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Premio Campiello Junior: scrivere, pubblicare e premiare libri per bambini è “costruire granai” per un futuro migliore

Chissà se il mondo è fatto davvero “per finire in un bel libro”, come sosteneva Stéphane Mallarmé. Di certo esperienza e letteratura concordano nel sottolineare la centralità del racconto nella dimensione esistenziale di ogni persona. E nel riconoscersi nelle parole di Gabriel Garcia Marquez: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. O in quelle di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.

C’è saggezza, viaggiando tra le righe. E piacere. Memoria. E scoperta. Il filo della malinconia che dall’ombra dei ricordi e dal dolore dell’assenza spinge a creare immagini e parole che riempiono il vuoto. E il vento dell’allegria che scompiglia i pensieri consueti e rimette in moto la vita. Perché hanno ali, le parole. E, contemporaneamente, forza di pietre. Fanno volare pensieri ed emozioni. E radicano le esperienze. Rivelano la sostanza delle cose. E aprono mondi che prima d’essere nominati non c’erano. Il racconto è un viaggio. E ogni viaggio fa nascere racconti.

Le parole, insomma, sono un gioco serissimo, come quelli che fanno i bambini. Ed è proprio con i bambini che bisogna impegnarsi con generosità, perché imparino presto, il più presto possibile, la bellezza feconda del leggere e dunque immaginare, scoprire, progettare. Raccontare, appunto. E vivere.

E’ questo il contesto in cui è nato il Premio Campiello Junior, promosso dalla Fondazione Campiello e della Fondazione Pirelli, per valorizzare scrittrici e scrittori di libri per bambini dai 10 ai 14 anni, arrivato adesso alla conclusione della sua prima edizione. Tre libri in finale (Chiara Carminati con “Un pinguino a Trieste”, Bompiani; Guido Quarzo e Anna Vivarelli con “La scatola dei sogni”, EditorialeScienza e Antonella Sbuelz con “Questa notte non torno”, Feltrinelli), selezionati da una Giuria presieduta da Roberto Piumini e poi affidati al voto della Giuria dei lettori composta da 160 giovanissimi lettori e lettrici (appunto secondo le regole del Premio Campiello). Premiazione il 6 maggio, nel Campus di H-Farm a Roncade (Treviso).

Il senso dell’iniziativa sta proprio nelle parole di Roberto Piumini: “Chi scrive per ragazzi, chi stampa libri per ragazzi, chi promuove o premia la letteratura per ragazzi, compie qualcosa di molto più complesso, meritevole e rischioso di altri tipi di scrittura, edizione e promozione. Perché non si tratta, con questi lettori, di trasmettere temi esistenziali, culturali, o emozioni da collocare nella memoria, nel sistema di un gusto letterario, ma di dare linguaggio, parola conoscitiva ed emozionale: dare parola nel senso antropologicamente più denso e delicato”.

Insiste Piumini: “Scrivere, pubblicare, promuovere narrazione per ragazzi, vuol dire fornire modi di conoscenza, affettività, identità, immaginazione e scopo. Questo non si risolve, come nella letteratura dei tempi andati, con la descrizione di esempi e modelli, o la sapienza minacciosa delle esortazioni, ma col dono di un linguaggio ricco, che gioca e invita, creativamente ed energicamente, alla varietà e alla possibilità del mondo”.

Spiega ancora Enrico Carraro, Presidente della Fondazione Campiello e di Confindustria Veneto: “Con la Fondazione Pirelli abbiamo istituito il Campiello Junior con l’obiettivo di valorizzare, ancora una volta, il talento degli scrittori e diffondere la lettura tra i ragazzi. Un nuovo progetto che ha confermato l’impegno degli imprenditori del Veneto per i progetti culturali e, quindi, per lo sviluppo del Paese”.

Dal punto di vista della Fondazione Pirelli, “il sostegno al Premio Campiello Junior intende stimolare la scrittura di libri per le bambine e i bambini, come strumenti che migliorano il piacere della scoperta, la conoscenza, la qualità della vita. E rientra nelle tante iniziative lanciate nel corso della nostra storia per le biblioteche aziendali, la diffusione della cultura, l’affermazione di una ‘civiltà del libro’ come parte indispensabile di una cittadinanza responsabile fin dalla più giovane età”.

Ecco il nodo culturale di fondo: il libro come strumento essenziale di conoscenza e di responsabilità, di sviluppo umano, personale e sociale, di costruzione di un rapporto consapevole con le comunità in cui i bambini crescono e diventano adulti. Il piacere della lettura si coniuga con la definizione di una personalità critica. Perché, appunto, il gioco delle parole stimola confronto, dialogo, apprezzamento dell’altro, coscienza del valore dell’individualità e della diversità. L’avventura raccontata nelle pagine dei libri arricchisce l’esperienza del lettore fin da piccolo. E i protagonisti e le protagoniste di quei racconti rendono molto più fertile la vita di ognuno di noi, insegnandoci a immaginare, costruire, esplorare nuovi mondi.

Libri come fondamenta di una “città dell’uomo” più aperta, accogliente, civile. E biblioteche come deposito di esperienze, progetti, sogni. Come granai che custodiscono la base di un buon cibo del corpo e dell’anima, per un migliore futuro.

“Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”, scrive Marguerite Yourcenar nelle pagine di un libro fondamentale, “Memorie di Adriano” (la frase sta sul frontone interno d’ingresso della Biblioteca Pirelli in Bicocca, a Milano). I rischi dell’inverno dello spirito sono ricorrenti e in certi momenti, proprio come quelli che adesso stiamo vivendo, particolarmente inquietanti. Giocare con le parole dei libri, insieme ai nostri bambini, aiuta a costruire e tramandare, nonostante tutto, speranze.

