Un aereo di linea sembra una tecnologia vecchia – scrive a metà del volume -. Ma, dalla struttura atomica delle pale del motore al ciclo di progettazione condensato, fino al flusso di dati che invia alla sede centrale della flotta cui appartiene, trabocca di informatica. Questo fenomeno, che fonde mondo virtuale e mondo reale, è visibile in molti settori: motori di automobili il cui rendimento fisico è dettato da un chip di silicio, pianoforti digitali in grado di scegliere il suono più adatto fra migliaia di campioni di pianoforti reali in base alla forza con cui si premono i tasti. Oggi guardiamo film fatti di pixel invece che di granelli di celluloide, e che contengono intere scene in cui nulla di reale viene inquadrato da una telecamera. Nelle catene di montaggio delle automobili, ogni componente ha un suo codice a barre: quello che fanno gli esseri umani, fra i sibili e i ronzii dei robot, è ordinato e verificato dall’algoritmo di un computer. Il rapporto fra lavoro fisico e informazione è cambiato”.
“Postcapitalismo” davvero non troverà tutti d’accordo. Ma è forse proprio questa una delle funzioni principali di ogni buona analisi della realtà: creare dibattito per capire meglio. E non è forse un caso che negli ultimi passaggi del libro ci si trovi scritto: “Dobbiamo essere utopisti senza vergogna. Gli imprenditori più in gam ba del capitalismo degli albori erano esattamente così, come tutti i pionieri della liberazione umana”.
Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro
Paul Mason
Il Saggiatore, 2016