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Olivetti, una lettura

Una tesi discussa alla Luiss, descrive l’impresa di Ivrea mettendo insieme storia e organizzazione aziendale per delineare una particolare interpretazione dell’avventura Olivettiana

 

Olivetti, ovvero l’utopia che diventa realtà. E che, certo, ad un determinato punto della sua esistenza, finisce per cedere. Ma che comunque lascio un segno profondo – e positivo – nella cultura d’impresa italiana (e mondiale). Sempre da studiare, quanto fatto da Camillo e da Adriano Olivetti. E’ utile quindi leggere “Adriano Olivetti e il modello innovativo di impresa fra politica e comunicazione”, tesi di Marco Corbucci discussa nell’ambito del Dipartimento di scienze politiche, Cattedra di innovazione democratica, dell’Università Luiss.

Corbucci guarda agli Olivetti, e in particolare ad Adriano, da un particolare punto di vista: quello che lega il fare impresa con il fare politica e fare comunicazione. “Il progetto che andremo ad intraprendere – scrive Corbucci -,  risulterà essere composto da diversi livelli e metodi di analisi, tutti accomunati dall’obiettivo unico finale di applicare, con revisioni e modifiche finalizzate a renderle consone alla contemporaneità, un’idea politico-aziendale di ispirazione Olivettiana come metodo di innovazione democratica”. Esercizio importante e complesso quello di Marco Corbuci, che applica “un approccio storiografico” che consente di analizzare la situazione politico sociale e l’evoluzione dell’azienda, ma anche un “approccio più analitico” con il quale l’autore si sofferma “sull’analisi del modello olivettiano originale”.

Per arrivare al fondo del suo lavoro, Corbucci analizza prima il contesto aziendale, poi quello legato al territorio e infine la fisionomia dei due Olivetti; si passa quindi a studiare “Adriano la comunità e le innovative idee sociali” approfondendone i diversi aspetti collegati all’impresa, al lavoro in azienda e alle idee politiche e sociali presenti ma anche al particolare welfare praticato. Successivamente, Corbucci approfondisce l’aspetto particolare legato all’architettura del gruppo Olivetti per arrivare così all’eredità di Olivetti.

Scrive Corbucci nelle sue conclusioni: “Sotto molti aspetti il comportamento di Adriano Olivetti nel fare impresa è sicuramente moderno, a volte anche superiore e più lungimirante di quello adottato dagli industriali contemporanei. Probabilmente egli inorridirebbe nell’apprendere che il fare impresa attuale corrisponde, per lo più, alla mera creazione di valore per gli azionisti, rimarrebbe atterrito di fronte alla svalutazione delle aziende a favore della finanza, alla sottomissione dell’artigianato italiano fatto schiavo di ricchi padroni lontani e irreperibili che sfruttano tradizioni tecniche e personale per meri interessi finanziari; rabbrividirebbe di fronte ad holding finanziare che acquisiscono sempre più imprese togliendole alle storiche famiglie per dare tutto in mano a pochi padroni, disinteressati alle stesse. Con riferimento al rapporto con i dipendenti, proverebbe un forte sentimento di delusione di fronte a spostamenti di produzione finalizzati alla mera elusione delle norme e al più facile sfruttamento di operai in Paesi con regole sindacali poco ferree. Infatti il concetto di impresa di Adriano è molto più ampio: non si doveva produrre solo ricchezza bensì tale ricchezza doveva essere ridistribuita sul territorio. Ciò poteva essere conseguito realizzando vie di comunicazione, edificando scuole, costruendo edifici salubri, fornendo servizi alla comunità locale. L’impresa doveva diffondere anche dei valori estetici, quali la bellezza e la cultura”.

Adriano Olivetti e il modello innovativo di impresa fra politica e comunicazione

Marco Corbucci

Tesi, Università LUISS, Dipartimento di scienze politiche, Cattedra di innovazione democratica, 2020.

