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Più poesia per le imprese

Un articolo apparso sull’Harvard Business Review insiste sulla necessità di non basare tutto solo sul calcolo e sulla pianificazione

L’impresa è calcolo ma deve essere anche altro. Rischio, istinto, avventura, capacità di guardare più lontano. Si dice “arte del produrre” non a caso. Sempre – certo – con un’attenzione importante a far quadrare i bilanci; che devono tuttavia ormai comprendere anche altro oltre a colonne di numeri. Percorrendo questa strada fa bene leggere “Liberal Arts in Data Age” di Josh M. Olejarz apparso sulla Harvard Business Review qualche tempo fa.

Articolo breve ma intenso, quanto scritto da Olejarz (che è da un quinquennio circa assistant editor di HBR), ruota attorno ad una constatazione: “In quale situazione di grande svantaggio potremmo finire, noi e il mondo, se costringessimo le nostre menti ad affrontare tutti i problemi allo stesso modo”. E’ dal rischio e attorno al rischio dell’omologazione che ragiona l’autore. Indicando come un mondo fatto solo di calcolo, algoritmi e big data  diverrebbe presto un mondo a senso unico e quindi privo di fantasia e di risorse, Olejarz traccia una strada diversa. Anche per le imprese. Anzi, Olejarz punta il dito contro le cosiddette Stem (acronimo di Science, Technology, Engineering, Mathematics). In altre parole, si andrebbe verso un orizzonte fatto non solo di omologazione ma anche di assenza di capacità di rispondere adeguatamente agli imprevisti. Esattamente l’opposto della condizione nella quale deve trovarsi sempre un’impresa.

Quindi che fare? Per Olejarz la soluzione è semplice: dare spazio alla filosofia, alla letteratura e alla poesia. Non solo coding, quindi, ma anche bellezza, estro, innovatività intesa come capacità di rompere gli schemi.

Qualità e non solo quantità – pare indicare Olejarz -, devono permeare anche società e imprese. Che detto in altri termini significa come rigore quantitativo e attenzione all’organizzazione debbano andare di pari passo con qualità come l’empatia, la prudenza e la saggezza proprie delle discipline umanistiche.

L’intervento di Olejarz ha il grande merito di spalancare lo sguardo di chi legge su un panorama ad oggi conosciuto solo in parte e che invece merita di essere esplorato di più.

Liberal Arts in Data Age

Josh M. Olejarz

Harvard Business Review, luglio-agosto, 2017

Un articolo apparso sull’Harvard Business Review insiste sulla necessità di non basare tutto solo sul calcolo e sulla pianificazione

L’impresa è calcolo ma deve essere anche altro. Rischio, istinto, avventura, capacità di guardare più lontano. Si dice “arte del produrre” non a caso. Sempre – certo – con un’attenzione importante a far quadrare i bilanci; che devono tuttavia ormai comprendere anche altro oltre a colonne di numeri. Percorrendo questa strada fa bene leggere “Liberal Arts in Data Age” di Josh M. Olejarz apparso sulla Harvard Business Review qualche tempo fa.

Articolo breve ma intenso, quanto scritto da Olejarz (che è da un quinquennio circa assistant editor di HBR), ruota attorno ad una constatazione: “In quale situazione di grande svantaggio potremmo finire, noi e il mondo, se costringessimo le nostre menti ad affrontare tutti i problemi allo stesso modo”. E’ dal rischio e attorno al rischio dell’omologazione che ragiona l’autore. Indicando come un mondo fatto solo di calcolo, algoritmi e big data  diverrebbe presto un mondo a senso unico e quindi privo di fantasia e di risorse, Olejarz traccia una strada diversa. Anche per le imprese. Anzi, Olejarz punta il dito contro le cosiddette Stem (acronimo di Science, Technology, Engineering, Mathematics). In altre parole, si andrebbe verso un orizzonte fatto non solo di omologazione ma anche di assenza di capacità di rispondere adeguatamente agli imprevisti. Esattamente l’opposto della condizione nella quale deve trovarsi sempre un’impresa.

Quindi che fare? Per Olejarz la soluzione è semplice: dare spazio alla filosofia, alla letteratura e alla poesia. Non solo coding, quindi, ma anche bellezza, estro, innovatività intesa come capacità di rompere gli schemi.

Qualità e non solo quantità – pare indicare Olejarz -, devono permeare anche società e imprese. Che detto in altri termini significa come rigore quantitativo e attenzione all’organizzazione debbano andare di pari passo con qualità come l’empatia, la prudenza e la saggezza proprie delle discipline umanistiche.

L’intervento di Olejarz ha il grande merito di spalancare lo sguardo di chi legge su un panorama ad oggi conosciuto solo in parte e che invece merita di essere esplorato di più.

Liberal Arts in Data Age

Josh M. Olejarz

Harvard Business Review, luglio-agosto, 2017

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