Chissà se il mondo è fatto davvero “per finire in un bel libro”, come sosteneva Stéphane Mallarmé. Di certo esperienza e letteratura concordano nel sottolineare la centralità del racconto nella dimensione esistenziale di ogni persona. E nel riconoscersi nelle parole di Gabriel Garcia Marquez: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. O in quelle di Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”.

C’è saggezza, viaggiando tra le righe. E piacere. Memoria. E scoperta. Il filo della malinconia che dall’ombra dei ricordi e dal dolore dell’assenza spinge a creare immagini e parole che riempiono il vuoto. E il vento dell’allegria che scompiglia i pensieri consueti e rimette in moto la vita. Perché hanno ali, le parole. E, contemporaneamente, forza di pietre. Fanno volare pensieri ed emozioni. E radicano le esperienze. Rivelano la sostanza delle cose. E aprono mondi che prima d’essere nominati non c’erano. Il racconto è un viaggio. E ogni viaggio fa nascere racconti.

Le parole, insomma, sono un gioco serissimo, come quelli che fanno i bambini. Ed è proprio con i bambini che bisogna impegnarsi con generosità, perché imparino presto, il più presto possibile, la bellezza feconda del leggere e dunque immaginare, scoprire, progettare. Raccontare, appunto. E vivere.

E’ questo il contesto in cui è nato il Premio Campiello Junior, promosso dalla Fondazione Campiello e della Fondazione Pirelli, per valorizzare scrittrici e scrittori di libri per bambini dai 10 ai 14 anni, arrivato adesso alla conclusione della sua prima edizione. Tre libri in finale (Chiara Carminati con “Un pinguino a Trieste”, Bompiani; Guido Quarzo e Anna Vivarelli con “La scatola dei sogni”, EditorialeScienza e Antonella Sbuelz con “Questa notte non torno”, Feltrinelli), selezionati da una Giuria presieduta da Roberto Piumini e poi affidati al voto della Giuria dei lettori composta da 160 giovanissimi lettori e lettrici (appunto secondo le regole del Premio Campiello). Premiazione il 6 maggio, nel Campus di H-Farm a Roncade (Treviso).

Il senso dell’iniziativa sta proprio nelle parole di Roberto Piumini: “Chi scrive per ragazzi, chi stampa libri per ragazzi, chi promuove o premia la letteratura per ragazzi, compie qualcosa di molto più complesso, meritevole e rischioso di altri tipi di scrittura, edizione e promozione. Perché non si tratta, con questi lettori, di trasmettere temi esistenziali, culturali, o emozioni da collocare nella memoria, nel sistema di un gusto letterario, ma di dare linguaggio, parola conoscitiva ed emozionale: dare parola nel senso antropologicamente più denso e delicato”.

Insiste Piumini: “Scrivere, pubblicare, promuovere narrazione per ragazzi, vuol dire fornire modi di conoscenza, affettività, identità, immaginazione e scopo. Questo non si risolve, come nella letteratura dei tempi andati, con la descrizione di esempi e modelli, o la sapienza minacciosa delle esortazioni, ma col dono di un linguaggio ricco, che gioca e invita, creativamente ed energicamente, alla varietà e alla possibilità del mondo”.

Spiega ancora Enrico Carraro, Presidente della Fondazione Campiello e di Confindustria Veneto: “Con la Fondazione Pirelli abbiamo istituito il Campiello Junior con l’obiettivo di valorizzare, ancora una volta, il talento degli scrittori e diffondere la lettura tra i ragazzi. Un nuovo progetto che ha confermato l’impegno degli imprenditori del Veneto per i progetti culturali e, quindi, per lo sviluppo del Paese”.

Dal punto di vista della Fondazione Pirelli, “il sostegno al Premio Campiello Junior intende stimolare la scrittura di libri per le bambine e i bambini, come strumenti che migliorano il piacere della scoperta, la conoscenza, la qualità della vita. E rientra nelle tante iniziative lanciate nel corso della nostra storia per le biblioteche aziendali, la diffusione della cultura, l’affermazione di una ‘civiltà del libro’ come parte indispensabile di una cittadinanza responsabile fin dalla più giovane età”.

Ecco il nodo culturale di fondo: il libro come strumento essenziale di conoscenza e di responsabilità, di sviluppo umano, personale e sociale, di costruzione di un rapporto consapevole con le comunità in cui i bambini crescono e diventano adulti. Il piacere della lettura si coniuga con la definizione di una personalità critica. Perché, appunto, il gioco delle parole stimola confronto, dialogo, apprezzamento dell’altro, coscienza del valore dell’individualità e della diversità. L’avventura raccontata nelle pagine dei libri arricchisce l’esperienza del lettore fin da piccolo. E i protagonisti e le protagoniste di quei racconti rendono molto più fertile la vita di ognuno di noi, insegnandoci a immaginare, costruire, esplorare nuovi mondi.

Libri come fondamenta di una “città dell’uomo” più aperta, accogliente, civile. E biblioteche come deposito di esperienze, progetti, sogni. Come granai che custodiscono la base di un buon cibo del corpo e dell’anima, per un migliore futuro.

“Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”, scrive Marguerite Yourcenar nelle pagine di un libro fondamentale, “Memorie di Adriano” (la frase sta sul frontone interno d’ingresso della Biblioteca Pirelli in Bicocca, a Milano). I rischi dell’inverno dello spirito sono ricorrenti e in certi momenti, proprio come quelli che adesso stiamo vivendo, particolarmente inquietanti. Giocare con le parole dei libri, insieme ai nostri bambini, aiuta a costruire e tramandare, nonostante tutto, speranze.

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