Una tesi discussa alla Luiss, descrive l’impresa di Ivrea mettendo insieme storia e organizzazione aziendale per delineare una particolare interpretazione dell’avventura Olivettiana

 

Olivetti, ovvero l’utopia che diventa realtà. E che, certo, ad un determinato punto della sua esistenza, finisce per cedere. Ma che comunque lascio un segno profondo – e positivo – nella cultura d’impresa italiana (e mondiale). Sempre da studiare, quanto fatto da Camillo e da Adriano Olivetti. E’ utile quindi leggere “Adriano Olivetti e il modello innovativo di impresa fra politica e comunicazione”, tesi di Marco Corbucci discussa nell’ambito del Dipartimento di scienze politiche, Cattedra di innovazione democratica, dell’Università Luiss.

Corbucci guarda agli Olivetti, e in particolare ad Adriano, da un particolare punto di vista: quello che lega il fare impresa con il fare politica e fare comunicazione. “Il progetto che andremo ad intraprendere – scrive Corbucci -,  risulterà essere composto da diversi livelli e metodi di analisi, tutti accomunati dall’obiettivo unico finale di applicare, con revisioni e modifiche finalizzate a renderle consone alla contemporaneità, un’idea politico-aziendale di ispirazione Olivettiana come metodo di innovazione democratica”. Esercizio importante e complesso quello di Marco Corbuci, che applica “un approccio storiografico” che consente di analizzare la situazione politico sociale e l’evoluzione dell’azienda, ma anche un “approccio più analitico” con il quale l’autore si sofferma “sull’analisi del modello olivettiano originale”.

Per arrivare al fondo del suo lavoro, Corbucci analizza prima il contesto aziendale, poi quello legato al territorio e infine la fisionomia dei due Olivetti; si passa quindi a studiare “Adriano la comunità e le innovative idee sociali” approfondendone i diversi aspetti collegati all’impresa, al lavoro in azienda e alle idee politiche e sociali presenti ma anche al particolare welfare praticato. Successivamente, Corbucci approfondisce l’aspetto particolare legato all’architettura del gruppo Olivetti per arrivare così all’eredità di Olivetti.

Scrive Corbucci nelle sue conclusioni: “Sotto molti aspetti il comportamento di Adriano Olivetti nel fare impresa è sicuramente moderno, a volte anche superiore e più lungimirante di quello adottato dagli industriali contemporanei. Probabilmente egli inorridirebbe nell’apprendere che il fare impresa attuale corrisponde, per lo più, alla mera creazione di valore per gli azionisti, rimarrebbe atterrito di fronte alla svalutazione delle aziende a favore della finanza, alla sottomissione dell’artigianato italiano fatto schiavo di ricchi padroni lontani e irreperibili che sfruttano tradizioni tecniche e personale per meri interessi finanziari; rabbrividirebbe di fronte ad holding finanziare che acquisiscono sempre più imprese togliendole alle storiche famiglie per dare tutto in mano a pochi padroni, disinteressati alle stesse. Con riferimento al rapporto con i dipendenti, proverebbe un forte sentimento di delusione di fronte a spostamenti di produzione finalizzati alla mera elusione delle norme e al più facile sfruttamento di operai in Paesi con regole sindacali poco ferree. Infatti il concetto di impresa di Adriano è molto più ampio: non si doveva produrre solo ricchezza bensì tale ricchezza doveva essere ridistribuita sul territorio. Ciò poteva essere conseguito realizzando vie di comunicazione, edificando scuole, costruendo edifici salubri, fornendo servizi alla comunità locale. L’impresa doveva diffondere anche dei valori estetici, quali la bellezza e la cultura”.

Adriano Olivetti e il modello innovativo di impresa fra politica e comunicazione

Marco Corbucci

Tesi, Università LUISS, Dipartimento di scienze politiche, Cattedra di innovazione democratica, 2020.

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